Non solo qualità ed eccellenza dell’Aceto Balsamico Tradizionale DOP. Dietro l’oro nero dell’Emilia si nascondono anche altri tesori preziosi: il legame col territorio, le storie di famiglia, i saperi tramandati. Tuttavia, sia in Italia che, a maggior ragione, all’estero, domina ancora una certa confusione nel riconoscere e distinguere il Balsamico Tradizionale DOP (Denominazione di Origine Protetta) di Reggio Emilia e di Modena dal Balsamico di Modena IGP (Indicazione Geografica Protetta). Non solo. Ma sia nel Belpaese che fuori sono percentualmente poche le persone a conoscenza della storia che si cela dietro ad un’ampolla o consumatori che sanno quanti anni servono per produrla. Solo chi è stato fisicamente a Reggio Emilia o a Modena in visita alle acetaie sembra in grado di capire il prodotto e di apprezzarlo.
A testimoniare tutto ciò, oltre ai produttori che in acetaia ospitano fino a 10.000 visitatori all’anno, abbiamo sia importatori americani di prodotti italiani di qualità, sia ristoratori newyorkesi che propongono piatti con l’ingrediente prezioso.

A fare chiarezza sulla distintività dell’oro nero di Reggio Emilia e su quello di Modena è il presidente del Consorzio di tutela dell’Aceto Balsamico Tradizionale DOP di Reggio Emilia ABTRE, Andrea Bezzecchi: “Il nostro Balsamico Tradizionale, così come quello di Modena, si caratterizza per essere fatto solo da mosto d’uva cotto. Tutta la filiera, dalla produzione della materia prima al processo di confezionamento, deve essere in zona d’origine (la provincia di Reggio Emilia o di Modena). L’invecchiamento è superiore a 12 anni per la categoria “affinato” e superiore a 25 anni per quella “extravecchio”. Il rigoroso disciplinare riconosce ufficialmente, nell’ambito della categoria “affinato”, i due livelli di qualità bollino “aragosta” e bollino “argento”, a seconda del punteggio acquisito nel rigido processo di degustazione che può avvenire solo ad opera dell’Organismo di controllo terzo, autorizzato dal Ministero. Il bollino “oro” per il prodotto oltre i 25 anni, continua invece a identificarsi con la dicitura “extravecchio”. Se pensiamo che ogni goccia di Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia deve essere invecchiata per almeno 12 anni, è facile intuire come non siamo rare batterie familiari attive da più di un secolo, alcune delle quali risalgono addirittura al Settecento”.

I formati consentiti dal disciplinare possono essere solo di 100 ml (ma anche inferiori nel caso del Balsamico Tradizionale di Reggio). La produzione a Reggio Emilia si aggira intorno a 15-20.000 ampolline da 100 ml (1.500-2.000 litri) e quella di Modena sulle 60-80.000 ampolline da 100 ml (6-8.000 litri). In entrambi i casi il costo negli Stati Uniti parte da 50-60 dollari in su.
A caratterizzare ulteriormente il Balsamico Tradizionale DOP è anche la pratica, che richiede una cura continua, del rincalzo, travaso e prelievo. Si tratta di operazioni che, una volta l’anno, permettono al Balsamico ultradecennale di continuare a vivere nelle botticelle. Come? Grazie alla continua ricolmatura delle singole botticelle con il contenuto della precedente e l’aggiunta, a monte della batteria (la serie di botti di legni diversi e di capacità decrescente) di un prodotto più giovane.
Il Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia DOP conta 92 produttori certificati, di cui 60 soci del Consorzio di tutela, che nel 2016 ha festeggiato i suoi primi 30 anni. Nell’occasione, è stata presentata a Reggio Emilia la “camera olfattiva”, realizzata appositamente per la degustazione dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia. Si tratta di una “bolla” in vetro soffiato borosilicato pensata per amplificare la percezione olfattiva del prodotto. L’innovazione, firmata dalla designer milanese Astrid Luglio e realizzata pezzo per pezzo da un artigiano del vetro soffiato, è stata creata per ABTRE ma in futuro potrà essere declinata anche per altri prodotti.
E non è un caso che proprio a Reggio Emilia siano stati ritrovati i due documenti più antichi che riferiscono dell’esistenza dello speciale aceto. Uno di questi è proprio il poema Vita Mathildis del monaco Donizone, il quale testimonia come nell’anno 1046 Enrico III, Imperatore di Germania in viaggio verso Roma per l’incoronazione, da Piacenza scrisse a Bonifacio, signore della Rocca di Canossa, chiedendogli di uno speciale aceto che “aveva udito farsi colà perfettissimo”.
Le acetaie
Una di queste antiche acetaie si trova oggi a Montecchio di Reggio Emilia. Fa parte dell’azienda vitivinicola Medici Ermete, produttrice, tra gli altri, del Lambrusco Concerto e del Malvasia Daphne alla Tenuta La Rampata. Qui la famiglia Medici, ormai alla sua quarta generazione di famiglia, conta 50 batterie di aceto.
Alessandra Medici, contitolare dell’azienda che si occupa dell’accoglienza, racconta: “Non potrò mai dimenticare i profumi che sentivamo noi bambini quando aprivamo le finestre la mattina: ad invaderci era l’odore inebriante del mosto cotto che saliva fino alle camere. Ed è anche quello che lascia senza parole i miei ospiti oggi. L’80 per cento sono stranieri. Di questi, il 70 per cento sono americani. Accade spesso che poi loro diventino i nostri ambasciatori nel mondo. Vale a dire che col passaparola ci mandano in visita amici o conoscenti a cui hanno raccontato del nostro aceto”.

