Si è conclusa a Milano, sulle ali di un continuo successo di pubblico e di lungometraggi e corti di qualità, la 29.esima edizione del FESCAAAL-Festival del cinema di Africa, Asia e America Latina. Un’edizione che non solo ha ribadito la validità, e la necessità, di un continuo confronto, culturale e sociale, con mondi cinematografici diversi: valore propedeutico per una comprensione, e disponibilità, da parte delle giovani generazioni verso la multietnicità delle società future, che lo si voglia o no.
E’ per questo che non si può non rimarcare ancora una volta l’iniziativa del 1° MiWorld Young Film Festival – MiWY, un “festival nel festival” che rappresenta in Italia la prima e unica rassegna di cinema per le scuole, interamente dedicato alla conoscenza delle cinematografie e delle culture di Africa, Asia e America Latina e all’educazione interculturale.
Il festival è organizzato e promosso da COE-Associazione Centro Orientamento Educativo, una ong che dal 1959 promuove progetti di cooperazione culturale nei 3 continenti, con particolare attenzione alla promozione di arte e cultura.
I premi sembrano aver espresso molto bene l’attenzione del pubblico, studenti e no, per tematiche proprie della società internazionale di questo momento.
Gli studenti hanno premiato come migliore cortometraggio “Tangente“, di Julie Jouve e Rida Belghiat (Per Florie, una giovane carcerata, la partecipazione ad una maratona subacquea rappresenta l’occasione di mettersi alla prova e il riscatto da una vita segnata da soprusi e violenze, prima del ritorno in carcere) e come lungometraggio “Induced Labor“, dell’egiziano Khaleb Diab: una divertente commedia con sottofondo di denuncia politica sulla realtà dell’immigrazione. Il film mostra una coppia egiziana che cerca disperatamente di ottenere il visto per gli Stati Uniti e per raggiungere lo scopo, quando ormai mancano poche ore al parto, decide di “occupare” l’ambasciata americana al Cairo cosicché il figlio nasca in territorio americano ed abbiano quindi il diritto automatico al visto. Ma non tutto va come previsto… Il regista ci ha detto che una grossa casa di produzione americana – non ne ha fatto il nome – gli ha chiesto di rifare lo stesso film ad Hollywood, ma la coppia sarà di nazionalità messicana.
La giuria docenti ha invece voluto premiare “Yommedine“, dell’egiziano Abu Bakr Shawky, film incentrato sulla figura di Beshay, ultimo lebbroso rimasto del nosocomio, nel deserto egiziano, dove la famiglia l’ha abbandonato da bambino. Dopo la scomparsa di sua moglie, decide per la prima volta di partire alla ricerca delle sue origini. Prende sotto la sua protezione un orfanello e insieme vanno alla ricerca di una famiglia. Al racconto on-the-road si affiancano i temi del “mostro gentile” e della risalita alle fonti di se stessi con orizzonte l’attuale Egitto.

Se l’Egitto ha spopolato nel mondo studentesco, ben più differenziato sono stati gli altri riconoscimenti.
Il Premio Comune di Milano al Miglior Lungometraggio della sezione “Finestre sul Mondo” andato al film “Baby“, del cinese Liu Jie, già vincitore della sezione Orizzonti alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2006 con “Courthouse on Horseback.“
Baby racconta di una giovane donna abbandonata da bambina a causa della sua disabilità e affidata a una coppia, che però, raggiunta la maggiore età, deve per legge abbandonare la madre adottiva e rendersi indipendente. La ragazza oppone una strenua resistenza perché vuole rimanere con la donna che l’ha accudita. Trova lavoro come addetta alle pulizie in un ospedale e assiste a un padre che non vuole curare la figlia appena nata con gravi problemi di salute. Il film si sviluppa narrando il testardo tentativo della ragazza di salvare la bambina contro i familiari, il sistema assistenziale e la polizia. Alla fine, la giovane non riesce nel suo intento e dovrà scendere a patti con se stessa e con la società che le sta intorno. Da apprezzare anche la scelta di Liu Jie di seguire la protagonista con una camera a mano, dando così un taglio per certi versi “documentaristico” a “Baby“.

Prima di scrivere la sceneggiatura, il regista è andato ad intervistare molti di questi bambini diventati adulti in un villaggio in cui c’erano centinaia di famiglie affidatarie. Ai tempi di Mao Tse-Tung, della rivoluzione culturale, la politica del figlio unico voluta dal governo cinese spingeva psicologicamente molte famiglie ad abbandonare il figlio disabile: Liu Jie ci ha però fatto sapere che, dopo la soppressione della legge in Cina, questa consuetudine, invece di diminuire, è aumentata, come rilevano i anche le fonti statistiche.

Ad accaparrarsi il premio del pubblico Città di Milano è stato “Los Silencios“, della brasiliana Beatriz Seigner (regista del premiato in diversi festival “Bollywood Dream” nel 2009), che ha firmato anche la sceneggiatura. Il film è ambientato in un’isola amazzonica al confine tra Brasile, Colombia e Perù sulla quale, per fuggire dal conflitto armato colombiano, Nura e Fabio, assieme alla madre Amparo, si trasferiscono. Un giorno, all’improvviso, il maritoche si pensava morto in un incidente, appare nella nuova casa, silenzioso: un dramma socio-politico segnato da presenze “spettrali”.

“Divine Wind“, diretto dall’algerino Merzak Allouache ha ricevuto il premio SIGNIS, assegnato da The World Catholic Association for Communications. In mezzo al deserto del Sahara algerino il giovane Armine attende l’arrivo del suo superiore: una misteriosa donna velata di nero, di nome Nour. La loro missione è compiere un attentato ad una centrale petrolifera e attendono istruzioni. Tra i due nasce progressivamente un legame che indurrà ancora più dubbi, emozioni e disperazione nei due giovani che si preparano a morire.
E veniamo ai cortometraggi.
“Brotherhood” del tunisino Meryam Joobeur si è assicurato il Premio Migliore coretometraggio africano e il Premio SONUGAL (Associazione socio-culturale nata per iniziativa di un gruppo di cittadini stranieri, in gran parte senegalesi, ed italiani, con l’obiettivo di favorire iniziative di scambio tra i due paesi). Sin dalla “rivoluzione del gelsomino” avvenuta in Tunisia nel 2011, circa 6-7 mila tunisini lasciarono il paese per arruolarsi nell’Isis. Circa 700 di loro sono ritornati in Libano: il regista apre una tragica, intima finestra su Mohamed, pastore e uno di questi giovani ritornati, ripresentatosi in famiglai con una sposa misteriosa.
Il CINIT (Cineforum Italiano – Associazione laica, ispirata ad un umanesimo cristiano) ha voluto premiare il cortometraggio “Yasmina“, di Claire Cahen e Ali Esmili: la 15enne Yasmina è la giovane promessa di una squadra di calcio. Brava e piena di grinta, è determinata ad affermarsi nel mondo dello sport. Quando arrestano il padre clandestino, la ragazza deve decidere se nascondersi o giocare la partita più importante per il suo futuro.

Infine, la Giuria del Concorso EXTR’A ha premiato il corto “La Gita” di Salvatore Allocca (premiato all’ultimo Festival di Venezia): racconta la storia di due adolescenti, Magalie, studentessa cresciuta in Italia da genitori senegalesi, talmente napoletana da parlarne anche il dialetto, e Marco, un suo compagno di classe, affrontando il tema dei diritti di cittadinanza nel nostro paese. Una storia d’amore e di diritti violati in un’Italia che mai come in questo momento storico fa i conti con il razzismo e la xenofobia.