
Lo scorso giovedì 29 ottobre è uscito in Italia “Il mio sogno americano”, la biografia di Lidia Bastianich, chef italiana che è emigrata a soli undici anni negli Stati Uniti ed è diventata la portabandiera della cucina del nostro Paese a New York e nel resto d’America.
Oggi tutti conosciamo Lidia, star televisiva amata dal pubblico e magnifica chef in cucina, ma c’è una storia dietro di lei allo stesso tempo avventurosa e drammatica che l’ha portata a credere in se stessa e non mollare fino a raggiungere il suo grande successo negli Stati Uniti. Lidia infatti, ormai da decenni, rappresenta la cucina italiana in America; e dopo essere stata ospite di vari show televisivi ed aver condotto molti programmi di cucina, dopo aver pubblicato tredici libri di ricette ed aver costruito il suo impero di ristoranti a Manhattan e in America, ha sentito il bisogno di raccontarsi, di scrivere la sua biografia e condividere tutta la sua vita e i suoi ricordi con i milioni di spettatori che la seguono ogni giorno.
Cara Lidia, per me è un piacere conoscerla e intervistarla.
È uscito in Italia il suo nuovo libro “Il mio sogno americano” dove racconta la sua storia agli spettatori che la seguono. Ha già scritto però in altri libri di alcuni momenti significativi della sua vita e delle tappe che l’hanno portata al suo successo, cos’ha di diverso questa biografia? Cosa ha sentito il bisogno di raccontare ai milioni di lettori che la seguono?

“Grazie Gaia, anche per me è un piacere! Ti dirò che questo è stato uno dei libri più difficili da scrivere. Ho alle spalle 13 libri di cucina e mentre li scrivevo mi sentivo abbastanza a mio agio nell’esprimermi e nel dare le mie ricette, ma la biografia che tanto volevo condividere con i miei spettatori è stata il mio lavoro di scrittura più difficile. Sapevo che era arrivato il momento di mostrarmi di più a chi mi segue; tutte queste persone volevano conoscere Lidia ed entravano sempre di più nella mia vita, diventavano parte della mia famiglia, conoscevano mia madre, i miei figli e mi rendevo conto che tutto questo li rendeva felici. Ecco, spesso mi scrivono proprio di questo e mi raccontano il loro desiderio di trovarsi a tavola con me e con la mia famiglia così ho sentito di dover condividere con loro tutto di me. I miei spettatori dovevano conoscere tutta la storia di Lidia perché sì, Lidia è uno chef, è una donna italiana che è emigrata in America e che ha avuto successo, ma c’è una storia più profonda dentro ognuno di noi da raccontare ed ho capito che era arrivato il momento di raccontare la mia e condividere tutto il mio passato. La mia è una storia vera e sempre più attuale rispetto a quello che succede oggi nel mondo, specialmente prima della pandemia quando era ancora più in luce il tema dei profughi o dei rifugiati. Forse è arrivato il tempo di ricordare che anche io ero una profuga. Nella mia vita ho scavalcato grandi ostacoli, ho acquisito grande coraggio anche grazie alle difficoltà che ho incontrato nella vita e poi sono arrivate le opportunità, che erano già lì, bisognava solo saperle cogliere. E se oggi la mia storia può dare un po’ di coraggio ai miei lettori per inseguire i loro sogni e cogliere le loro opportunità, allora sono felice. Con questo libro davvero volevo essere più vicina ai miei spettatori, spero di esserci riuscita”.

