Maria Di Biase e Corrado Nuzzo, attori comici cresciuti nella grande “officina” di Zelig (poi confermatisi in televisione con “Quelli che il calcio” e tanto teatro), si mettono coraggiosamente in gioco in “Vengo anch’io”, nella doppia veste di registi e attori protagonisti.
Il film – loro opera prima girata in sole cinque settimane e con un piccolo budget – racconta il tragicomico viaggio in pulmino che si trovano a fare insieme Corrado (Nuzzo) assistente sociale licenziato, dipendente dagli psicofarmaci e aspirante suicida; il suo ex paziente Aldo (Gabriele Dentoni), appassionato della Ferrari, e affetto dalla sindrome di Asperger, e Maria (Di Biase), appena uscita dai prigione dov’era finita per il tentato omicidio di quello che credeva il padre di sua figlia Lorenza (Cristel Caccetta), atleta nel canottaggio. Una storia punteggiata da frasi su muri e cavalcavia e da riusciti cameo (Vincenzo Salemme, Alessandro Haber, Francesco Paolantoni, Ambra Angiolini e Aldo Baglio).
Bastonati dalla vita, e stanchi di mettersi in gioco perché oramai assuefatti alla sconfitta, per uno strano scherzo del destino sono costretti a intraprendere un viaggio insieme che li porta a confrontarsi con il proprio passato, a lottare con i demoni presenti e ad uscire dalle proprie solitudini.
Grazie ad un umorismo spesso cinico (volutamente “politicamente scorretto”) e quasi surreale (la carcerata Maria trova il passaggio nel pulmino dell’aspirante suicida Corrado grazie ad una app sul cellulare, tipo Bla Bla Car), “Vengo anch’io”, commedia on the road riesce ad unire comicità e tenerezza, pur affrontando tematiche serie, come depressione, solitudine, emarginazione, famiglia (forse troppe in una sola volta!).
Il film parla del diritto alla felicità che ogni essere umano dovrebbe rivendicare. Ai personaggi viene offerta una nuova, ultima possibilità di “salvezza”. Sono tutti soggetti scorretti e instabili, ma riescono a formare una insolita, eccentrica “famiglia per scelta”, con cui sentirsi finalmente a casa.
Si può essere felici anche in un mondo imperfetto, basta trovare la forza di lasciarsi vivere, di accettarsi per quello che si è: insomma, una commedia piena di speranza, di poesia, anche se un po’ troppo indirizzata al troppo tipico “finale buonista” della comicità italiana.
“Vengo anch’io” evita fortunatamente di ricorrere a facili stereotipi (preferendo anzi prendersi gioco di loro) o a una continua serie di sketch, come fatto invece da molti colleghi comici nel loro spesso non riuscito passaggio dal piccolo al grande schermo.
Tutto positivo? No. Poco azzeccati i richiami a “Amarcord” (Aldo – come Ciccio Ingrassia – sale su una pianta e si rifiuta di scendere finché non gli sarà data la possibilità di fare sesso) e a “The Blues Brothers” (Maria – come John Belushi – prima di uscire dal carcere, riceve indietro i suoi oggetti personali, tra cui un vibratore che poi cercherà di usare per arricciarsi i capelli).
“Vengo anch’io” si dimostra una commedia piacevole e diversa nella sceneggiatura dalla tradizione comune, tanto da presentare anche quel leggero senso di malinconia che ha volte un comico teme quasi di portare in scena, ma da cui traspare tuttavia l’ancòra inesperto approccio dei due neo-registi ai ritmi comici richiesti dal cinema. L’esordio fa comunque ben sperare per il futuro.