Il Campania Teatro Festival is green. La quindicesima edizione della manifestazione, conclusasi nei giorni scorsi, si è svolta all’insegna della Ricerca, della sostenibilità e dell’innovazione, confermandosi tra i Festival partenopei più lungimiranti e strutturati di tutto il panorama italiano. A fare la differenza, il valore aggiunto della particolare attenzione mostrata verso l’ambiente, l’utilizzo di materiali riciclabili per i supporti promozionali, la graduale riduzione della plastica. Dettagli che hanno raccolto il consenso del pubblico.
Realizzata con il supporto della Regione Campania, e organizzata dalla Fondazione Campania dei Festival (amministratore unico Alessandro Barbano) la Rassegna (guidata da Ruggero Cappuccio) si è confermata una straordinaria vetrina composta da nove sezioni della cultura nazionale e internazionale, offrendo 145 eventi, 52 debutti assoluti e 11 nazionali.
Tra i numerosi ospiti ricordiamo Elio Germano e Teho Teardo, Francesco Montanari, Lina Sastri, Serena Sinigaglia, Sergio Rubini, Daniel Auteil, Alessandro Baricco, Franco Arminio e molti altri.

La “Voce di New York” ha seguito due spettacoli di tipologia opposta, ma entrambi di grande attualità.
Chiara Francini si è esibita in un monologo mozzafiato “Una ragazza come Io”, in cui ripercorre la sua vita, raccontando le fobie, soddisfazioni tra comicita’ e ilarita’.
Una performance che non ha mancato di occuparsi di tematiche importanti come la maternità mancata, matrimoni falliti. Tutto sempre in chiave iperbolica, quasi da vero vaudeville.
Va detto che il talento della Francini “arriva” più su un palcoscenico che al cinema. Forse all’attrice toscana occorrerebbero delle sceneggiature diverse da quelle fin qui proposte per poter essere pienamente valorizzata.
L’altra opera seguita è stata “Alla Greca”, firmata da Elio De Capitàni, un testo distopico e geniale del celebre drammaturgo, attore e sceneggiatore inglese Steven Berkoff.
L’opera è un cult anni ‘80 ambientato nella Londra dei Punk e di Margaret Tatcher, in un delirio di liberismo, proteste proletarie e inni rock dei gruppi più noti della storia della musica.
Il protagonista, Eddy, è un giovane proletario che lascia i genitori per sfuggire al vaticinio di uno zingaro indovino, e si rifugia nella capitale inglese, alla ricerca di fortuna; qui si imbatte, inconsapevole, nel suo vero padre: lo uccide e ne sposa la moglie, naturalmente come previsto dal testo edipico: la sua vera madre.
De Capitani ha scelto per il suo spettacolo un accompagnamento jazz, attraverso la musica di Mario Arcari, che sottolinea il ritmo delle scene accentuandone il significato: il testo è una reinvenzione del mito edipico, trasformato grazie alla parola tagliente e surreale di Bekoff in una commedia ironica e socialmente significativa.
La forza dell’opera del drammaturgo inglese è resa grazie a una direzione ricca di eccessi stilistici prevedibili, visto lo stile della drammaturgia, e alla presenza di attori tutti caratterizzati da una loro peculiarità fisica o espressiva.
Il testo viene cosi rafforzato nella sua forza psichedelica e nei processi mentali più tortuosi, giustificandone pienamente il contenuto e gli stilemi.
La scena non si presta a particolari ambienti, ma è strutturata in modo da trasferire i personaggi in un mondo atemporale, in cui la storia è già scritta.