Quale episodio o periodo in particolare della sua storia ha deciso di sottolineare nella sua biografia o sente di aver dato più spazio nella narrazione? E come mai?
“La mia biografia prosegue cronologicamente, dunque il periodo della mia vita più lungo prende inevitabilmente più spazio nel libro. Però ci sono sicuramente alcuni punti che volevo mettere in luce in questo libro e trasmetterli raccontando tutta l’esperienza di quel momento e il sentimento che ha caratterizzato quegli anni, certamente uno di questi momenti è stato quello della mia crescita a casa della nonna e il primissimo contatto che ho avuto con il cibo e con la natura. Ecco, questo periodo ha insegnato alla Lidia del futuro a non sprecare il cibo, a rispettare gli agricoltori che lo producono, a rispettare il ciclo delle stagioni e dare importanza all’ambiente. Tutte queste cose per me sono importantissime e si sono formate in me proprio a partire da quel momento, dunque quel momento lì è fondamentale. Poi anche il periodo della Lidia profuga, che fuggiva e che insieme alla sua famiglia scampava ad un periodo buio della sua vita, senza una casa, senza un tetto e senza radici. Ero molto legata alla terra e poi ne sono stata strappata fuori, come una patata che la strappi via e poi non sa che fare. Dunque per me era importante sottolineare anche quel momento perché è stato caratterizzato da una grande emozione e mi ha formato spiritualmente, emozionalmente, a capire meglio le persone attorno a me, e come condividere con loro questa tenerezza e a tendere la mano. Tutto questo l’ho imparato durante il periodo in cui eravamo in campo, c’ero io da bambina che aspettavo con il piatto in mano il pranzo o la cena…”.

Un piatto povero immagino…
“Si certo era un piatto povero, per la maggior parte dei pasti mangiavamo spaghetti al pomodoro poi un formaggino e una mela, questo più o meno per tutto il giorno. In un certo senso era un pasto bilanciato; avevi l’energia della pasta che ti riempiva anche lo stomaco, poi un po’ di proteina e un po’ di frutta. Sono passata da questa condizione a quella di profuga in America. Ricordo ancora quelle grandi speranze di quando sei giovane, pensavo: dove andrò? cosa farò?
L’impatto è stato davvero difficile; non avevamo una casa, non conoscevamo nessuno e non parlavamo la lingua. Tutti questi ostacoli però mi hanno resa più forte e più consapevole del mondo, mi hanno insegnato come sopravvivere e come avere fiducia nell’amore di una famiglia. Per noi italiani la famiglia è importante, ma in questo caso la famiglia diventa l’unica cosa. Ecco forse per quale motivo, ancora oggi, sono sempre legata alla mia famiglia in tutto quello che faccio”.

In lei convivono due culture e mezzo: quella italiana, quella americana e forse anche un po’ di quella croata. Ecco, cosa pensa di aver custodito di queste culture? Pensa che sia stata questa l’unione alla base del suo successo?
“È vero hai colto bene, due culture e mezzo perché anche l’esperienza croata per me conta! Questo è proprio quello che voglio mettere in risalto, ovvero tutti i valori che ho coltivato e raccolto da queste culture man mano che andavo avanti nella mia vita; le mie esperienze mi hanno formata e hanno fatto sì che diventassi quella che sono oggi. Sono arrivata in America a 12 anni dunque sono molto americana ma ho alle spalle queste due grandi culture; da un lato c’è l’italianità, una cultura molto creativa che mi riempie di emozioni, di arte, musica, bellezze, buon cibo e famiglia, poi c’è la cultura americana che, un po’ più rigidamente, mi ha insegnato l’arte del business, marketing, promoting, advertising. Queste culture unite sono le mie due forze. Ti devo dire però che certamente dentro di me c’è anche un po’ di cultura croata e ne sono fiera. Ho tanti ricordi di quegli anni dunque anche quella parte della mia vita conta, mi ha resa molto aperta con le persone e più consapevole perché sulla frontiera venivano molti emigrati con cui ho vissuto prima ancora che io stessa diventassi un’emigrata. In qualche modo è servito anche quello a formarmi inconsapevolmente per essere pronta a quello che mi sarebbe capitato più avanti.
È stata un’esperienza che mi ha arricchito come persona in tanti modi e questi contatti che ho avuto negli anni con le differenti culture sono stati importanti, senza dubbio però le mie carte vincenti sono due… quella dell’Italia e quella dell’America”.