In acetaia era usanza intitolare una batteria a ogni figlia femmina appena nata. Questa l’avrebbe ricevuta in dote una volta sposata. “Ma poiché – sottolinea ancora Medici – il 90 per cento dei membri della nostra famiglia sono maschi, abbiamo deciso di avviare batterie per tutti i componenti, maschi e femmine”.
A Vignola di Modena, a La Cà dal Non (in dialetto modenese, la casa del nonno), l’acetaia è custodita nei solai di un’antica casa in sasso. Fu fatta costruire dal bisnonno degli attuali titolari, i quali ancora oggi abitano la casa. E fu lo stesso bisnonno Alfonso, insieme alla moglie Rita, a iniziare la produzione dell’aceto Balsamico Tradizionale, a organizzare la sala di cottura dei mosti, i due piedi di vite secolari, così come la collezione di strumenti antichi per costruire le botti. Proprio questa storia di famiglia e di saperi tramandati affascina immensamente gli stranieri in visita.

Come spiega Mariangela Montanari, titolare dell’acetaia insieme al fratello Michele e ai genitori Giovanna e Vittorio, “il 90per cento dei nostri visitatori sono stranieri. Di questi, il 40 per cento vengono dagli Stati Uniti. Quando arrivano da noi, le informazioni che hanno sono relative al fatto che questo è un prodotto di nicchia e di alta qualità, ma non hanno idea della sua storia, né della tecnica produttiva. A colpirli è il processo d’invecchiamento di 12-25 anni. Ad affascinarli è il racconto della storia di famiglia, l’idea che si tratta di un’arte tramandata di padre in figlio. Nel nostro caso, poi, “vivono” in prima persona la storia perché, al loro arrivo, vengono accolti nella casa colonica di famiglia, dove nel grande cortile sono soliti correre e giocare tutti i nostri bambini. Dicono che queste immagini ricordano loro le storie che venivano loro lette e raccontate da bambini”.

Gli importatori
A New York Harry Rosenblum è fondatore e titolare di The Brooklyn Kitchen, scuola di cucina e negozio di vendita al dettaglio di specialità gastronomiche. “Vendiamo l’aceto balsamico e lo utilizziamo nei nostri corsi – riferisce – Nella nostra cucina lo usiamo con la burrata, ma anche sui dessert. Per il momento importiamo il Balsamico Tradizionale Dop di Reggio Emilia dell’Acetaia San Giacomo, ma vendiamo anche l’IGP. Per molte persone qui il costo del Balsamico Tradizionale è troppo elevato, così scelgono l’alternativa”.

