Arriverà in sala il prossimo 15 settembre Las Leonas, il docu-film diretto da Chiara Bondì e Isabel Achával e presentato con successo a Venezia nella sezione Notti Veneziane delle Giornate degli Autori. È prodotto dalla Sacher Film di Nanni Moretti (presente nel film in una spassosa scena) con Rai Cinema e distribuito da Academy Two.
Un lavoro ben congegnato nel ritmo e politicamente intelligente perché non cerca di dimostrare “a priori” una tesi ma lascia allo spettatore la riflessione di fronte alla realtà delle protagoniste, per le quali l’importante non è vincere, neppure scendere in campo, l’importante è lottare. Al centro della storia un gruppo di donne immigrate a Roma (per lo più sudamericane e dall’est dell’Europa, ma anche capoverdiane, marocchine, cinesie italiane) che lavorano come badanti, domestiche, tate e che hanno in comune una grande passione per il calcio (“una droga”, per la peruviana Bea, interista nel cuore).
Il campo di calcio come metafora dell’esistenza e riscatto: trasmette a Vania, Joan, Melisa, Bea, Elvira, Ana e Siham (principali protagoniste nel documentario) un senso di pura libertà che ripaga dai dolori, rimpianti e frustrazioni passate e presenti e diventa una specie di collante sociale: il giorno di riposo domenicale si trasforma insomma in ore di evasione dalla realtà, sfogo ma anche in un momento di aggregazione con altre donne per un “riscatto sociale”.
Il titolo del docu-film viene dal Trofeo Las Leonas, torneo di calcio a 8 che vede impegnate sul campo Vis Aurelia, in un quartiere periferico di Roma, sei squadre femminili: Peruanas En Roma, Estrellita Jevenil, Paraguay, Club Colombia, Corazon Latino e Sud America. Leonesse nella vita e sul campo: Ana, 40enne moldava che sognava di diventare giocatrice professionista, visto il talento calcistico di cui è dotata, e in Italia da 16 anni, parlando delle compagne domenicali dice. “Sono loro che mi hanno insegnato ad accettare la vita, ad affrontarla così com’è, a non piangersi mai addosso”.
Malgrado le difficoltà, sono donne affrontano la vita con ottimismo e con coraggio e attraverso il calcio cercano di dimenticare la fatica di ogni giorno e la solitudine di vivere in un paese straniero lontano dai propri familiari: il loro dolore è nascosto da sguardi fieri, occhi ridenti ma “sono come un pagliaccio, rido per non piangere”, dice una di loro.
Las Leonas, con quel suo intreccio tra sport e vita, tra sogni e realtà, senza ricorrere a facili “provocazioni” e senza cadute di ritmo, ha un palpabile sottofondo di impegno sociale e civile, anche politico, che contribuisce a renderlo un lavoro ben riuscito non solo tecnicamente.
Come detto sopra, Nanni Moretti – produttore del docu-film – ha un cameo in Las Leonas, in una scena ben riuscita ma giustamente breve per lasciare spazio e attenzione alle protagoniste: ha il compito di acquistare le coppe da assegnare (diverse, non solo una come invece pensava lui1) e nel negozio gli spiegano che le calciatrici vogliono coppe giganti, placcate d’argento, e lui, preoccupato per le sue finanze, commenta “Insomma, mi fate fare una bella spesetta”!
Ultima nota. Un campionato a 8 dal clima davvero particolare e che ha come antenato quel torneo femminile che, già 15 anni fa – e le veterane non possono averlo dimenticato, come non l’ho dimenticato io che ne arbitrai alcune partite – si teneva ogni domenica pomeriggio alla storica Polveriera, sul Colle Oppio vicino al Colosseo: un campo di terra battuta, polveroso, con qualche sasso, reti di fortuna e tanta musica e profumo di cibo a fare da sottofondo costante di ogni momento. Ogni giornata si concludeva con balli e degustazioni varie.