Due milioni di ettolitri all’anno, pari al 28,2% di produzione regionale e al 7,3% della produzione nazionale. E’ il dato saliente della vitivinicoltura DOC, DOCG e IGT della Regione Puglia, regione che da millenni affida alla propria terra la vita del prezioso nettare degli Dei. E che da decenni preferisce coltivare uve dalle bacche scure (70% della produzione totale) piuttosto che quelle di colore chiaro. Questa è la terra dell’uva da vino, una terra che annovera 17 varietà tipicamente regionali e una sapienza nella vinificazione che affonda le proprie radici nelle prime colonie greche formatesi quando l’Italia era ancora in gran parte terra di popolazioni primitive. Ed è proprio nel nome del “Primitivo” che una fetta di Puglia affida la propria memoria ai viaggiatori che cercano un’Italia lontana dai villaggi vacanze e dal turismo chiassoso della costa. Viaggiatori che preferiscono la memoria della sapienza alle vacanze fast food e che approfittano della peculiare conformazione orografica per parcheggiare l’auto e inforcare la bicicletta.
Per arrivare nella terra del Primitivo, vero e proprio ambasciatore dell’enologia regionale, non c’è bisogno dell’auto. Una collaudata formula permetterà infatti di usufruire del trasporto della bici in treno fino a Taranto (la città dei 2 mari merita la visita al Museo Archeologico Nazionale e una sosta imperdibile in uno dei ristoranti sul mare per degustare le rinomate “cozze di Taranto”), da dove si partirà alla volta di San Giorgio Jonico, paese fondato nel 1300 da coloni albanesi e custode di antichi insediamenti risalenti all’età del ferro. La visita ai resti di una necropoli sarà punteggiata dalle grandi distese di vigne che dal paese arrivano fino a Carosino e che accompagnano il cicloturista in direzione di Monteparano, Roccaforzata e Faggiano. La successiva tappa a Torre Castelluccia, nel territorio comunale di Pulsano, ne permette di scoprire i resti archeologici risalenti all’età del bronzo. Leporano accoglie i viaggiatori con le sue reminiscenze greche e prepara il percorso in direzione di Fragagnano, la cui Chiesa Matrice e il sito archeologico di Santa Sofia meritano una piacevole sosta prima di riprendere il viaggio alla volta di S. Marzano, l’unico paese fra quelli ripopolati dagli arbreshe nel territorio detto dell’Albania tarantina a conservare ancora l’uso della lingua albanese. La fisionomia del territorio Sanmarzanese, con la cittadina affastellata intorno al suo castello cinquecentesco, è quella tipica della provincia jonica, contrappuntata da morbidi rilievi, detti monti, e brevi incisioni, dette lame. Queste, altro non sono che solchi incisi nei banchi calcarei da antichi corsi d’acqua che raccoglievano piogge delle parti alte delle Murge o acque sgorganti da sorgenti. In una regione che grazie anche alle peculiarità territoriali negli ultimi anni ha sposato la mobilità sostenibile e che attraverso azioni legislative intende programmare e realizzare sempre più infrastrutture ciclabili (particolare attenzione alla segnaletica verticale e orizzontale, promozione e comunicazione di servizi al servizio dei ciclisti), l’itinerario della strada del vino Primitivo conduce nel paese di Sava, legato strettamente al vitigno autoctono di questo angolo di Puglia (la prima denominazione del vitigno afferiva proprio questa cittadina). Prima ancora però vale la pena soffermarsi a Lizzano, entro i cui confini si produce un vino di pregevole qualità che fin dal 1988 ha ottenuto la DOC. Situata sul margine meridionale delle Murge tarantine, Lizzano si presenta ai visitatori con la località turistica di Marina di Lizzano e con la zona umida della palude Mascia.
Parte dell’Unione dei Comuni Terre del mare e del sole”, la città esibisce con orgoglio le proprie radici salentine e nella sua storia numerose invasioni e distruzioni che costrinsero la popolazione cristiana a nascondere gli oggetti sacri (e se stessi) nelle gravine e in alcune grotte come quella di S. Angelo. La tappa successiva della strada del vino permetterà di con o s c e r e M a n d u r i a ( l ’ a n t i c a Mandonion), una delle più importanti città della Messapia. Il Parco archeologico delle Mura messapiche, testimonia la potenza dell’antica civiltà messapica. Le mura, costituite da tre cerchie murarie sono circondate da ampi e profondi fossati, e risalgono al III secolo a.C., ovvero al periodo della guerra contro Annibale e alla definitiva conquista romana. Accanto alla grande necropoli, sempre all’intero del parco, sorge la chiesetta paleocristiana di San Pietro Mandurino, composta da un vano superiore da cui si raggiunge una composita cripta ipogea. A pochi metri è possibile ammirare il Fonte Pliniano che deriva il suo nome da Plinio il Vecchio, e risale all’epoca messapica. Si tratta di una grande caverna naturale di 18 metri di diametro e 8 di altezza, accessibile da una larga scala a due rampe, scavata anticamente nella roccia. Nel sommo della volta si apre un grande lucernario, che illumina l’ipogeo e che in superficie presenta un muro circolare da cui fuoriesce un albero di mandorlo che la tradizione vuole esistente dall’antichità. All’interno della grotta è possibile ammirare una vasca fronteggiata da un pozzetto quadrato, da cui tuttora sgorga l’acqua narrata con stupore e meraviglia dallo stesso Plinio, visto che il livello si mantiene perennemente costante.
