Nello spettacolo Spanker Machine, scritto e diretto da Tiziana Troja e con Michela Sale Musio (Le Lucide), la protagonista Anita, un Otaku Celato, governa la sua casa domotica come una roccaforte inespugnabile. Attraverso i travestimenti dei suoi personaggi preferiti (Sailor Moon, Anna dai capelli rossi, Oren Ishii), attraverso le loro storie, ripercorre quotidianamente tutti i passaggi traumatici della sua vita e ci racconta il tormentato rapporto con sua madre, che non ha mai accettato la controversa sessualità della figlia e l’amore sconfinato per Marco.
Ci raccontate la genesi di questo progetto?
“Sono diversi anni che abbiamo iniziato una ricerca sul mondo delle solitudini. Nel 2013 con lo spettacolo Bastardi/Bastarsi abbiamo portato in scena la storia di cinque personaggi, che sebbene fisicamente coinquilini esploravano distanze emotivamente siderali. Da quello spettacolo è poi nata una trilogia, Vito, un monologo grottesco che racconta la storia di un aguzzino, spaventato dalla vita, ossessionato dal cibo, che trascorre la sua esistenza dentro un armadio. La sua paura di affrontare il mondo lo porta ad odiare tutte le persone, perfino sua moglie, tanto da arrivare ad ammazzarla. Poi Tiziana come autrice e regista ha diretto Mezzo Toro tratto da La casa di Asterione di Borges, un minotauro che seduce e uccide le proprie vittime in nome dello Stato compiacente. Con Uno è trino vanno in scena tre vicende di uomini profondamente isolati dal mondo esterno, isolati nella famiglia, al lavoro, nelle relazioni. Tutti i lavori sono stati interpretati dall’attore Felice Montervino. Chiusa la trilogia maschile ci sembrava doveroso dedicarci ad un personaggio femminile. È nata così l’idea di creare un personaggio per Michela, in uno spettacolo scritto e diretto da Tiziana. In Spanker Machine la solitudine è incarnata da Anita, l’Otaku celato.”
Quali sono i punti di forza dello spettacolo? Perché è da vedere?
“Il punto di forza è la storia di Anita, così incredibilmente lontana dalla convenzionalità ma così profondamente semplice nei sentimenti, nella dolcezza, nella tenerezza, accompagnata da una cinica ironia. È uno spettacolo da vedere perché scava nell’abisso dell’animo umano e ci insegna a guardare gli esseri umani con uno sguardo impegnato e non superficiale.”
Cosa significa per voi andare in scena a New York?
“Per un artista portare il proprio lavoro al di fuori dei territori familiari è una vera sfida. New York è una sfida. Ma crediamo sia così per tutti quelli che la devono affrontare, in ogni campo.”
Anita, un Otaku Celato, è la protagonista dello spettacolo, parlateci un po’ di lei e del suo mondo.
“Anita, la protagonista, un Otaku Celato, vive e governa la sua casa come una roccaforte inespugnabile. Attraverso i travestimenti dei suoi personaggi preferiti degli Anime (Sailor Moon, Anna dai capelli rossi, Oren Ishi) e attraverso le loro storie, incredibilmente parallele alla sua, ripercorre quotidianamente e ossessivamente tutti i passaggi traumatici della sua vita, dall’infanzia all’adolescenza, la giovinezza, fino ad arrivare all’età adulta. Passaggi che ci raccontano il tormentato rapporto con sua madre, una donna manipolatrice e ossessiva, che non ha mai accettato la controversa sessualità della figlia. La sua casa è il suo rifugio assoluto e territorio inesplorato e impenetrabile. Il suo amore per Marco sarà l’unica via d’uscita dal labirinto dei suoi pensieri.”
Cos’è e cosa rappresenta la Spanker Machine?
“La Spanker Machine, la macchina delle sculacciate di Anita, è uno strumento autopunitivo che la protagonista utilizza quotidianamente come monito e rituale del rapporto perverso con sua madre.”
Ora una domanda per Michela. Come hai costruito il personaggio di Anita? Ti sei ispirata a qualcuno in particolare?
“Costruire il personaggio è una delle avventure più sorprendenti per ciascun attore e sicuramente uno dei più rilevanti motivi che mi spinge a fare questo mestiere. Anita è un personaggio estremamente complesso, che si sviluppa su numerosi livelli e in scena segue un flusso di coscienza variegato e faticoso per chi lo deve interpretare. Ho dapprima esplorato il mio gender interiore, non solo confrontandomi con un mondo a me caro e molto vicino, ma con le mie realtà di bambina/bambino. Da piccola ho fortemente desiderato essere un maschio e anche una femmina, il mio sogno in realtà sarebbe stato poter essere entrambi quando volevo io, ma questo non riguarda Anita, per quanto, proprio quel ricordo mi ha spinto a comprendere bene il disagio di ritrovarsi in un corpo che non ci appartiene del tutto. Difficile spiegare l’avvicinamento a un personaggio così enorme come lei, senza correre il rischio di sembrare troppo superficiali.
Ho naturalmente esplorato molte parti di me, poiché la struttura psicologica di Anita ha tante maschere che escono più o meno marcatamente durante lo spettacolo. La rabbia e l’impotenza, il bisogno disperato di accoglienza nella relazione con la madre, un padre inesistente e i sentimenti che questo fa conseguire, la relazione con Marco, il suo uomo, una relazione che mette in gioco tanto del maschile di Anita e tanta parte delle sue bellissime qualità femminili. L’amore di Anita per le sue parti femminili è viscerale e va trattato con molta cura, Anita cresce ad ogni replica, è uno di quei personaggi che ti consentono di portare avanti il suo studio all’infinito. Una cosa sopra ogni altra è certa, a vent’anni non sarei mai stata in grado di mettere in scena una donna così complessa, mi sento di dire che solo oggi, grazie alle mie esperienze esplorative, e nel campo della psicologia, ad un lavoro tenace che non prevede stanchezze di alcun tipo, riesco a comprenderla bene, magari non benissimo, mai al cento per cento, ma bene, questo sì.”
Spanker Machine andrà in scena presso BAAD (Bronx) il 30 aprile alle ore 20.30 e presso il Bernie Wohl Center (Manhattan) il 4 maggio alle ore 20.30.
Per maggiori info: InScena!