“La forza del singolo è nell’unione”: questo il motto alla base di Marilyn ha gli occhi neri, terzo lungometraggio di Simone Gòdano (Moglie e marito, Croce e delizia), con Stefano Accorsi e Miriam Leone, presentato in anteprima mondiale come film di chiusura della dodicesima edizione del Bif&st, Festival del cinema di Bari. Un film che segna il ritorno insieme della coppia che già apprezzammo per le tre stagioni di 1992, la riuscita serie di Sky sulle vicende di Tangentopoli.
Lui (Stefano Accorsi), cuoco licenziato dopo uno dei suoi violenti scatti d’ira, non sa proprio mentire; lei (Myriam Leone) sa invece solo mentire. Una coppia improbabile, quindi, alle prese con un progetto impossibile.
Clara (Myriam Leone) è talmente brava a mentire in modo imperturbabile da essere la prima a persuadersi delle sue fredde, credibili bugie e sempre convinta di essere un’innocente incompresa. Piena di vita, creativa ma anche caotica, Clara ha qualche problema a tenere a freno le sue pulsioni emotive verso ciò che le accade attorno. Diego (Stefano Accorsi), un uomo provato da duri eventi familiari e lavorativi, balbuziente, con tic facciali e facile agli attacchi d’ira, è il suo esatto contrario: non sa proprio mentire, neanche a volerlo.
Si incontrano in un gruppo di un Centro Diurno per il recupero di persone psicologicamente disturbate e presto si trovano ad affrontare una prova che sa di impossibile: trasformare la sala magna del Centro in un ristorante per dare a loro e al resto del gruppo la possibilità di cominciare a ritrovare un po’ di fiducia in se stessi, evitando però qualsiasi conflitto nel gruppo. Pur non avendo la loro vita mostrato alcuna predisposizione per imprese di successo, i due sono presto testimoni che l’unione delle forze, se supportata dal coraggio, può portare a risultati incredibili. E chissà, magari anche all’amore, perché no!.
La peculiare originalità del film – che ha richiesto due anni di lavoro e ci presenta una storia intima e romantica sulla scoperta del valore di ogni persona e il bisogno di non essere soli – sta nel suo saper affrontare in modo convincente, scevro da retoriche o facili cadute in stereotipi e personaggi come “macchiette”, il tema della diversità in modo divertente ma anche profondo. Ci dice che la vera ricchezza di ogni essere umano sta nel sentirsi libero di essere ciò che sente di essere, anche quando non è né facile né possibile viverlo e comunicarlo emozionalmente agli altri”. “Pensano di avere ragione solo perché sono di più… quelli normali!”: dice Diego per incoraggiare Clara e gli altri componenti del gruppo a farsi coinvolgere nell’impresa “impossibile”.
Con Marilyn ha gli occhi neri ci si commuove, si piange non per eventi drammatici ma per le emozioni che i personaggi sanno esprimere e suscitare. E’ un film che, nel profondo , mette alla berlina anche la modalità di comunicazione di oggi, fatta per lo più di messaggi e foto sui social e non da relazioni fisiche, in prima persona, più propense ad aprirsi al diverso che ci si può trovare davanti che non a rifugiarsi dietro il paravento dei social: ogni relazione in presenza e sempre più stimolante di un freddo messaggio via internet!

“A suggerire le dinamiche di questo film, dallo stile un po’ americano, un po’ nordico – ha detto Simone Gòdano – è stato l’assistere, assieme alla sceneggiatrice del film, Giulia Steigerwalt (Croce e delizia, Il campione), ad una proiezione in una sala cinematografica estiva tenuta da disabili, persone capaci di manifestare in modo forte le loro emozioni, sia nella gioia sia nel dolore”.
Il film, che infonde forze magiche in vite disturbate e ci ricorda che “la gente è stronza, e pure numerosa”, come dice Clara, è prodotto dalla Groenlandia (di Sydney Sybilia e Matteo Rovere) e da Rai Cinema. Sarà in sala il 14 ottobre, con la distribuzione in ben 300 sale: il cinema italiano torna finalmente a respirare profondo?
E veniamo ora alla sezione italiana in concorso al Bif&st che prevedeva sei anteprime.
Del buon, ma non eccellente, Sulla giostra di Giorgia Cecere ne abbiamo parlato ad inizio Festival, con il suo gusto retrò, incentrato sul confronto-scontro tra valori passati e presenti rappresentati da Ada (Lucia Sardo) domestica per tanti anni nella casa in cui è cresciuta Irene (Claudia Gerini), affermata produttrice cinematografica che quella casa ha invece voluto abbandonare molto presto perché “troppo stretta e limitativa” per lei. Per quel film, la sempre più brava Lucia Sardo si è meritata alla chiusura del Festival il Premio Mariangela Melato come “Migliore attrice protagonista”.
La parte del leone l’ha però fatta Querido Fidel, a cui è andato il “Premio Ettore Scola per la Migliore Regia” (Viviana Calò, che del film è anche produttrice) e il Premio Gabriele Ferzetti come “Miglior attore protagonista” (Gianfelice Imparato). Premi che hanno trovato concordi quasi tutti i critici presenti.

Realizzato anche grazie ad una pubblica “raccolta fondi” che ha segnato una collaborazione tra Napoli e la casa di produzione colombiana Cayeye Films, “Querido Fidel” (Amato Fidel, ndr) è una per lo più riuscita commedia familiare ambientata a Napoli nel 1991, cioè in un periodo segnato da grandi cambiamenti dopo la caduta del Muro di Berlino (novembre 1989). Al centro della vicenda, interpretata da un cast tutto napoletano, c’è Emidio Tagliavini (Gianfelice Imparato), un socialista appassionato, figlio di un emigrante morto a Cuba a fianco di Fidel Castro, che ha trasformato la casa in un angolo di quel “Socialismo Reale” voluto da Fidel. Il “nemico” ce l’ha però in casa: è il figlio Ernesto (Marco Mario de Notaris) che, al contrario del padre, vive il sogno americano di una generazione che cresce nel mito del consumo e nell’arroganza del capitalismo.
Si respira molto bene il clima che fa da contorno alla vicenda, con Gorbaciov e la crisi russa sempre più vicina, la fine della Guerra Fredda, il non proprio indolore passaggio del Partito Comunista Italiano al Partito Democratico della Sinistra. Attraverso svariati personaggi, mai macchiette però, si dipana una riflessione profonda su due sistemi di pensiero e di valore contrapposti, su due modi di concepire le relazioni tra gli esseri umani. Emidio intrattiene costanti rapporti epistolari con Fidel, ma un bel giorno il leader maximo smette di rispondergli. Mentre fuori sta finendo la guerra fredda, dentro le mura domestiche della famiglia Tagliavini, e tra i dinamici vicoli di Napoli, si combatte una battaglia sugli ideali.
Querido Fidel è un film che parla di sogni in un mondo che oggi sembra averli purtroppo messi al bando.
Le altre quattro anteprime italiane erano: Tra le onde, di Marco Amenta; Bentornato papà, di Domenico Fortunato; The Italian Banker, di Alessndro Rossetto e La vera storia di Luisa Bonfanti, di Franco Angeli. Quattro registi davvero promettenti, ma purtroppo danneggiati da sceneggiature non “corpose” e poco coraggiose, o con vicende “inutili”, come la storia d’amore tra i due giovani in Bentornato papà, pur se ben diretto.