Dal 30 novembre al 2 dicembre tornerà nella Bay Area il “New Italian Cinema”, giunto alla sua 22sima edizione. Il NIC è frutto della collaborazione fra il NICE (New Italian Cinema Events) di Firenze e l’Istituto Italiano di Cultura di San Francisco, con il prezioso sostegno del Consolato Generale. La direttrice del NICE, Viviana del Bianco, Franca Cavallaro e Manlio Gullotta dell’Istituto di Cultura Italiano, il Console Lorenzo Ortona e la produttrice del Festival, Nancy Fishman, sono il team vincente che ogni anno porta il meglio del nuovo cinema contemporaneo nella Bay Area.
Il Console Ortona esprime piena soddisfazione per questa edizione, che si apre con un film come “Quanto Basta”, una “scelta davvero felicissima”, visto che “mette insieme la passione culinaria italiana e l’autismo in modo delicato, leggero ed incoraggiante”.
Inoltre, aggiunge il Console, “è importante sottolineare come in questa edizione ci siano molti più documentari, spesso trascurati e meno conosciuti all’estero, ma che invece sono parte integrante dell’industria cinematografica italiana”.
“Quanto basta” è una frase che si ripete nelle ricette culinarie, che invita chi cucina ad usare la quantità che meglio possa servire per giungere ad un determinato risultato, che soddisfi sia lo chef, sia chi assaggerà il suo piatto. Così è anche nella vita, si sceglie quanto dare e a chi, si decide o si accetta “quanto basta” ad ognuno di noi per essere felici, per trovare una strada di serenità ed equilibrio fra le avversità e i problemi di ogni giorno.
Nel film del regista grossetano Francesco Falaschi (che presenzierà alla proiezione della sua opera a San Francisco) ci sono due vite che si incrociano, quella di uno chef stellato con forti problemi di aggressività e quella di un ragazzo con la sindrome di Asperger. Entrambi riusciranno a migliorarsi aiutandosi vicendevolmente, in una storia semplice e a tratti anche divertente, interpretata da Luigi Fedele, Valeria Solarino, Vinicio Marchioni e Alessandro Haber. Lo chef Arturo (Marchioni) inizialmente tratta il giovane Guido (Luigi Fedele) senza filtri né timore di ferirlo, ma con l’aiuto di una psicologa (Valeria Solarino) riusciranno entrambi ad entrare in sintonia con gli altri, come mai successo prima. La passione per la cucina diventa il terreno fertile sul quale fioriranno amicizia e amore.
Al New Italian Cinema saranno presenti dall’Italia, oltre al regista Falaschi, anche i registi Andrea Magnani (Easy), Silvia Bellotti ( Open to the Public), Gianmarco d’Agostino (One step at a Time). Ricordiamo come prestigiosi ospiti delle precedenti edizioni: Paolo Sorrentino, Carlo Virzì, Valeria Golino, Edoardo Ponti, Silvio Soldini, Nanni Moretti, Salvatore de Mola, Valentina Carnelutti.
In occasione dell’apertura del Festival a San Francisco abbiamo fatto qualche domanda a Viviana del Bianco, direttrice del NICE dal 1991, promotrice del nuovo cinema italiano indipendente negli USA, Russia e Cina, corrispondente e inviato di Vogue Italia dal 1994 e talent scout di nuovi registi.
Viviana del Bianco, sono 28 anni che lei si occupa di cinema, portando in giro per il mondo il cinema italiano contemporaneo, ma non solo: si occupa di scoprire nuovi talenti e film makers emergenti. Quali sono i criteri su cui basa la scelta di includere questi artisti e le loro opere nel NICE film festival? “I criteri per la selezione dei film sono basati sulla capacità da parte del cinema di offrire non solo svago, sogno, evasione dalla realtà, ma pure di facilitarne la comprensione anche quando quest’ultima risulta dura e difficile. A mio avviso, il cinema è infatti un ottimo mezzo di conoscenza di ogni aspetto della società contemporanea, come ad esempio il fenomeno dell’immigrazione, la diversità sessuale, la preservazione dell’ambiente, i vari modi e stili di vita, ecc. Tutto ciò emerge attraverso la presentazione di una pluralità di generi e tematiche che appaiono sia nei film in concorso che in quelli fuori concorso. Scoprire nuovi talenti che con le loro opere si facciano portatori di tali contenuti con estro artistico e carica inventiva è un compito che talvolta appare frustrante, ma poi ci ricompensa con inaspettate soddisfazioni”.
Quali sono i registi che nel tempo le hanno dato maggiore soddisfazione, le scoperte che le hanno confermato che la sua visione era giusta?
“Quando penso alle prime opere di giovani registi quali ad esempio Archibugi, Comencini, Garrone, Golino, Martone, Sorrentino, Soldini, Virzí, tanto per citarne alcuni, in cui abbiamo individuato quella genialità che poi li ha resi famosi , non posso fare a meno di emozionarmi. Molti di loro sono oggi considerati dei maestri noti a livello internazionale, ultimo in ordine di tempo Paolo Sorrentino, vincitore dell’Oscar 2013. Questo conferma quanto l’intuizione della nostra scelta nei vari festival NICE possa rivelarsi un concreto contributo alla storia del cinema italiano d’autore”.
Quali sono le novità di questa edizione 2018 negli Stati Uniti?
