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Sidney Poitier e quel talento che ruppe la barriera “cromatica” di Hollywood

La scomparsa a 94 anni del grande attore che fu il primo afro americano a conquistare l'oscar nel 1964: ecco come ci riuscì

Giuseppe SacchibyGiuseppe Sacchi
Sidney Poitier e quel talento che ruppe la barriera “cromatica” di Hollywood

Barack Obama consegna nel 2009 la Medal of Freedom a Sidney Poitier (Ansa)

Time: 5 mins read

Il cinema mondiale dà l’addio ad una grande icona che ha aperto la strada a decine di attori afroamericani, ad un simbolo di lotta contro qualunque discriminazione, di talento puro e perseveranza tenace: si è spento all’età di 94 anni Sidney Poitier, primo attore di colore a vincere, nel 1964, prima il premio Golden Globe e poi l’Oscar come Migliore Attore Protagonista. Il film del trionfo era Lilies on the Filed (I gigli del campo, 1963) di Ralph Nelson. 

E quanto quel riconoscimento segnò la storia cinematografica e sociale americana lo dimostra il fatto che si sono dovuti aspettare 19 anni prima che ad Hollywood un altro attore di colore vincesse (nel 1983) la tanto ambita statuetta: Louis Gossett Jr., Migliore Attore Non Protagonista per Ufficiale e gentiluomo di Taylor Hackford.

Icona del cinema americano, attivista per i diritti civili e simbolo per diverse generazioni, Sidney Poitier è stato un personaggio fondamentale nell’immaginario collettivo e cinematografico: prova della sua grandezza è il fatto che l’American Film Institute lo abbia inserito al ventiduesimo posto tra le grandi star della storia del cinema.

Il suo era un talento puro, cristallino, segnato anche dalle umili origini. Nato in Florida il 20 febbraio 1927 da modesti commercianti originari delle Bahamas e cresciuto poi a Cat Island, (nelle Bahamas, dove i genitori erano tornati pochi anni dopo la sua nascita), nel 1942, a quindici anni, Poitier, con solo pochi soldi in tasca, si trasferisce a Miami, dove vive suo fratello Cyril, alla ricerca di fortuna. Non volendo continuare a vivere nei violenti bassifondi della città, come assicurarsi un piatto caldo? Nel 1943, mentendo sulla sua vera età, si arruola nell’esercito e viene mandato in un ospedale come aiutante di soldati reduci con problemi mentali.

Congedatosi, decide di cambiare aria e, diciottenne, si trasferisce a New York. Dopo aver fatto i mestieri più umili per mantenersi, dal lavapiatti allo strillone di giornali, Poitier decide di tentare la strada dello spettacolo e partecipa con successo a un provino per l’American Negro Theater, scuola teatrale nata nel 1940 ad Harlem, nella Grande Mela. Non si sente però ancora pronto per il grande salto e allora stringe un accordo: ricevere gratis lezioni di recitazione in cambio del lavoro di “bidello tuttofare” per il teatro. Écosì che si ritrova improvvisamente a fianco di Harry Belafonte nella loro produzione dello spettacolo Giorni della nostra giovinezza. Dopo i successi teatrali a Broadway con Lysistrata e Anna Lucasta, Poitier comincia a girare gli Stati Uniti con una compagnia teatrale composta solo da attori di colore.

Anche Hollywood non rimane insensibile davanti al suo talento e decide di metterlo alla prova. Il debutto di Poitier nel mondo della celluloide avviene nel 1950, con No Way Out (Nessuna via d’uscita), di Joseph Mankiewicz, dove recita il ruolo di un chirurgo nero che deve curare due fratelli banditi ma ne salva solo uno. La sua interpretazione colpisce nel segno e arrivano contratti che normalmente si riservavano solo ai bianchi. A quel successo fece seguito nel 1951 Piangi, il paese amato, di Zoltán Korda, un dramma ambientato in Sudafrica durante il periodo dell’apartheid.

