A Bronx tale, one man show scritto e interpretato da Chazz Palminteri nel 1989, torna a Broadway sotto forma di musical, con la regia di Robert De Niro e del pluripremiato ai Tony Awards, Jerry Zaks. In seguito alla fortunata trasposizione cinematografica della pièce nel film Bronx (1993), diretto da De Niro e alla prima messa in scena a Broadway (2007) con la regia di Jerry Zaks, nasce A Bronx Tale: The Musical. Lo spettacolo ha debuttato al Longacre Theatre di New York lo scorso 1 dicembre e sarà in scena fino al 19 novembre 2017, con le musiche di Alan Menken, i testi di Glenn Slater e le coreografie di Sergio Trujillo.

“Ho sempre pensato che sarebbe stato un musical fantastico — ha dichiarato alla rivista Variety Robert De Niro — È come una favola e la storia si presta benissimo allo stile del musical”. De Niro ha anche ammesso che “Jerry (Zaks ndr) ha svolto gran parte del lavoro, per quanto riguarda la realizzazione della struttura dello spettacolo, ma a volte avevo la sensazione che alcune cose risultassero forse troppo ovvie e che fosse necessario comunicarle allo spettatore attraverso gli attori in modo semplice ma più sottile”.
Nel cast, che si compone di una ventina di attori circa, troviamo Nick Cordero (il gangster di Pallottole su Broadway di Woody Allen) nel ruolo di Sonny, Bobby Conte Thornton nel ruolo di Calogero, Hudson Loverro nel ruolo del giovane Calogero, Richard H. Blake (già acclamato in Jersey Boys) nei panni di Lorenzo.
Il musical è ambientato nella New York degli anni ‘60 e racconta la storia del piccolo Calogero, figlio di immigrati italiani, che dopo aver assistito a un omicidio da parte di Sonny, il boss del suo quartiere, decide di non denunciarlo e comincia a stringere con lui un rapporto quasi paterno. Il giovane comincia a frequentare gli ambienti malavitosi gestiti da Sonny e ben presto si troverà a scontrarsi con il volere del padre e a dover lottare per la sua amata, una ragazza afro-americana, contro i pregiudizi della sua comunità.
Fin dalla prima scena non ci sono dubbi, siamo nel Bronx degli anni ‘60, a Belmont Avenue, zona di italo-americani, di bianchi. L’allestimento scenico riporta alla memoria dello spettatore West Side Story, il contrasto tra il rosso e il nero, i palazzi con le scale antincendio a vista e l’utilizzo del ferro nella scenografia rendono subito l’idea del turbolento Bronx. Ci troviamo in quello che Lou Reed chiamerebbe “the wild side”, il quartiere da evitare e che nella mente di ogni italiano evoca paura e crimine.

Ed ecco che compaiono sul palco le botteghe e i negozietti di alimentari come Gino’s Pastry e Madonia, a far sembrare tutto più familiare e accogliente. Il protagonista della storia, il piccolo Calogero, entra in scena rapidamente, portando con sé tutta l’energia del giovanissimo e talentuoso Hudson Loverro, classe 2007, che dopo poche battute conquista facilmente il cuore delle signore presenti in sala e la simpatia dei relativi consorti. Dalla sua interpretazione è facile immaginare il prolifico futuro artistico che lo attende. Altra punta di diamante dello spettacolo è Nick Cordero che interpreta un boss buono e magnanimo, al quale lo spettatore si affeziona e che sembra distaccarsi fin troppo dallo stereotipo del mafioso crudele e senza pietà. Nella trasposizione cinematografica Sonny/Palminteri è sicuramente meno rassicurante. Gli attori Bobby Conte Thornton e Richard H. Blake sanno trascinare il pubblico con eleganza e risolutezza.
Nelle scene in cui i due personaggi condividono e raccontano il loro rapporto padre-figlio l’emozione aumenta, probabilmente perché ci si immedesima nelle loro dinamiche familiari, nella paura di non essere compresi, nel timore di perdere la stima di un genitore. I personaggi dialogano fra loro senza filtri, con un linguaggio diretto e ricco di espressioni gergali, di contrazioni linguistiche e di alcuni termini italiani, purtroppo mal pronunciati dagli attori. Sentir dire “pesce fresca” dal commerciante del quartiere provoca una piccola delusione nei pochi italiani in sala. Nel complesso il ritratto dell’italiano del periodo è abbastanza pittoresco ma piacevole.
Ma come in ogni musical che si rispetti, la musica e i testi la fanno da padroni. Le musiche sono coinvolgenti ed orecchiabili, fintanto da rimanere in testa per un paio di giorni ancora dopo lo spettacolo, soprattutto i pezzi cantati a cappella.
Le coreografie non sono al pari di altri musical in scena a Broadway in questo periodo, penso a Cats ad esempio, ma questo dipende dal fatto che si tratta di uno spettacolo più simile a Jersey Boys che a un’opera di Andrew Lloyd Webber. In questo caso non ti aspetti il balletto o la coreografia impressionanti, ma cerchi l’immedesimazione in quell’atmosfera semplice e senza barriere virtuali che caratterizzava quel periodo. Segui con trepidazione Calogero, in cerca del proprio riscatto, sei in ansia per il suo primo appuntamento e ti emozioni quando incontra di nascosto la ragazza che ama. Sorridi al test “infallibile”di Sonny, per riconoscere da subito l’anima gemella. Vorresti abbracciare Lorenzo quando crede di aver perduto il figlio per sempre. È l’attore dunque il mezzo principale sul quale si basa la regia di questo musical. L’attore come veicolo della storia e delle emozioni, nelle quali lo spettatore viene condotto gradualmente ma in modo naturale, quasi senza accorgersene.
La trama non è di certo originale, a metà tra West Side Story e Jersey Boys, ma proprio nella sua semplicità, nel modo in cui arriva direttamente al cuore dello spettatore e nel modo in cui i personaggi ne conquistano il favore e l’affetto, questo spettacolo dimostra di non essere da meno dei grandi colossi di Broadway.
Guarda il trailer di A Bronx Tale (in inglese):