Lidia, secondo me l’azienda vinicola ha coronato un po’ quello che è il business gastronomico della vostra famiglia; ma che spazio ha il vino nella sua vita? Nel suo libro ne parla?
“Gaia il vino per noi italiani è cibo; è sempre a tavola, è sempre stato a tavola da quand’è che mi ricordo. Mio nonno aveva la vigna e facevamo il vino, anche l’olio, avevamo tutte quelle basic necessities di una cucina italiana. Mi ricordo che andavamo a fare la raccolta dell’uva e delle olive, poi mi mettevo su queste grandi botti di legno scalza e pigiavo l’uva su e giù con i piedi mentre quando saltavo fuori dalla botte arrivavano le api e mi attaccavano alle gambe. Ho tanti ricordi bellissimi anche a tavola quando da bambini mio nonno dava a me e ai miei cugini un goccetto di vino con l’acqua, lo si faceva! I più grandi bevevano il vino mentre a noi veniva data l’acqua con qualche goccia di vino dentro per sentire il sapore e condividere insieme quel momento. Erano altri tempi Gaia, non avevamo la Coca cola o bevande simili quindi per noi era questa la bevanda divertente che bevevamo. Mio nonno metteva acqua e vino e nonna vi aggiungeva un po’ di zucchero per addolcirne il sapore. Dunque per me avere del vino a tavola è come avere il cibo, è esattamente come il pane.
Tornando alla cantina in Italia; in Istria c’è la casa di mia nonna, che però è Croazia, ci vado spesso e volentieri e produciamo anche dell’olio lì. Volevamo però delle radici solide in Italia della nostra famiglia, dunque con i miei figli Joe e Tanya siamo andati alla ricerca di un posto che ci facesse sentire a casa e lo abbiamo trovato nel Friuli. È un posto bellissimo, ci sono le montagne, è vicino all’est e la cultura è molto vicina a quella con la quale sono cresciuta. Così, abbiamo trovato questa casetta con un vitigno e insieme a Joe, che è molto appassionato di vino, abbiamo comprato questa casina.
È stato l’inizio delle nostre nuove radici in Italia. Spesso andiamo lì, le vacanze le facciamo lì e produciamo il nostro vino. Joe si è impegnato molto in questo business e abbiamo avuto anche dei grandi riconoscimenti in Italia tra cui i 3 bicchieri del Gambero Rosso. È stata davvero una bella soddisfazione tornare e rimettere le nostre radici in quella terra. Questo posto è diventato il nostro rifugio con delle vere radici piantate, non con un appartamentino in città al 15° piano di un palazzo”.

È una domanda che le avranno fatto mille volte ma proviamo a rifarla in modo diverso: quando lei è sola, anche se sospettiamo accada di rado, cosa cucina per se stessa quando non deve dare gioia agli altri? Insomma, qual è il piatto che prepara semplicemente perché é il suo preferito?
“Guarda Gaia ti confesso che il comfort food per me è la pasta. Scavando sempre nei miei ricordi: da bambina la domenica c’era il grande pasto che era fatto di pasta fresca come tagliatelle, garganelli, gnocchi o polenta e la pasta mi ha sempre trasmesso un forte senso di famiglia e di casa, poi mi soddisfa anche molto fisicamente sai? Quando mangio la pasta va giù e mi accarezza, dunque la pasta è quello che cucinerei. Se sono da sola a casa poi sarebbe sicuramente una pasta veloce da cucinare, anche una pasta asciutta va benissimo. Metto un po’ di acqua e un po’ di spaghetti, poi un po’ di aglio, olio e qualsiasi rimanenza che ho nel frigo: un pezzettino di salsiccia o pancetta, quello che c’è. Ma anche aglio, olio e prezzemolo va benissimo, basta che sia una pasta semplice, poi prendo l’acqua di cottura per fare il sughetto ed è pronto. Ecco, forse un buon formaggio ci vuole! Un buon Grana magari… sì una bella grattugiata ci vuole!”.
Dopo che ci ha fatto venire un po’ di fame non vogliamo farla parlare di politica ma effettivamente gli USA, alla vigilia delle elezioni, sembrano giunti ad una tappa epocale. Lei ha ancora fiducia nella democrazia americana di poter trovare delle soluzioni per gli Stati Uniti affinché restino, appunto, uniti o teme che certe divisioni possano ancora di più allontanare le diverse e opposte visioni per il futuro dell’America?
“No, io ho completa fiducia nell’America, nella democrazia e nell’unità degli Stati Uniti. Gli americani sono particolari, ma sono molto legati ad una filosofia del giusto e hanno consapevolezza di ciò che è bene per il futuro dell’America; dunque la democrazia vincerà, rimarrà sempre con noi. C’è da dire però che le elezioni di quest’anno arrivano anche in questo periodo così delicato per via della pandemia, dunque questa situazione coinvolge il popolo di tutta la Nazione e ci mette tutti in condizione di pericolo. C’è bisogno sicuramente di un governo forte, che possa gestire la situazione e guidare l’America. Sono un po’ in apprensione per tutto questo, ma spero che una volta che le elezioni saranno finite torneremo ad una certa stabilità. L’America è sempre l’America, certo la situazione in questo momento è difficile ma riusciremo a gestirla, spero solo il prima possibile. Anche alcuni dei nostri ristoranti hanno chiuso e questo mi da’ pena perché ci sono molte persone che lavoravano per noi che ora sono ferme, non vedo l’ora che l’economia riparta”.

