Esce nelle sale il 27 dicembre “La Befana vien di notte”, il nuovo film di Michele Soavi che vede protagonisti Paola Cortellesi e Stefano Fresi. Il regista, grande maestro del cinema horror italiano degli anni Novanta, si è messo in gioco con un genere totalmente differente, quello del fantastico, grazie anche alla piacevolissima sceneggiatura firmata da Nicola Guaglianone (“Lo chiamavano Jeeg Robot“, “Indivisibili“, “In viaggio con Adele“).
Si tratta di una favola di Natale , una commedia frizzante e romantica che ha molteplici elementi dei classici film per ragazzi degli anni ’80 (“The Goonies“, “ET-L’extraterrestre“, “Gremlins“, ed altri), presenta un riuscito connubio tra gli effetti speciali e uno “spirito americano” contaminato dalla nostra cultura popolare ed infine “spiazza” tutti offrendoci una Befana rivisitata, moderna, femminista (gran denigratrice di Babbo Natale) e ora anche capace di rischiare un’avventura amorosa!
Il film racconta la storia di Paola, una maestra elementare che nasconde un magico segreto: di giorno è tra i banchi di scuola ad insegnare ai bambini, di notte si trasforma nella vecchietta italiana più famosa, la Befana (personaggio inventato circa 500 anni fa nel nostro Paese e quasi inesistente all’estero). A ridosso del suo giorno da protagonista, il 6 gennaio, viene rapita da Mr. Johnny, un bizzarro produttore di giocattoli: quest’ultimo proprio la vecchietta avrebbe fatto passare, tanti anni prima, una brutta Epifania, anche se inavvertitamente. Chi correrà in aiuto della maestra-Befana Paola? Sei suoi alunni che, dopo aver assistito al rapimento e scoperto la sua doppia identità, decidono di montare in sella alle loro biciclette e andare in suo soccorso vivendo una straordinaria avventura.

La Befana vien di notte, regia di Michele Soavi, direttore della fotografia Nicola Pecorini;
con Paola Cortellesi (Befana) e Stefano Fresi (Mr Johnny).
2017-2018
Con lei e Stefano Fresi abbiamo parlato del loro ultimo lavoro, “La befana vien di notte“
Iniziamo con il sorriso! Cortellesi, dopo questo film i suoi nemici le diranno “Ah Befana!!”, come vive il tutto?
“Sì, potrebbero pensarlo e dirlo. Quella Befana! Però chi guarda il film capirà che può anche essere un complimento perché questa Befana è una gran donna, anzi due!”
Il make up deve essere stato una scocciatura non indifferente…
“Sì, ma mi ha aiutato il fatto di essermi sottoposta già altre volte all’estenuante passaggio del trucco, che però in televisione è sempre durato meno, qualche ora al massimo. Lorenzo Tamburini (lo stesso di “Dogman”, ndr) ha ideato e curato il make-up mio e di Stefano Fresi. Per il mio ci son volute ogni volta almeno 5 ore, prima di cominciare le dieci ore di riprese. Un lavoro impegnativo, in tutti gli aspetti, però quando ero stanca mi bastava vedere come andava progredendo il lavoro, i movimenti del viso che mi poteva permettere, nonostante dei pezzi del volto fossero completamente coperti, per farmi dimenticare le tante ore di make up. Una grande soddisfazione”. Un grande sforzo fisico, sicuramnte, basti pensare che magari un giorno alle 10 dovevamo iniziare le riprese sul set e quindi dovevo uscire di casa nel cuore della notte per consegnarmi in tempo al truccatore. Vabbé, è il nostro lavoro, che comunque ci piace”.
E a proposito di sforzo fisico, il film prevede anche cadute, inseguimenti…
“Le abbiamo fatte, benissimo: chiaramente con l’aiuto di alcuni stuntmen, coordinati da Emiliano Novelli, la cui bravura la conosciamo ormai da tanti anni (“È il motivo per cui mia moglie ha ancora un marito”, aggiunge ridendo Stefano Fresi). Ci hanno insegnato come rendere certe cose credibili, accorgimenti molto interessanti. Io sono andata a mimare il volo della scopa sul Macomoco, che una specie di braccio che si muove in tutte le direzioni: si muove come sulle montagne russe, tu sei completamente imbragato e così fingi di volare, sullo sfondo il chromakey”
Cosa l’ha attratta ad interpretare questo personaggio, al di là di una chiamata di lavoro? E cosa ameranno i bambini di questa Befana?
