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December 22, 2018
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La Divina Commedia, poema universale che fa recitare insieme studenti e carcerati

Il magnifico Dante può portare all'impresa di farlo interpretare dai carcerati con gli studenti in USA e nelle piazze italiane fino al Kenya

Stefano AlbertinibyStefano Albertini
La Divina Commedia, poema universale che fa recitare insieme studenti e carcerati

Un'immagine della recita di "Dante Behind Bars" alla casa Italiana Zerilli Marimò della New York University (Foto Alex Fiszbein)

Time: 3 mins read

Cosa hanno in comune una dozzina di detenuti del carcere di massima sicurezza MacDougall-Walker nel Connecticut appaiati a una dozzina di studenti di teologia di Yale, 140 ragazzini di Kibera, il più grande slum dell’Africa, alla periferia di Nairobi, e un migliaio di cittadini di Ravenna? Hanno in comune di essere riusciti a realizzare un’impresa ai limiti dell’impossibile: hanno portato in scena la Divina Commedia di Dante in posti così lontani e diversi, trasformando in rappresentazione teatrale il poema per eccellenza.

Marco Martinelli con i ragazzi di Kibera, Kenya, recita Dante

A partire dagli anni ’60 nelle università americane cominciò da parte di studenti e professori la protesta contro i cosiddetti ‘maschi bianchi morti’ che dominavano in maniera esclusiva il curriculum di tutte le discipline.  Da quegli anni, alcuni sono stati mandati in pensione e qualche donna, insieme a qualche esponente di minoranze etniche o di genere, è riuscita ad entrare a fatica nel canone letterario e artistico. Ma un nome non è mai stato messo in discussione: quello di Dante. E così, anche nelle università più piccole dove non c’è nemmeno un docente di letteratura italiana, un corso sulla Commedia si trova comunque.

In Italia, nemmeno la scuola sembra sia riuscita a rendere odioso Dante a generazioni di studenti, nonostante abbia fatto di tutto per presentarlo, in maniera limitativa, alternativamente come poeta teologo o come poeta nazionale.  Dante è riuscito persino a sopravvivere ai dantisti delle università. A Firenze ce n’era uno che si vantava di dedicare un intero corso alla spiegazione di una terzina: un’operazione di una pedanteria filologica tale da smontare la passione del lettore più entusiasta.

E così Dante, che è sopravvissuto alle femministe americane e ai filologi italiani, trova sempre nuova vita fuori dalle aule scolastiche, soprattutto in questi anni che portano al settimo centenario dalla sua morte (2021). Una vita teatrale, anche se lontana dai palchi dei teatri tradizionali, in cui i versi originali della Commedia si intrecciano con riscritture che testimoniano l’universalità del suo viaggio ultraterreno.

Da anni Ron Jenkins, docente di teatro a Yale e a Wesleyan, offre corsi in cui detenuti vengono appaiati a studenti e insieme, senza incontrarsi di persona, lavorano a una riscrittura della Commedia che parte dalle esperienze personali dei carcerati. I versi di Dante, che fu a sua volta imputato e condannato a morte in contumacia, non potrebbero trovare lettori più attenti e ricettivi e il suo percorso di cambiamento e conversione diventa per loro un programma di vita.

Un’immagine di “Cantiere Dante” a Ravenna

Ermanna Montanari e Marco Martinelli, cuore e anima del Teatro delle Albe, una delle più innovative e importanti compagnie italiane, durante un recente tour a New York, hanno parlato del loro “Cantiere Dante”. L’iniziativa, che fa parte del Ravenna Festival ha visto l’estate scorsa la partecipazione di un migliaio di cittadini/attori che, per oltre un mese, sono stati attivamente coinvolti alla performance itinerante che si è snodata dalla tomba di Dante per strade, piazze e chiese della città che lo accolse e ne custodisce i resti. 

Marco Martinelli ha anche portato questa esperienza agli ideali antipodi di Ravenna, nello slum di Kibera, in Kenia, dove i ragazzi con cui ha lavorato non avevano, ovviamente, mai sentito parlare di Dante e della sua Commedia. Ma quando Marco ha cominciato a raccontare la storia di Dante: “C’è un uomo solo, in una foresta, si è perso e ha paura; sente arrivare tre bestie feroci…” i ragazzi di Kibera l’hanno interrotto e gli hanno detto: “Questa la conosciamo: è la nostra storia!”. E così è cominciata una rilettura della Commedia alla luce della loro esperienza. E  questa performance è diventata una grande processione che ha coinvolto l’intera baraccopoli. Anche a Kibera oggi, come a Firenze nel ‘300, chi si ritrova nella selva oscura vuole uscire a riveder le stelle.

Marco Martinelli con gli studenti di Kibera, Kenya, per la recita di Dante
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Stefano Albertini

Stefano Albertini

Sono nato a Bozzolo, in provincia di Mantova. Mi sono laureato in lettere a Parma per poi passare dall'altra parte dell'oceano dove ho conseguito un Master all'Università della Virginia e un Ph.D. a Stanford. Dal 1994 insegno alla New York University e dal 1998 dirigo la Casa Italiana Zerilli Marimò dello stesso ateneo. Alla Casa io e la mia squadra organizziamo un centinaio di eventi all'anno tra mostre, conferenze, concerti e spettacoli teatrali. La mia passione (di famiglia) rimane però l'insegnamento: ho creato un corso sulla rappresentazione cinematografica della storia italiana e uno, molto seguito, su Machiavelli. D'estate dirigo il programma di NYU a Firenze, ma continuo ad avere un rapporto stretto e viscerale col mio paese di origine e l'anno scorso ho fondato l'Accademia del dialetto bozzolese proprio per contribuire a conservarne e trasmettere la cultura. I was born in Bozzolo (litterally 'cocoon') in the Northern Italian province of Mantova. I obtained my degree from the University of Parma, after which I moved to the other side of the ocean and obtained my Master’s from the University of Virginia and my Ph.D from Stanford. I have been teaching at New York University (NYU) since 1994, and I have been running the Casa Italiana Zerilli Marimò of NYU, since 1998. At the Casa, we organize more than one hundred events annually, including exhibitions, conferences, concerts and theatrical performances. My personal passion, however, continues to be teaching: I created a course on the cinematographic portrayal of Italian history, and one on Machiavelli in its historical context. I also run the NYU program in Florence every summer. I continue to have a close and visceral relationship with my town of origin, and 2 years ago, I founded the Academy of the Bozzolese Dialect to conserve and promote the local culture.

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