Omaggio a Lino Capolicchio, postumo ma più che meritato: sarà presentato oggi alla 79/a Mostra del Cinema di Venezia, negli spazi dell’Italian Pavilion, il libro De Sica, io e il Giardino dei Finzi Contini – Diario inedito del protagonista, a cura di Nicole Bianchi e edito da Bietti e Cinecittà.
Il libro raccoglie i diari inediti scritti dall’attore – morto il 3 maggio scorso – durante la preparazione e la lavorazione di quel film, ambientato nel 1938 e in cui interpretava la parte di Giorgio, figlio di un commerciante ebreo che si innamora, non corrisposto, di Micòl (Dominique Sanda), ragazza dell’alta borghesia ebrea di Ferrara. Oltre ai preziosi appunti di Capolicchio, il libro contiene anche una lunga intervista di Nicole Bianchi fatta negli ultimi due anni di vita dell’attore.
“Non lo sapevo ancora, in quel momento, ma quella telefonata mi avrebbe fatto entrare nella storia del cinema”, dice il bravo attore di – tra i suoi 41 film – La casa delle finestre che ridono (1976), Solamente nero (1978), Fiorile (1993), Una sconfinata giovinezza (2010), Il signor Diavolo (2019). Dalle pagine del libro, scritte con penne dai diversi colori, prendono vita i suoi amori, la sua magica creatività, la dedizione a un mestiere intrapreso per una scommessa con la madre e talento naturale (sempre da lui coltivato con sincera umiltà e reverenza), la passione per musica, pittura e cinema (anche come spettatore).
E parlando di Lino Capolicchio, non possiamo non ricordare qui il suo D’amore non si muore (2020): un libro straordinario, un notevole contributo alla storia del cinema italiano, scritto con scrupolosa attenzione, in cui apre la sua anima alla vita vissuta. Fino alla sua pubblicazione nessuno o pochissimi conoscevano la sana abitudine di Capolicchio di scrivere ogni giorno gli episodi della sua vita su un diario.
Con eleganza letteraria e stile raffinato, l’autore di D’amore non si muore non si limita alla narrazione degli episodi di vita, ma esprime anche profonde riflessioni esistenziali alle quali tenta di dare una risposta. Un’opera complessa, immersa nel periodo storico vissuto in tutti i suoi aspetti, dalla quale emerge la figura di un attore e uomo dalle rare qualità.
Il titolo di questo eccentrico ‘memoir dell’anima’ è una ironica citazione del film di Carlo Carunchio, D’amore si muore (1972), interpretato dall’attore a fianco di due grandi dive, Silvana Mangano e Milva. Ma la frase “D’amore non si muore” si trova anche nel quinto verso della canzone “Rose rosse” che segnò il successo di Massimo Ranieri.
Detto questo, due libri di cinema da leggere come un romanzo.