Chiusura tra gli applausi, e tanti dati positivi, per la dodicesima edizione del Festival del cinema di Bari, meglio noto come Bif&st, ma già si pensa all’edizione del 2022, che tornerà i suoi trascorsi primaverili, dal 26 marzo al 2 aprile, e che sarà nel segno di Pier Paolo Pasolini, a cento anni dalla sua nascita.
Il grande, indimenticato scrittore, regista, poeta, attore drammaturgo bolognese spesso al centro del dibattito politico e sociale negli anni 50-60 per la radicalità dei suoi giudizi, spesso molto polemici nei riguardi della borghesia e della società dei consumi, nonché del Sessantotto e dei suoi leader, verrà ricordato attraverso una grande retrospettiva dei suoi film, realizzata con Cinecittà, il Centro sperimentale di cinematografia e la Cineteca nazionale. L’aiuto delle imponenti Teche Rai permetterà di attingere ai numerosi materiali storici televisivi. Si spera inoltre di poter anche portare al Teatro Kursaal uno spettacolo teatrale con testi di Pasolini. Dovrebbero essere coinvolte in questo variegato omaggio anche l’Università di Bari e di altre università italiane.
Sono stati 153 gli eventi della dodicesima edizione del Bif&st, tra proiezioni, conferenze, incontri, convegni, lezioni di cinema, laboratori e mostre.
Visto il successo ottenuto, anche dal punto di vista organizzativo, dal cosiddetto “Miglio dei teatri” (cioè il coinvolgimento – per proiezioni, conferenze stampa, mostre e presentazioni di libri – di tutti e quattro i grandi teatri del capoluogo pugliese: Petruzzelli, Piccinni, Margherita e Kursaal Santalucia) l’esperimento verrà ripetuto, sperando che la pandemia sia per allora solo un ricordo e la presenza di pubblico possa così tornare ai livelli record delle ultime edizioni pre-Covid.
Non basta. La riuscita esperienza ha spinto la Puglia Film Commission e l’Assessorato alla Cultura della Regione Puglia – che assieme al Ministero della Cultura e al Comune di Bari promuovono e co-finanziano questo Festival di Bari sempre più apprezzato a livello internazionale – a programmare il futuro con maggiore convinzione, tanto da anticipare già le date del Festival per i prossimi 5 anni: detto sopra dell’edizione del 2022, le seguenti si terranno dal 25 marzo al 1° aprile nel 2023; dal 6 al 13 aprile nel 2024 e dal 22 al 29 marzo nel 2025.
Quanto ai premi conferiti dalle due giurie del Bif&st 2021 ecco le loro scelte:
la Giuria della sezione competitiva Panorama Internazionale, composta da cinque giurati e presieduta dal regista Roberto Faenza, ha attribuito i seguenti riconoscimenti (in corsivo la motivazione del premio):
Premio per la migliore regia a Vincent Le Port, per il film BRUNO REIDAL (Francia): Per il rigore stilistico, la semplicità e la maturità registica che si affida ai mezzi del cinema per entrare profondamente nella psicologia di un assassino.

Premio per la migliore attrice protagonista a Charlotte Rampling per il film JUNIPER di Matthew Saville (Nuova Zelanda): Con questo premio la giuria intende celebrare una regina del cinema e dell’arte recitativa europea che nel film Juniper esegue una magistrale prova d’interpretazione raccontando gli ultimi istanti di una donna che ama profondamente la vita.
Premio per il miglior attore protagonista a Timothy Spall per il film THE LAST BUS di Gillies MacKinnon (Gran Bretagna): La giuria è orgogliosa di premiare Timothy Spall per aver fornito un’interpretazione commovente, un ritratto impeccabile di un uomo morente che diviene celebrazione stessa della vita.

Menzione Speciale alla regista Nine Antico per il film PLAYLIST (Francia): Per aver raccontato la vita di una giovane donna nella Parigi di oggi in modo non convenzionale, pieno di ironia e simpatia per i personaggi.
Vista l’alta qualità e professionalità dei film della sezione Panorama internazionale, penso proprio che mai come in questa dodicesima edizione del Bif&st, deve essere stata molo difficile la scelta di chi premiare. Le tante, e tutte diverse, tematiche presentate dagli undici film in gara hanno infatti segnalato ottimi lavori di regia, anche per le opere prime.
Parlare dettagliatamente di ciascuno di questi lungometraggi richiederebbe molto tempo e spazio, per cui mi limito a consigliarne la visione quando arriveranno (alcuni di loro) anche sui nostri schermi e a soffermarmi su quelli premiati.
