Con la cerimonia di apertura, condotta dall’attrice e modella Sveva Alviti, prende il via questa sera l’81esima Mostra del Cinema di Venezia. Sarà una serata “col botto”.
È prevista, infatti, non solo la proiezione del film, fuori concorso, Beetlejuice Beetlejuice, con cui il fantasmagorico Tim Burton riporta sullo schermo il fantasma dispettoso che consacrò il suo successo nel 1988 (ad interpretarlo c’è di nuovo Michael Keaton, circondato da un cast stellare: Winona Ryder, Jenna Ortega, Willem Dafoe e Monica Bellucci, attuale compagna del regista), ma anche la consegna del Leone alla carriera a Sigourney Weaver. Meglio tardi che mai! Un riconoscimento tanto dovuto quanto tardivo.
L’attrice newyorkese ha sempre raccolto meno di quanto avrebbe meritato per lo sconfinato talento dimostrato nella sua eterogenea carriera (forse perché il suo nome è stato per lo più associato ai generi horror e fantascienza, cioè generi che – diciamolo – alla maggior parte della critica non sono mai piaciuti tanto). Il direttore della Mostra, Alberto Barbera, nell’annunciare il premio ha detto, tra l’altro: “Ha poche rivali un’attrice del calibro di Sigourney Weaver. Forte di un’importante formazione teatrale, ha conquistato il grande pubblico cinematografico con Alien, di Ridley Scott… e ha proseguito nella ricerca incessante di una propria identità costantemente rimessa in discussione, attraverso scelte che spaziano dal film di genere alla commedia, dal cinema d’autore a quello per bambini, sfuggendo alle etichette che l’avrebbero voluta confinata all’icona vittoriosa del periodo reaganiano. È un doveroso riconoscimento a una star che ha saputo costruire ponti fra il cinema d’autore più sofisticato e i film che dialogano con il pubblico in forma schietta e originale, senza mai rinunciare a essere se stessa”.
Ci sono attrici che spiccano interpretando le figlie o le fidanzate e poi invecchiano con ruoli di mamme o nonne; la quasi settantacinquenne Sigourney Weaver (8 ottobre 1949) è emersa invece uccidendo alieni ed è invecchiata interpretando donne cattive, sagge consigliere, dottori geniali. Riuscire ad avere una grande carriera a Hollywood prendendosi per almeno una decade (gli anni ‘80) i ruoli migliori d’azione, senza mai diventare la ragazza di qualcuno o la fidanzatina da conquistare era un caso raro (e in alcuni casi, purtroppo, lo è ancora).
Pur se il successo di Alien fu enorme e imprevisto ai più, Sigourney Weaver non si montò mai la testa ma ci tenne a precisare solo: “Non basta avere il seno prosperoso, indossare pantaloncini inguinali e avere una pistola in mano, per essere una vera eroina”. E ad un convegno organizzato nella Mecca del cinema sulla presenza femminile nel cinema di Hollywood ha dichiarato: “un giorno, si spera, non sarà necessario assegnare una serata speciale per celebrare dove siamo e quanta strada abbiamo fatto. Un giorno scrittrici, produttrici e tutte le maestranze donne saranno cosa normale, e i ruoli e gli stipendi delle attrici supereranno quelli degli uomini… e i maiali voleranno”.
Nessuno sembra ricordarla però quando si parla di femminismo: non è mai stata una grande attivista, ma davvero poche attrici come lei hanno creato nuovi ruoli e nuove possibilità dimostrando, per esempio, che anche una donna d’azione può incassare grandi somme al botteghino. D’altronde, allora era difficile sfondare in film romantici con un’altezza di 1,82 metri!
Quella del geniaccio Ridley Scott fu un’intuizione suggerita dalla bravura della Weaver sul set: originariamente a lei toccava infatti il ruolo di Lambert (uno dei tre componenti dell’equipaggio della navicella spaziale), mentre Veronica Cartwright avrebbe dovuto interpretare il tenente Ripley.
Con Alien, Sigourney Weaver (che in realtà si chiama Susan Alexandra, ma a soli 12 anni decise di cambiare nome, optando per Sigourney, ispirata da un personaggio del romanzo Il grande Gatsby di Francis Scott Fitzgerald), interpretò il prototipo dell’attrice del cinema fantastico, d’azione e di tensione per il cinema a venire: non ci sarebbe mai stata Milla Jovovich (regina del genere, Resident Evil, Monster Hunter, Paradise Hill, Future World) se non ci fosse stata lei, ma senza il tenente Ellen Ripley non avremmo avuto nemmeno Michelle Rodriguez (World Invasion, Fast & Furious, Avatar).
Nota per la sua straordinaria versatilità, Weaver ha lasciato un segno indelebile nella storia del cinema, passando con disinvoltura dai film di genere alla commedia, dal cinema d’autore a quello per bambini. Ha lavorato con registi del calibro di James Cameron, Paul Schrader, Peter Weir, Michael Apted, Roman Polanski, Ivan Reitman, Mike Nichols e Ang Lee. Ogni volta, ha saputo imprimere alla propria carismatica presenza il segno indelebile di una figura complessa, talvolta contraddittoria, ma sempre autentica.
Visto il successo planetario di cui gode oggi, è difficile pensare che l’adolescenza di Sigourney Weaver sia stata piuttosto difficile a causa di una profonda mancanza di fiducia in se stessa – dovuta anche ad una altezza al disopra della media che la rendeva vittima preferita delle battute dei suoi compagni – tanto che all’età di 13 anni comincia ad andare da uno psichiatra per l’incapacità a comunicare con i suoi coetanei. È durante il liceo che “la donna in rosso” (soprannome che le fu dato dopo l’uscita, e il successo, di The Woman in Red, 1984, diretto da Gene Wilder) capisce di voler fare l’attrice e, dopo il diploma, si trasferisce in Connecticut per frequentare la Yale Drama School, dove diventa amica di un’altra futura grande interprete: Meryl Streep.
Sigourney Weaver è un’attrice che ha saputo lasciare un segno indelebile nel mondo del cinema. La sua capacità di interpretare ruoli complessi e di grande impatto, unita a una versatilità straordinaria, l’ha resa una figura emblematica e un’ispirazione per le future generazioni di attori e attrici. Intanto però, la sua tenacia, suo vero “marchio di fabbrica”, non ha nessuna voglia di smettere: la vedremo presto nella black comedy Dust Bunny, al fianco di Mads Mikkelsen, e in The Gorge, al fianco di Miles Teller e Anya Taylor-Joy, oltre che in Avatar 3, 4 e 5.
La passione per il suo mestiere è tale che ha ammesso di voler lavorare fino ad 80 anni e recitare almeno una volta nel ruolo di Miss Marple, celebre personaggio di Agatha Christie, proprio come la sua attrice preferita, Margaret Rutherford.
E pensare che prima del film di Ridley Scott, la stella intramontabile della Weaver aveva avuto solo una particina in Io e Annie, di Woody Allen, in cui è la nuova fidanzata di Allen nella scena finale del film: la si vede per due secondi da lontanissima ed è non è facile riconoscerla!