A proposito dei ristoranti chiusi, lei è anche e soprattutto una Newyorker; per via della crisi che ha procurato il Coronavirus in molti hanno annunciato il declino di New York… Lei cosa ne pensa? La città si riprenderà?
“Ho tutta la fiducia nel fatto che New York si riprenderà, la questione è solo capire quanto tempo ci vorrà. Manhattan è il cuore di New York e devo dire che purtroppo il battito di Manhattan ha rallentato moltissimo quest’anno; ci sono tanti negozi chiusi, ristoranti chiusi, uffici vuoti e molta gente non viene più in città a lavorare perché preferiscono farlo da casa. Questo rallentamento si sente moltissimo in questa città piena di energia, forse di più che in tutte le altre città del mondo, e questo è triste. Però vedi Gaia, c’è anche un grande desiderio di tornare a fare quello che si faceva prima; ci vorranno due o tre mesi? Sicuramente no, bisogna prima fermare il virus e solo dopo averlo sconfitto New York tornerà sicuramente a splendere, ma questo vale per tutto il mondo non solo per New York. In ogni caso, la vita dopo il Covid sarà certamente diversa, non sarà più la stessa che abbiamo lasciato 9 mesi fa dunque dovremo abbracciare tutti questa nuova vita che verrà e New York ritornerà sicuramente al pinnacle dov’era, non mancherà”.

Lidia, crede che il sogno americano esista ancora?
“Assolutamente! L’America è grande e ci sono tante opportunità, bisogna trovarle, rimboccarsi le maniche e mettersi a lavorare, e bisogna avere un obiettivo. L’America sta crescendo, è ancora una Nazione infantile per così dire, ci sono ancora tante opportunità. Forse ci vorrà un po’ più di tempo e di impegno ma confesso che anche quando siamo venuti noi senza parlare la lingua c’è voluto del tempo per ambientarsi e capire in che direzione muoverci prima di inserirci nella comunità”.
Per concludere l’intervista, vuole condividere un messaggio con gli italiani che sognano di realizzare i propri desideri in quello che, nonostante tutto, ancora oggi è considerato il Paese delle opportunità?
“Ti dirò Gaia, io mi trovo benissimo in America ma mi manca anche molto l’Italia dunque parlo da persona che ha avuto sempre nostalgia del proprio Paese ma che è riuscita ad abbinare bene le due cose. L’Italia è bellissima e anche lei offre sicuramente tante opportunità, forse più in piccolo perché è più piccolina mentre l’America è più grande e ci fa sognare più in grande, ma bisogna comunque saperle cogliere. Io direi a chi vuole venire in America: non abbandonare le tue radici, porta con te l’Italia e i sogni che hai.
In America l’italianità è sempre una carta vincente perché gli americani adorano l’Italia, il cibo, il vino, l’arte, la musica e tutto il resto… è molto apprezzata. Vuoi venire qui? Allora prenditi tutta la tua italianità e affronta questo grande mondo di opportunità”.
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