BRUNO REIDAL – CONFESSION OF A MURDERER
Dopo aver assassinato un ragazzo, decapitandolo, il giovane seminarista Bruno Reidal (Dimitri Doré) si consegna subito alle autorità. In carcere, si trova di fronte a una commissione di tre medici, che lo interrogano per settimane cercando di comprendere le ragioni del suo gesto. Nel tentativo di far luce sugli eventi e sulle anomalie che potrebbero aver condotto Bruno a compiere una simile atrocità, lo costringono così a scrivere la storia della sua vita e a ripercorrere il suo passato.
L’opera prima di Vincent Le Port si riferisce ad un omicidio realmente accaduto nel 1905 in una Francia impegnata nella travagliata separazione tra Stato e Chiesa. Ispirato da una quindicina di pagine delle duecento che costituiscono la memoria storica di quel resoconto medico, il film non fa sconti, nemmeno allo spettatore, ancorato ad immagini forti e macabre, non per sadismo ma per poter piano piano portare lo spettatore a costruire il suo personale puzzle interiore sul perché delle pulsioni omicide nell’animo di Bruno Reidal, vittima di abusi e di isolamento sociale: due aspetti presenti non come “giustificazione” ma solo come fredda, normale realtà di tanti. E’ un film particolare, forte, per certi versi macabro, ma o lo si ama o lo si odia pazzamente. Lo sguardo di Le Port sulla vicenda di Bruno resta distaccato, non condanna né assolve ma indaga e,di sicuro, pone degli interrogativi.
Solo per la cronaca, non per voler suscitar un giudizio anticipato, il giovane assassino morì a soli 30 anni in un manicomio.
JUNIPER
Rientrato a casa dal collegio dal quale è stato espulso, Sam (George Ferrier), un adolescente in piena spirale autodistruttiva, scopre che sua nonna alcolizzata (Chrlotte Rampling), una donna forte e tenace, dai modi spesso spiazzanti e brutali, si è trasferita a vivere con lui. Lo scontro tra due personalità volitive e determinate permetterà a lui di aprirsi di nuovo alla vita e a lei di fare i conti con la sua mortalità.
La trama alla base del film non è di certo fra le più innovative. Il tema del conflitto generazionale – acuito e accentuato dalla forte personalità dei protagonisti – è stato infatti fin troppo spesso usato ed abusato. Ma Saville – qui nella veste anche di sceneggiatore – ha saputo renderlo attuale, mai banale o ricorso a facili cliché. E’ un film sul tema più volte trattato nel cinema del conflitto generazionale ma anche sul perdono, il senso di colpa e le tappe emotive della vita. Momenti felici si alternano a vicende dolorose per arrivare ad un finale dal forte impatto emotivo – finanche alle lacrime – man mano che la conoscenza del passato dell’altro e del perché abbia scelto di diventare quel tipo di persona.
THE LAST BUS
L’anziano pensionato Tom (Timothy Spall) attraversa il Regno Unito in autobus, ripercorrendo le tappe del viaggio intrapreso anni addietro con la sua defunta moglie, per tornare nella sua città natale e rivivere i suoi ricordi un’ultima volta. L’ultima fermata del viaggio è Land’s End (Fine della terra), meta, dal nome evocativo, che racchiude il senso di un’intera esistenza. “Il viaggio è più importante della meta”: dice ad un certo momento Tom.
Le varie tappe della narrazione filmica sono collegate dal filo della nostalgia che fa da sottofondo a sentimenti e tematiche le più diverse: dall’amore al lutto, dalla fugacità del corpo all’indifferenza sociale ma anche, forse soprattutto, la memoria.
Tom, nel suo peregrinare tra Cornovaglia, Scozia e Regno Unito, ricerca nel profondo un tempo perduto più che un luogo fisico specifico, un tempo in cui il rispetto degli altri e la solidarietà sociale erano valori prevalenti. Desidera, pur se gravemente malato, riappropriarsi di frammenti della sua vita che ormai è agli ultimi sussulti.
Altri film in gara, tutti ad alto contenuto professionale e basati su sceneggiature mai superficiali, erano:
WU HAI del cinese Ziyang Zhou
THE ROAD TO EDEN di Bakyt Mukul, Dastan Zhapar Uulu (Kirghizstan)
SCARECROW del russo Dmitrii Davydov
WILD MEN del danese Thomas Daneskov
L’ENNEMI di Stephan Streker (produzione Belgio-Francia-Lussemburgo)
PURE WHITE del turco Necip Çağhan Özdemir
THE SAINT OF THE IMPOSSIBLE dello svizzero Marc Wilkins
PLAYLIST del francese Nine Antico
GOODBYE, SOVIET UNION di Lauri Randla (produzione Estonia-Finlandia)