“La cosa che mi è piaciuta subito quando mi hanno chiesto di interpretarlo è che questo è un film di genere e in Italia se ne fanno pochi, li importiamo spesso dagli Stati Uniti. Mi piaceva fare un film di genere, sono cresciuta con i film di genere, film per bambini, film d’avventura, e questo film ha in sé tantissimi significati e in più non scopiazza nessuno, dal momento che la protagonista è una Befana italiana, cioè una protagonista tutta italiana, perché la Befana è un personaggio tutto proprio italiano, che altri Paesi non hanno. Mi piaceva quindi che facessimo un film di genere tutto italiano che è già negli occhi dei ragazzi, ma anche nelle persone della mia età, però rielaborato in chiave più moderna. E’ così un film non solo per i bambini ma anche per gli adulti, perché è un film ironico, perché poi la Befana non è una buona vecchina da santificare, ma anzi un personaggio che borbotta e tira fuori ogni tanto anche qualche parolaccia, una vecchina verace. Mi piace che i bambini abbiano un film che piace non solo a loro ma anche agli adulti che li accompagnano, perché questo è un film fatto per alimentare i sogni, la fantasia e per far ricordare agli adulti com’erano loro da bambini”.
Cambierebbe la scopa con un ombrello?
“Di Mary Poppins ce n’è una sola, è un personaggio (Julie Andrews, ndr) inarrivabile. Sono cresciuta con il film originale, non conosco il sequel, ma comunque no, non cambierei la scopa con un ombrello, anche perché l’ombrello è orai già stato acquisito mentre la scopa, nell’audience internazionale, è una novità, perché è una cosa solo italiana. E poi anche perché la Befana è una donna che tutti trovano brutta, però in questa storia ha anche un amore, in cui lei di fattoi, all’inizio, non ripone nessuna fiducia, dal momento che a mezzanotte diventa un qualcosa che non può piacere a nessuno, e invece, secondo me cambia perché trova occhi e gesti amorosi, amorevoli, che l’accettano per come è. Piace ad ogni donna sentirsi dire ‘Mi piaci coì come sei, pur se sei una cozza’. Gli ochi dei bambini l’ameranno”.
Una definizione su di lei e che sia “la moderna Monica Vitti”.
“No. Monica è una grande attrice, a cui certo faccio riferimento, cerco di imitarla ma lei è uno dei riferimenti culturali del nostro Paese, della nostra storia cinematografica, ma anche televisiva. È una donna che ha in sé tutti i generi possibili e che ha avuto modo e coraggio nella sua epoca di sperimentarli tutti, non restando però mai prigioniera di un’etichetta, di un genere. Un’attrice che ha lavorato nei film di Antonioni ma che è anche riuscita a riportare in televisione l’avanspettacolo. Ha in sé tutte le qualità che mi piacciono, e che ammiro, in una grande attrice. Tanti film seri ma anche quelli carichi di comicità. Quindi, guai a paragonarmi a lei. Mi fa piacere che qualcuno lo pensi, perché è un grandissimo complimento, ma non mi permetterei mai di paragonarmi a lei”.
Tante volte lei partecipa alla scrittura della sceneggiatura dei film in cui recita: perché? Per bisogno di maggior controllo? Che piacere prova nello scrivere?
“No, non è per bisogno di controllo. Per vent’anni ho fatto anche l’autrice televisiva di molti sketch, che è tutto un altro tipo di scrittura, poi ad un certo punto qualcuno mi ha chiesto di dare una mano nella scrittura della sceneggiatura, com’è stato per esempio per ‘La befana vien di notte’: e cos’ a poco a poco ho imparato a scriverle, con un lavoro di squadra con Giulia Calenda, Furio Andreotti e Riccardo Milani (abbiamo scritto per ora solo tre film). Per me è una buona distrazione, non per motivo di controllo. Mi piace creare delle storie e poi mi permette di parlare di un argomento che mi sta molto a cuore, e di cui si parla meno, cioè quello femminile. Film con storie incentrate sulle donne di solito sono di meno: se quindi posso scriverne mi fa piacere”.
“Aggiungo – dice Stefano Fresi – che per un attore lavorare in un film con un’attrice che è anche sceneggaitore del film, è una bella cosa da augurarsi perché se hai quel guizzo particolare, la voglia di aggiungere una cosa, ne puoi discutere con una persona che ha una visione totale del film e quindi il rapporto con quel film è maggiormente positivo”.