Il Natale è un momento centrato sui festeggiamenti in famiglia e tra gli italoamericani le tradizioni si rimandano da una famiglia all’altra. Le usanze possono differire a seconda delle proprie origini, anche se quasi tutti gli italiani, per tradizione, la vigilia di Natale non mangiano carne, e cucinano diversi tipi di pesce.
Negli States la festività natalizia è sentita e vissuta con il cuore, ma anche con tanta nostalgia. Usi, costumi, tradizioni, e altre cose, come l’addobbare la tavola in modo speciale, e il tipo di pesce scelto da servire per il cenone di Natale, ci legano alla nostra città natia e alle nostre radici.
Ma quali sono le tradizioni di Natale degli italoamericani? Sono quelle della cucina tradizionale e delle ricette regionali fatte in casa, tipiche di ogni area d’Italia e tramandate da generazioni, anche se con qualche ammodernamento e con la fusione di due o più culture.
I carduna siciliani
Quando arrivai a New York, precisamente nell’83, a Brooklyn, il quartiere era abitato da immigrati siciliani e durante le feste natalizie imparai ottime ricette della tradizione siciliana a base di pesce, ma anche ricette di verdure che non conoscevo, come i carduna. Infatti, ricordo che per le feste natalizie in una famiglia siciliana non dovevano mancare i “carduna fritti”, un tipico ortaggio del sud Italia che somiglia al sedano, ma appartiene alla famiglia dei carciofi.
Le foglie di cardo sono dure, amarognole, e hanno pochissime calorie, ma un elevato potere saziante. I carduna vanno mondati cercando di togliere tutti i filamenti e poi tagliati a striscioline di circa 10 cm e lessati per trenta minuti in acqua con del limone spremuto; questo servirà a evitare che si scuriscano, come si fa per i cuori di carciofo. Un altro modo di cucinarli è friggerli con la pastella oppure con pangrattato. Ecco la ricetta:
Carduna in pastella
Ingredienti:
Cardi
Farina
Sale e pepe
Limone
Olio d’oliva
Uovo
Mollica
Procedimento:
La preparazione è molto semplice, ma richiede pazienza: bollite i cardi e lasciateli freddare. Poi, fate come se fossero delle cotolette: passateli nella farina, nell’uovo, nella mollica, e friggeteli in olio di oliva. Come diventano dorati sono cotti, e poggiateli su un foglio di carta assorbente per l’olio in eccesso; serviteli caldi e croccanti come antipasto o come contorno per le diverse portate di pesce.
Ricordi sotto l’albero
Le feste possono essere anche malinconiche, a me ricordano le cugine di mamma nate a Long Island, sposate con napoletani che adesso non sono più con noi. Da loro ho imparato molto sulle tradizioni italoamericane. Nella tradizione napoletana il capitone fritto è uno dei pesci più importanti, insieme al baccalà e agli spaghetti alle vongole. A casa delle cugine il cenone della sera del 24 dicembre, che terminava a mezzanotte con lo scambio dei regali, iniziava con un elegante, delicato, e gustoso antipasto, il cocktail di gamberi servito in coppe di cristallo con foglie di lattuga, salsa rosa o salsa cocktail e fette di limone, una delizia per gli occhi e il palato.
Quest’antipasto è chiamato anche Prawn cocktail ed è stato uno dei più popolari antipasti in Gran Bretagna dal 1960 alla fine del 1980, e altrettanto conosciuto negli Stati Uniti in quel periodo. La salsa rosa è di gusto delicato, indicata per accompagnare pesci, crostacei, e in particolare gamberetti. Composta di maionese, salsa di pomodoro o ketchup, yogurt o panna, spesso è anche arricchita da senape, o cognac. È nata in Italia nell’hotel Romagna unendo ketchup e maionese.
Per i miei cugini italoamericani che rispettavano le tradizioni napoletane, il capitone era molto importante. Un cugino mi raccontava della sua mamma che sceglieva sempre capitoni piccoli. Questi cugini erano di seconda generazione, nati nel 1930, e le loro tradizioni erano molto italoamericane, un incontro delle due culture, anche perché i loro genitori lasciarono un’Italia povera e non conoscevano gamberoni, ostriche, aragoste, salmone, e altro pesce a quei tempi costoso; lconoscevano solo piatti semplici, poveri e di tradizione contadina come il baccalà e il pesce azzurro.
Pizzelle d’Abruzzo
Nel corso degli anni, come insegnante, ho imparato molto anche dai miei studenti e dalle loro famiglie sulle tradizioni natalizie degli italoamericani. Una mia studentessa come tema per il suo progetto ha scelto la ricetta della nonna, le pizzelle, come le ha chiamate lei; un dolce tipico abruzzese creato con pasta da biscotto cotta tramite una doppia piastra, che stringendola sopra e sotto dà al dolce la forma caratteristica dei wafer, dai quali, però, differiscono in sostanza. La studentessa, italoamericana di seconda generazione, ha raccontato ai compagni che ogni anno per Natale prepara le pizzelle in famiglia, con la nonna immigrata dall’Italia. In classe ha portato con orgoglio un vassoio di pizzelle per i suoi compagni che le hanno gradite e mangiate subito. La studentessa ha spiegato che i dolci si possono mangiare sia in versione classica, dalla consistenza biscottosa, e sia in quella morbida, che la nonna serve arrotolate con ripieno di crema o nutella.
