Un’esperienza cinematografica avvincente e davvero interessante, uno stimolante docu-film che amplia i confini del cinema documentario: questo è L’expérience Zola, ultimo lavoro di Gianluca Matarrese, presentato come evento speciale alle Giornate degli Autori dell’80ma Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, interpretato da Anne Barbot e Benoît Dallongeville e sceneggiato da Matarrese assieme ai due attori protagonisti.
Anne è una regista teatrale. Si è separata dal marito e sta cambiando casa. È spenta, senza desideri. Conosce Ben, vicino di casa servizievole e attore al momento senza lavoro. Lui la guarda con occhi appassionati, lei non vuole mai più legarsi a un uomo: ma quando decide di mettere in scena L’assommoir di Émile Zola, è a lui che propone il ruolo di Coupeau, riservandosi quello di Gervaise. Man mano che la storia si sviluppa, il confine tra la vita reale e la rappresentazione teatrale si riduce sempre di più. Tra letture e prove, tra ricerca e studio, la realtà sfuma nella finzione e i due sembrano ripercorrere esattamente tutti i passaggi della storia di Coupeau e Gervaise, fino alla rovina.

L’expérience Zola, con la sua profondità emotiva e l’intrigante narrativa, disserta sulla porosità tra realtà e finzione mettendo in dubbio il concetto di prospettiva, cioè la corrispondenza delle immagini alla realtà esplorando i confini tra finzione e documentario: quanto vediamo non ha un unico significato e valenza. L’obiettivo è quello di creare un ponte tra due linguaggi (quello del teatro e quello del cinema) facendo perdere intenzionalmente allo spettatore i consueti riferimenti e codici interpretativi, per far sì che venga coinvolto pienamente dall’approccio narrativo del film. È una sfida al sottile confine tra finzione e realtà, tra vita e arte.
All’inizio può risultare difficile entrare nel clima del film, ma, una volta coinvolti, l’intrigante metodo narrativo appassiona e si viene emotivamente risucchiati nel vortice delle interazioni tra i personaggi, come se chiedessero allo spettatore “cosa ti aspetti adesso, cosa vorresti accadesse?”. Il film è, insomma, un’esplorazione accattivante delle emozioni umane, delle relazioni e del potere della narrazione.
Il quarantatreenne Matarrese (nato a Torino ma dal 2002 residente a Parigi) presentando questo suo ultimo lavoro ha affermato: “La struttura del film è uno scambio, un dialogo tra due narrazioni, quella dello spettacolo sul palco e quella degli attori, dietro le quinte. Fuori dal palco, gli attori sono colti in conversazioni intime, immersi nel proprio elemento quotidiano, in riflessioni o durante i preparativi prima di scivolare nella finzione. La macchina da presa è stato il mezzo di immersione nei movimenti interiori dei personaggi”.
L’expérience Zola, prodotto da Dominique Barneaud e Donatella Palermo per Bellota Films e Stemal Entertainment, avendo già trovato una sua distribuzione internazionale con la canadese Syndicado, si prospetta come un altro tassello significativo nella carriera di Gianluca Matarrese che negli ultimi cinque anni ha registrato rilevanti successi: nel 2019, Fuori tutto, suo primo documentario, si è aggiudicato il premio quale Miglior film-documentario italiano al Torino Film Festival; nel 2021 La dernière séance, presentato alla Settimana della Critica di Venezia, si è aggiudicato il Queer Lion Award (premio al “Miglior film con tematiche omosessuali & Queer Culture”); nel 2022, Il posto (co-diretto con Mattia Colombo) ha vinto un David di Donatello quale Migliore regia e nello stesso anno il cortometraggio Pinned Into a Dress ha aperto la Settimana della Critica di Venezia; nel 2023 il documentario Les beaux parleurs è stato presentato, lo scorso giugno, al Biografilm Festival di Bologna, dove il regista ha anche tenuto un’applauditissima masterclass.
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