Ennesimo riconoscimento per il cinema italiano. Le favolose, lungometraggio di Roberta Torre, aprirà e sarà in concorso al prossimo Tokyo Film Festival (dal 24 ottobre al 3 novembre). Si tratta già di un tributo importante, visto che il prestigio dell’apertura di un festival è riservato solitamente a film di marcato valore sociale o registico. Sarà l’unico film italiano in gara per conquistare l’ambito Tokyo Sakura Grand Prix.
Il film, una via di mezzo tra fiction e documentario e che segna il ritorno della regista e sceneggiatrice milanese dopo cinque anni (Riccardo va all’inferno), ha ricevuto un buon successo di critica e pubblico al recente Festival del Cinema di Venezia e poi nelle sale cinematografiche.
Ispirato dagli scritti della storica portabandiera dei diritti dei trans Porpora Marcasciano, Le favolose – come ha detto la regista – vuole essere, e ci riesce bene, “un contributo alla ricerca della libertà, un inno a chi fa della propria vita un percorso libero, con forza, coraggio, lacrime e gioia, nonostante tutto”. Attraverso sette personaggi che sono parte reale della storia del movimento transessuale in Italia, qui nelle vesti di attrici, il film osserva, indaga sui forti legami che sussistono, anche dopo tanti anni, tra quelle amiche ed è allo stesso tempo uno spaccato di storia del nostro Paese, di quella fine anni ’70 albóre del MIT (Movimento Identità Trans) fondato nel 1979 proprio da Marcasciano.
Utilizzando filmini amatoriali in super 8, inserti in bianco e nero, interviste e una ottima colonna sonora, Roberta Torre ci porta dentro l’universo trans e quello che compare è un grande coraggio per ottenere l’autonomia decisionale sul proprio corpo: sono sette donne, ormai anzianelle, sopravvissute agli stupri, all’isolamento sociale, alla tossicodipendenza e alle ipocrisie di una società falsa puritana che le ha usate ma non accetta ciò che sono veramente.
Il disconoscimento della propria identità resta per molte trans una seconda morte, quella della loro memoria. Le famiglie si vergognano e così funerale e tumulazione avvengono in gran segreto tra pochi intimi, dopo che i loro corpi sono stati frettolosamente manomessi e vestiti con abili maschili. Sulle lapidi poi viene stampato il loro nome da uomo, in un’identità che mai più sarà quella da loro scelta in vita.
È quello che accade ad Antonia (Antonia Iaia), sepolta con il suo nome di battesimo, Giampaolo, tra l’indifferenza di molti. Vent’anni dopo, il ritrovamento di una lettera spinge le sue migliori amiche, Porpora (Porpora Marcasciano) e Nicole (Nicole De Leo), a organizzare un ritrovo della loro memorabile Famiglia Reale per rivivere un’intera giornata tutte assieme, come facevano nei favolosi weekend di molti anni prima, nella villa, oggi disabitata, nella quale Nicole, Porpora hanno convissuto insieme ad altre amiche: Sofia (Sofia Mahiel), Veet (Sandeh Veet) e Mizia (Mizia Ciulini) e Massimina (Massimina Lizzeri).
Quest’ultime, più giovani, sono ignare che Porpora le ha convocate perché intende in realtà evocare Antonia tramite una seduta spiritica. Tra ricordi a volte gioiosi, a volte molto dolorosi, indossano nuovamente i coloratissimi abiti di un tempo e ritrovano così l’antico gusto per lo show, sempre necessario per la vita di strada (come afferma anche Nicole, “tra il destino e il dramma abbiamo sempre scelto lo spettacolo”).

Le favolose, della pluripremiata Roberta Torre (Premio Venezia Leone del Futuro Opera Prima “Luigi De Laurentiis” e David di Donatello come Miglior regista esordiente nel 1998 per Tano da Morire; Premio Brian (al film che risponde maggiormente alle tematiche sociali e suscita e riflessioni, ndr) alla Mostra del cinema di Venezia nel 2010 per I baci mai dati) è un film che vuole aprire gli occhi e far riflettere chi vede dei trans solo il corpo fisico e non la persona, commettendo l’errore di ridurre il loro prima e il loro dopo ad una specie di malattia mentale.
Vista la tanta attenzione suscitata da questo film, non rimane che attendere con impazienza l’arrivo, del prossimo lavoro di Roberta Torre, di cui per ora si sa solo il nome, Mi fanno male i capelli.