A circa 500 metri dal parco archeologico è ubicata la più antica cantina di produzione di Primitivo, la Cantina Produttori Vini Manduria , che ospita a sua volta il Museo della civiltà del vino Primitivo con una ricca esposizione di oggetti che ricordano la civiltà contadina e antichi strumenti di vinificazione e oggetti domestici. Lasciata Manduria e superata Avetrana, con i suoi monumenti architettonici e le numerose grave e grotte, la Strada del Vino Primitivo di Manduria conduce a Erchie e Torre S. Susanna per concludersi infine a Oria, antica capitale dei Messapi.
La città affascina con il suo profilo fatto di torri, cupole e case arroccate sulla collina, con il suo centro storico occupato da gioielli quali il Castello Svevo, la Basilica Concattedrale e il Palazzo dei Missionari e rappresenta la degna conclusione di un percorso che ha nella buona tavola un degno corollario.
DA MANDURIA ALLA CALIFORNIA: UVE GEMELLE
Considerato oggi uno dei vini più raffinati della Puglia, il Primitivo di Manduria rappresenta una vera e propria istituzione storica del territorio. La presenza della vite nell’area di Manduria, vanta grandi tradizioni secolari e ha origini remote come dimostrano i numerosi vitigni autoctoni presenti, fra i quali, oltre al Primitivo, vi sono anche il Negroamaro e la Malvasia. Si narra che furono gli Illiri della Dalmazia a portarlo in Puglia, oltre duemila anni fa. La nascita ufficiale di questo pregiato prodotto della terra nasce però alla fine del Settecento, grazie alla perspicacia di Don Francesco Filippo Indellicati i di Gioia del Colle, che rinvenne nei vecchi vigneti coltivati nella zona fin dal Seicento dai monaci benedettini la presenza di viti con precoce maturazione delle bacche (si tratta di uve dal colore blu scuro, ricoperte da un abbondante strato di pruina). Seguendo le indicazioni della Natura, l’uva venne chiamata Primativo o Primaticcio e il primo vigneto fu impiantato in località Liponti (Gioia del Colle). Nel comprensorio di Manduria il vitigno approdò verso la fine del XIX secolo grazie ad alcune barbatelle portate dalla contessa Sabini di Altamura, andata in sposa a Tommaso Schiavoni Tafuri che ne avviò la coltivazione nelle sue terre sulle dune di Campomarino. Chiamato inizialmente Vino di Sava o Primitivo di Sava , dopo poco tempo assunse la denominazione di Primativo di Manduria. Nel 1967 un professore californiano, conducendo analisi del DNA e studi ampelografici, stabilì la stretta parentela tra Primitivo e il famoso vino americano Zinfande (coltivato ampiamente anche in Australia): i due vitigni erano tanto simili da essere fratelli gemelli. Il vino Primitivo di Manduria si fregia dal 1974 dell’attestazione DOC (Denominazione di Origine Controllata). Esistono quattro diverse Manduversioni del Primitivo di Manduria: il classico
vino da pasto, il Dolce naturale, il Liquoroso dolce naturale e il Liquoroso secco. Le versioni liquorose di questo prodotto sono ottenute aggiungendo al vino acquavite o alcool di origine vitivinicola, che conferiscono corpo e sostanza al vino nonché un accresciuto tenore alcolico.
Una particolarità del tutto interessante è il fatto che, a distanza di soli venti giorni dalla vendemmia, questi vitigni sono in grado di dare una seconda produzione di uve, utilizzate in passato per correggere e migliorare l’acidità totale dei mosti ottenuti dalla prima vendemmia. La conservazione ottimale del Primitivo di Manduria deve avvenire al buio, con temperature comprese fra 10 e 15°C. I luoghi ideali sono naturalmente le cantine, che offrono anche il vantaggio di avere una consistente umidità ambientale (costante ed attorno al 75%) che consente al tappo in sughero di rimanere ben umettato. Infine, le bottiglie vanno conservate in posizione orizzontale, preferibilmente su appositi supporti di legno.