Ma quanto è conosciuto il Balsamico Tradizionale dagli americani? Rosenblum, che è anche autore del volume Vinegar Revival in uscita in America ad agosto, risponde: “Penso che venga sempre meglio conosciuto. Libri come quello che ho appena scritto dovrebbero aiutare i consumatori ad imparare sempre di più sull’aceto e soprattutto a come poterlo usare. Quando racconto ai miei clienti di che cosa si tratta e come viene fatto, questi non possono immaginare che una cosa del genere possa venire prodotta negli States. Nel libro invito le persone a evitare di produrre questo aceto a casa propria, ma di acquistarlo dai produttori artigiani di Reggio e Modena”.
A scegliere di importare e di distribuire soltanto Aceto Balsamico Tradizionale DOP escludendo dalla gamma l’IGP è Beatrice Ughi , fondatrice e titolare di Gustiamo , azienda con sede a New York, nel Bronx, che importa prodotti dell’agroalimentare italiano di altissima qualità. Dopo aver lavorato per una multinazionale come commercialista per dieci anni in Italia e per altrettanti nella Grande Mela, qui è rimasta per aprire la sua società.

“La mia missione – afferma Ughi – era quella di aiutare le aziende artigianali italiane. Da qui anche la scelta di valorizzare l’Aceto Balsamico Tradizionale DOP e di raccontarlo. Purtroppo su questo punto permane ancora una certa difficoltà di comunicazione. Vale a dire che per noi è complicato spiegare il valore di un Balsamico Tradizionale DOP che costa fino a 80 dollari per 100 ml a fronte di un Aceto Balsamico IGP che costa 22,95 dollari a tanica da 5 litri. Il danno è stato commesso quando si è rilasciata la dicitura dell’IGP, che contraddistingue prodotti di alto livello, ad un aceto prodotto su scala industriale. Invitiamo i consorzi e i piccoli produttori a reagire a questo stato di cose e a continuare a raccontare come nasce il Balsamico DOP“.
Prosegue Ughi: “Da un lato, abbiamo un IGP che produce più di 90 milioni di litri/anno, come unica regola deve sostare due mesi a Modena o Reggio Emilia in un mercato controllato da poche, grandi aziende. Dall’altro, abbiamo una DOP che tra Reggio Emilia e Modena produce meno di 10mila litri l’anno, deve osservare un rigido processo produttivo e vede una filiera fatta di tanti, piccoli produttori artigiani che curano le botticelle una per una. Tutto questo va spiegato bene ai consumatori americani”.
I ristoranti
Il ristorante italiano Tarallucci e Vino, con i suoi cinque locali situati in altrettante zone cool di New York, conosciuto anche per l’offerta di piatti tipici italiani realizzati con materie prime originali provenienti dal Bel Paese, ha nel menù il classico risotto alla zucca con aceto balsamico.
Luca Di Pietro, imprenditore abruzzese fondatore del locale, testimonia: “L’aceto balsamico è stato in parte vittima del proprio successo. In America se ne trovano tanti, di bassa qualità e di dubbia provenienza. Dal canto nostro, cerchiamo di offrire il meglio, anche perché apprezziamo e rispettiamo la cura che le acetaie di qualità mettono nella loro arte e nel loro prodotto”.

E il socio di Di Pietro, Lorenzo Baricca, originario proprio di Reggio Emilia, aggiunge: “Negli States l’aceto balsamico è conosciuto in quanto utilizzato come guarnizione in alcuni piatti, ma il consumatore non distingue il Balsamico Tradizionale dal resto. La ricetta che proponiamo, utilizzando un aceto con 12-15 anni di invecchiamento, viene molto apprezzata. L’abbiamo in menù da novembre scorso, anche per seguire la stagionalità. In Italia sappiamo bene che si tratta di un abbinamento formidabile. Al momento nessuno conosce Reggio Emilia, ma il fatto che Mike Piazza abbia comprato la quota di maggioranza della squadra di calcio, la Reggiana, auspichiamo che esporterà anche l’immagine del territorio e delle sue eccellenze”.
Quando possibile, la ricetta viene “raccontata”. Come spiega il restaurant manager di Tarallucci e Vino NoMad, Fernando Burani: “Quando possiamo e quando vediamo che il cliente ha voglia di interagire, spieghiamo da dove proviene e come nasce l’aceto Balsamico Tradizionale DOP”.
Prevede l’Aceto Balsamico Tradizionale anche il Bloodimary ideato dal bar manager di Tarallucci e Vino, Damiano Coren, e appena segnalato su Open Table, il sito da oltre 21 milioni di commensali utenti/mese che mette in “connessione” consumatori e ristoranti. Il cocktail è uno dei più richiesti dalla clientela americana e italiana.