La nuova mostra che il Jewish Museum di New York ha appena aperto ha richiesto, per organizzarla, molti anni di ricerche e di lavoro. L’esposizione, pero’, racconta sicuramente una storia personale e artistica straordinaria che giustifica una lunga preparazione, una storia vecchia e modernissima, ebraica ma non solo nel mondo della globalizzazione.

La mostra rievoca, con l’aiuto di 120 diverse opere d’arte che vanno dai dipinti ai manoscritti antichi e dalle sculture cinesi in avorio agli oggetti di culto ebraici, il lungo tragitto della famiglia Sassoon a partire dalla meta’ del 1800 e fino alla Seconda Guerra Mondiale.
“E una vicenda storicamente complessa, di rotture e ricongiungimenti. I Sassoon hanno dovuto reinventarsi continuamente, hanno dovuto imparare nuove lingue e nuovi modi di vita. Ma erano anche straordinariamente moderni perché erano incredibilmente cosmopoliti e il commercio aumentava la loro capacità di relazionarsi agli altri. E sono stati, al tempo stesso, vittime e complici del colonialismo”, ha spiegato Esther da Costa Meyer, la professoressa di Princeton che ha curato la mostra insieme a Claudia Nahson del Jewish Museum.
Il tutto inizia attorno al 1830, con i ricordi del capostipite David Sassoon, erede di una famiglia che per secoli è stata al servizio dell’Impero Ottomano e leader della comunità ebraica irachena a Bagdad. In esposizione, nella sala allestita al primo piano del museo, ci sono gli antichi manoscritti dei contratti di matrimonio della famiglia e il lussuoso abito nuziale di una sposa. David sarà però costretto a fuggire a Mumbai pochi anni dopo, quando Dawud Pasha inizia una feroce persecuzione della comunita’ ebraica in Irak.

In India, il patriarca ricomincia modestamente la sua vita, commerciando in spezie, tessuti, perle e infine oppio. Man mano che la sua ricchezza cresce, riorganizza e finanzia una fiorente comunita’ ebraica a Mumbai e comincia a collezionare oggetti cerimoniali. E nel frattempo, come testimoniano i suoi ritratti appesi alle pareti del museo, si inserisce a pieno titolo nella comunità indiana circostante, pur restando in qualche modo legato al suo vecchio mondo.
Ad allargare sempre di più la sua fortuna e a farlo diventare un interlocutore prezioso per il governo inglese sarà il commercio dell’oppio, che Londra vorrebbe esportare in Cina. Così, quando alla fine della Guerra dell’Oppio, nel 1842, la Cina sarà costretta a cedere Hong Kong alla Gran Bretagna e a aprire cinque porti al commercio, sarà proprio David Sassoon a ampliare la sua sfera d’azione e a inviare i suoi figli a Hong Kong, a Shanghai e poi a Londra.
Per la famiglia, arrivata ormai alla seconda generazione, comincia l’era cinese, l’ambientazione in un mondo tutto nuovo, e l’inizio di una nuova collezione di preziose opere d’arte tutte diverse dalle precedenti, e che ora si possono ammirare accanto ai manoscritti delle opere di Maimonide e ai libri ebraici provenienti dall’India, ma anche dalla Grecia, dalla Spagna e dallo Yemen. A promuovere le straordinarie acquisizioni, è soprattutto Flora Sassoon, responsabile a partire dal 1894 degli uffici di David Sassoon a Mumbai e prima testimone dell’importanza crescente delle donne all’interno della famiglia.

Rachel Sassoon Beer, 1887 / courtesy The Jewish Museum NY
Quando gran parte della famiglia si trasferisce definitivamente a Londra, infine, si apre un nuovo e ricchissimo capitolo. I Sassoon diventano inglesi orgogliosi della loro nazionalità , perfettamente integrati nella società circostante, a loro agio nelle sontuose ville che abitano e che Winston Churchill frequenta spesso. Sir Philip Sassoon diventa membro del Parlamento per il Partito Conservatore, Rachel Sassoon Beer diventa la prima donna inglese con l’incarico di dirigere due quotidiani e non mancherà di far sentire la sua voce quando scoppia in Francia il caso Dreyfus. E sarà ancora Rachel a arricchire la collezione d’arte con decine di nuovi dipinti. Alle pareti del Jewish Museum, ora, sono i ritratti dipinti da John Singer Sargent a rendere vivi i volti dei Sassoon.
I discendenti di quel ricco e influente ebreo iracheno, ormai alla quarta generazione e sparsi in diversi continenti avranno poi ancora un’occasione di far valere la loro posizione alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale e questa volta di nuovo in Cina, in India o al fronte. Sarà infatti Sir Victor Sassoon a creare e finanziare a Shanghai i sistemi di accoglienza per i 18.000 ebrei in fuga dal nazismo e altrettanto faranno i cugini a Mumbai. E parecchi, lasciate le loro lussuose ville, partiranno da Londra per il fronte. A ricordarli ora sono le commoventi foto e i vecchi documenti che il Jewish Museum è riuscito a raccogliere.
Un viaggio, insomma, in un passato molto ricco, finanziariamente e culturalmente, ma anche in un passato segnato dalla volontà di integrarsi e di dare sempre un contributo, nonostante le guerre e le discriminazioni. Magari anche solo con un’opera d’arte un più.
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