Parola d’ordine: qualità. Un “mantra” che risuona costantemente nel quotidiano di Carlo Dall’Ava, titolare dell’omonima azienda di San Daniele dove nasce un prosciutto crudo che ha saputo farsi conoscere e apprezzare in tutti gli angoli del mondo. Così è anche negli Stati Uniti, dove l’impegno dell’impresa italiana è forte ormai da molti anni.

Carlo, classe 1965, è il figlio primogenito di Natalino e Paola Bernardinis. La fortunata storia dell’impresa di famiglia prende il via nel 1982, quando viene fondata la Dok Dall’Ava: Carlo vuole imparare da subito il mestiere sul campo ed entra nell’azienda. La prima svolta arriva nel 1988, quando papà Natalino, sulla scorta di un’idea del figlio, crea la prima Prosciutteria al mondo: è un locale nel quale il prosciutto diventa il protagonista assoluto, non più un “semplice” antipasto ma elemento centrale del pranzo e della cena, unito a pasta fatta in casa, verdure e dolci. Dal 2005, Carlo ha assunto totalmente le redini di DOK Dall’Ava, coadiuvato nella gestione dalle sorelle Lucia Alessandra e Sonia in quella che è una storia familiare di successo. Oggi, Carlo è anche vicepresidente vicario della Camera di Commercio di Udine, presidente regionale e provinciale di Fipe Confcommercio. È anche console onorario russo dal 2015.
Dall’Ava, quali i punti di forza dell’America per chi deve esplorarne le potenzialità?
“È un mercato pronto, con un consumatore che sta cambiando ed è molto attento alla qualità del cibo che mette nel piatto. Un prodotto con standard qualitativi elevati è un nostro tratto distintivo, una linea guida capace di darci ottime soddisfazioni anche negli Usa. Inoltre, negli States sono molto conosciuti, per esempio, i presìdi Slowfood: incuriosiscono e portano il consumatore a voler approfondire la storia di un prodotto”.
Qual è il “ritratto” del consumatore di oggi in Usa?
“Molti pensano si abbia a che fare con una generazione “hamburger & hot dog”, ma in realtà sono tantissimi quelli che amano il buon cibo, italiano in particolare. Proprio in virtù di questo, la mia azienda investe molto sulla formazione tanto dei banconieri, quanto dei ristoratori che vendono il nostro prosciutto”.
In che modo?
“All’interno del nostro stabilimento abbiamo aperto una scuola, il “Prosciutto Learning Center”, dove spieghiamo a 360 gradi il prodotto alle delegazioni che giungono dagli Stati Uniti. Raccontiamo loro la storia del prosciutto crudo, come si taglia e come si mangia, gli abbinamenti giusti. Gli americani amano l’Italia e sono molto affascinati dai territori dove nascono le specialità”.
Quindi, fungete in un certo senso anche da volano di “promozione turistica”?
“Facciamo da “storyteller”, perché per apprezzare il prodotto fino in fondo si deve conoscere anche il territorio dal quale prende vita. Ma questo non basta, perché noi dobbiamo sempre offrire un prodotto di qualità e un servizio impeccabile”.
A tal proposito, come siete organizzati?
“Negli Usa abbiamo il nostro distributore esclusivo in Pennsylvania, da qui partono gli ordini che, nel giro di 24 ore, raggiungono il territorio, dalla East alla West Coast”.
E a New York, come siete strutturati?
“Ci appoggiamo a Eataly fin dalla sua nascita. Il nostro prosciutto si vende bene ed è apprezzato, si tratta di una zona di mercato che ci dà ottime soddisfazioni. Certo, il prodotto non si “promuove” da solo, ma anche qui abbiamo notato che c’è molto interesse sul “come” prende forma il prosciutto e il contesto dal quale prende forma. Sì, in un certo senso non vendiamo soltanto il prodotto, ma anche lo straordinario territorio, il Friuli Venezia Giulia, da dove nasce questa prelibatezza”.