“Ancora una volta originalità e qualità dei lavori presentati nell’edizione N.I.C.E. non si fanno desiderare nei sei film in concorso e nei tre inclusi nella sezione di eventi speciali. A questo si aggiunge la volontà di ampliare il raggio d’azione del Festival portando per esempio i film anche nelle varie Università in loco, come per esempio Santa Clara University nella Silicon Valley, Penn University a Philadelphia, Princenton University in New Jersey e New York University. In tal modo vogliamo venire incontro ad una domanda che proviene dal pubblico americano più giovane, interessato alla nostra cinematografia. Nello stesso tempo riteniamo utile confermare il criterio di selezione dei film basandoci sulla varietà dei temi proposti. Ci sono film talvolta drammatici che narrano storie di disagio sociale, legati a problemi inerenti al mondo della criminalità e corruzione, (la Terra dell’Abbastanza) o a sfere più personali come la crescita adolescenziale, (Assoluto presente, Manuel, Easy) ma pure commedie che, seppure fanno ridere, sono giocate sul filo di un’ironia che mette in evidenza le difficoltà sociali del mondo di oggi (Hotel Gagarin, Finche c’è un prosecco c’è speranza, Quanto basta). Esiste poi quella grande tradizione cinematografica fatta da grandi maestri che continua a porsi come ricchezza a cui attingere (Un te’ con Mussolini), mentre la presentazione di documentari (Aperti al Pubblico, Tutto il mondo piano piano, Gli ultimi butteri) dimostrano come questo tipo di genere possa costituire un eccezionale incubatore di idee e stili che poi si riflettono anche nella produzione dei lungometraggi”.
Da esperta del settore, cosa consiglierebbe a giovani e talentuosi registi italiani? E soprattutto, l’industria cinematografica italiana è in buona salute? “Molti dei nuovi registi dimostrano di saper cercare la propria strada e hanno una loro estetica autonoma, anche se talvolta ispirata alla tradizione. Riescono a farsi apprezzare sia in patria che all’estero, raccontando con diverse tecniche e modalità, talvolta con semplicità ma anche con forte capacità di convincimento, i problemi difficili della nostra odierna società. Consiglierei loro di continuare su questa strada, di non farsi influenzare da effimere mode e soprattutto di non creare prodotti che abbiano solo come obiettivo il successo commerciale. L’industria cinematografica italiana è oggi in crescita e ha riconquistato il mercato a riprova della bravura dei registi e delle produzioni. Dopo un periodo di “morte apparente” negli anni ‘90, in cui le produzioni degne di nota sono state scarse, la tendenza del cinema italiano sembra invertita grazie alle idee originali di giovani registi: citiamo su tutti Smetto quando voglio di Sydney Sibilia (2015) e Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Marinetti (2016) campione di incassi”.
Quali sono, a suo parere, i Paesi esteri che maggiormente apprezzano la cultura e la cinematografia italiana? Ad esempio, ci sono paesi che l’hanno favorevolmente colpita e da cui non si aspettava così tanto interesse?
“Per me gli Stati Uniti, iniziando da New York e San Francisco, hanno costituito il mio primo sogno, ma per il Festival avere tra gli spettatori degli americani, al di là di quelli di origine italiana non è stato così facile. Ci sono voluti degli anni e tuttavia, pazientemente, siamo riusciti nell’intento. In Russia invece, un Paese su cui avevo poche aspettative, ho scoperto un grande entusiasmo nel giovane pubblico che affollava le sale. Da Mosca a San Pietroburgo siamo riusciti nel tempo ad allargare il festival e portarlo in ben sedici città. Ricordo poi con piacere altri Paesi come il Marocco dove le sale erano sempre piene di spettatori locali”.
Quali altri progetti ha in cantiere e quale è il film italiano che spera entri in concorso come miglior film straniero ai prossimi Oscar?
“Dogman di Matteo Garrone, un vero cinema d’autore, raffinato, che non fa ridere, anzi ci lascia in uno stato di compassione e solitudine. Un racconto di emarginazione, con un timbro narrativo limpidissimo che non precipita mai nel dimostrativo, nel morboso o nell’auto compiaciuto. Garrone ci offre una prova di cinema allo stato puro, un capolavoro di analisi dell’animo umano, che mette drammaticamente a nudo la metamorfosi di un essere, dallo stato mite a quello feroce e spero proprio che riesca a vincere l’Oscar per il miglior film straniero”.
A New York il Festival si svolgerà dal 3 al 4 Dicembre e il 10 Dicembre con la seguente programmazione:
Le proiezioni verranno ospitate da un partner storico del festival, la Casa Italiana Zerilli-Marimò (NYU) e Princeton University. Il film di apertura sarà Quanto Basta di Francesco Falaschi, a seguire Un tè con Mussolini , diretto da Franco Zeffirelli, un film ‘semi-biografico’ di una Firenze degli anni ‘30 incantata, nella quale il maestro racconta la sua infanzia e crescita in un momento storico vicino alla tragedia della guerra. A chiusura del festival verrà presentato in anteprima negli Stati Uniti Easy, un road movie diretto da Andrea Magnani.
Tra gli ospiti ci saranno Francesco Falaschi, regista e sceneggiatore e Andrea Magnani che ha scritto, prodotto e diretto il film.