Poitier gode di una vera svolta nella carriera nel 1955 con il popolare The Blackbard Jungle (Il segno della violenza), di Richard Brooks, dove interpreta uno studente difficile, ribelle, ma musicalmente molto dotato in una scuola interrazziale del centro città di North Manual Trades. Il film passò alla storia, oltre che per le recitazioni di Poitier e Glenn Ford (l’insegnate) anche per l’uso del rock n’ roll per la colonna sonora.

Nel 1967, Poitier, sempre più ricercato, offre tre interpretazioni molto diverse ma ugualmente forti che segneranno il suo definitivo lancio: il detective di Filadelfia Virgil Tibbs nel film poliziesco, a fianco di Rod Steiger, In the Heat of the Night (Nel calore della notte, 1967), di Norman Jewison; Guess Who’s Coming to Dinner (Indovina chi viene a cena, 1967) di Stanley Kramer: uno sguardo rivoluzionario al matrimonio interrazziale in cui Poitier è fidanzato con una donna bianca (Katharine Hougton) i cui genitori sono Katharine Hepburn e Spencer Tracy.  

Infine To Sir, With Love (La scuola della violenza), di James Clavell, nel ruolo del maestro britannico Mark Thackeray: un film che naviga tra attrito razziale e socioeconomico, tra studenti ribelli di cui conquista alla fine il rispetto.

Mentre aiutava a rompere la “barriera cromatica” nei film e conferiva dignità alla rappresentazione di personaggi nobili e intelligenti, Poitier si trovò però sotto tiro della critica cinematografica verso la fine degli anni ’60 per non essere più politicamente radicale: erano gli anni caldi delle marce per i diritti razziali e della rivolta studentesca che precedono la protesta dei velocisti americani alle Olimpiadi (16 ottobre 1968). Particolarmente turbato da un duro articolo su di lui del New York Times Poitier decide di allontanarsi dai riflettori e di spostarsi a vivere alle Bahamas.

Sidney Poitier con l’oscar alla carriera

Tornato ad Hollywood nel 1972, l’attore afroamericano passa alla regia e firma nove film, tra cui “Little Nikita” e “The Jackal” insieme a un ruolo chiave di supporto al fianco di Robert Redford e River Phoenix nell’amato film thriller del 1992 Sneakers. Ha anche ottenuto notevoli riconoscimenti per il suo ruolo di Nelson Mandela nella miniserie “Mandela and de Klerk” del Network Showtime.

Volendo condividere con la gente le sue numerose esperienze personali, Poitier nel 2000 ha pubblicato il libro La misura di un uomo, considerato la sua autobiografia spirituale.

Una lunga carriera segnata da 2 premi Oscar, 3 Golden Globe, 2 premi al Festival di Berlino, 1 premio ai BAFTA (gli Oscar della British Academy) e 1 premio SAG (Screen Actors Guild, il sindacato che rappresenta oltre 160mila attori di cinema e televisione).

Tra i suoi numerosi riconoscimenti gli è stata conferita nel 2009 la Presidential Medal of Freedom dal presidente Barack Obama; un cavalierato onorario dalla regina Elisabetta II e un Kennedy Center Honor.

Infine, Poitier è stato anche membro del consiglio di amministrazione di The Walt Disney Company dal 1995 al 2003 e ambasciatore delle Bahamas in Giappone dal 1997 al 2007.

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Giuseppe Sacchi

Giuseppe Sacchi

Sono marchigiano, ma non esattore delle tasse. Amo il cinema e le persone, perché le loro vite sono film di vario genere, dal comico al thriller. Ho vissuto a New York 16 anni lavorando per "America Oggi", "Paese Sera", riviste Moda e King. In Rai ho condotto per 7 anni il programma "La Notte dei Misteri" e poi il giornale radio notturno. L'età non è quella della carta di identità ma quella che volete darmi.

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