La forma e il disegno delle pizzelle varia, e possono essere rettangolari oppure rotonde. Tra le varianti, disegni con trama a rombi o a cancello. Questi biscotti sono conosciuti anche come ferratelle in altre zone e sono diffuse anche in Molise e alcune son del Lazio al confine con l’Abruzzo. In alcune province abruzzesi è chiamato anche nuvola o neola (Teramo) o nevola o nivola. Possono essere arrotolate come un cannolo e servite con ripieno di marmellata, tradizionalmente d’uva, ma anche con crema pasticcera o cioccolata, oppure con crema di arance e mandorle. Fino agli anni Sessanta erano servite ai matrimoni e la piastra usata per cuocere questo dolce, detta “lu ferre” o “jo fèrro”, era spesso portata in dote dalla donna, e pertanto, nella parte centrale, recava talvolta incise le iniziali della famiglia della futura sposa.
Il menù calabrese
Nella trazione calabrese il menù della vigilia è sempre stato semplice e genuino. Antipasto di ciambelline di patate in tutti i modi, a seconda dei gusti, vecchiareddri e cuddruriaddri, un piatto povero natalizio tipico della cucina calabrese. Il primo è di solito la pasta alici e muddrica, oppure spaghetti con broccoli. Per secondo si serve il baccalà fritto o in umido; spesso il secondo si integra con una frittura di pesce azzurro fresco e locale, ed è accompagnato da un contorno di broccoli saltati in padella, cime di rape o insalata di stagione: ognuno sceglie la verdura che più piace. Non mancano i mandarini, le noci, i lupini, i fichi secchi, le castagne, i melograni, e i finocchi.
Secondo la tradizione calabrese, le pietanze in tavola dovevano, e devono, essere tredici, tra antipasti, primi, secondi e verdure, serviti in maniera differente.
I cuddruriaddri sono ciambelle di Natale, che mia nonna, mia madre e tutta la mia famiglia hanno sempre preparato per la vigilia di Natale. Si preparano con un impasto di patate e farina lievitata; sono semplici, buone, e sofficissime all’interno; sono dolci fritti in abbondante olio di oliva, e si possono gustare così al naturale, oppure con l’aggiunta di zucchero o farciti con salumi e formaggi. Non sono facili, e richiedono molta pazienza, poiché l’impasto è metà patate schiacciate, o passate a purè, e metà farina, e la pasta è appiccicosa.
Nella lista dei dolci della famiglia calabrese non può mancare la pignolata al miele, un dolce tipico di alcune zone del Meridione d’Italia, soprattutto Calabria e Sicilia dove ne esistono due versioni conosciute come Pignoccata e Pignolata glassata. La Pignolata è simile agli struffoli, da cui differisce per la forma a pigna e per il fatto di essere fritta nello strutto, presente anche nell’impasto. Io preferisco darle la forma di ciambella. Il dolce è fatto da pallini di pasta fritti e coperti di miele, e poi decorata a piacere.
Un altro dolce tipico sono le susumelle, il dolce dei poveri, specialità della zona di Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia, ma diffuse anche oltre i confini della regione in numerose zone d’Italia. Le susumelle sono dei biscotti semi-duri fatti con farina, miele, frutta candita, aromi naturali, e ricoperti da cioccolato bianco o nero. Negli ultimi anni si trovano anche farcite al pistacchio, alla nutella, alla nocciola, e alla mandorla. All’impasto dei biscotti sono aggiunte uvette o frutta candite pinoli, uva passa, miele, canditi e noccioline. Sono dei dolci molto gustosi e profumati, e hanno un odore tipico come nessun altro dolce, e sono anche semplici da fare. Ecco la ricetta:
Le susumelle
Ingredienti:
500 gr farina 00
130 ml latte
180 gr zucchero
200 gr miele
10 gr ammoniaca
mezzo cucchiaino bicarbonato
mezzo cucchiaino cannella
3 chiodi di garofano (ridotti in polvere)
un pizzico di sale
a piacere 100 gr uva passa
Per la glassa:
200 gr circa di cioccolato fondente
Procedimento:
Ammorbidite l’uva passa in acqua tiepida. Versate nel latte tiepido l’ammoniaca per scioglierla, normale se farà della schiuma, e versate il tutto nella farina sulla spianatoia che avete sistemato a forma di fontanella. Unite lo zucchero il resto degli ingredienti, e l’uva passa strizzata. Amalgamate la pasta bene fino a formare un composto omogeneo, ma senza lavoralo molto. Adesso tagliate dei pezzetti di pasta, fate dei filoncini larghi circa due dita e tagliate una lunghezza di circa 10 cm, schiacciandoli leggermente per renderle ovali. Si devono distanziare bene perché gonfiano molto. Infornateli per 10/15 minuti a 180 C, saranno belli dorati. Una volta freddi sciogliete il cioccolato a bagnomaria e glassate la parte superiore delle susumelle.
Il Natale della discordia
Ma come cambiano le tradizioni nell’era digitale? Oggi i giovani sono sbrigativi e preferiscono i panettoni: sono pochi quelli che preparano dolci la settimana prima di Natale, e molte tradizioni si vanno perdendo.
E nemmeno le persone con cui trascorrere i giorni di Natale sono rimaste le stesse. Se una volta si passava il Natale con i parenti più stretti, a casa, davanti ad una tavola imbandita di deliziosi piatti fatti in casa, le luci dell’albero e un camino a fare da cornice, oggi molti giovani non si sposano più, come avveniva prima, solo tra connazionali di regioni diverse, bensì tra culture diverse con tradizioni diverse. E anche se molti non hanno problemi a condividere e mescolare le loro tradizioni, altri, dopo qualche anno, ritornano alle loro radici e tradizioni rigettando inviti dai famigliari del marito o della moglie. E così va a finire che spesso le feste natalizie, simbolo di pace, diventano motivo di discordia in molte famiglie. Che la vostra sia una famiglia al cento per cento made in Italy o che sia un melting pot, vi auguriamo che il Natale sia per voi un momento di gioia e condivisione, condito dai sapori della tradizione.