Scrivo di un film visto al Festival internazionale del cinema di Locarno, in Svizzera. Un film tedesco: Der Staat gegen Fritz Bauer; ne azzardo un possibile titolo in italiano, che dia il senso di quello che si vuol intendere: Lo Stato contro Fritz Bauer; il regista si chiama Lars Kraume, ne ha curato anche la sceneggiatura, assieme a Olivier Guez.
È una storia vera. Siamo in Germania, anno 1957. Il procuratore generale Fritz Bauer apprende che un criminale nazista, nientemeno che Adolf Eichmann, il responsabile della deportazione di massa di milioni di ebrei poi sterminati, si nasconde in Argentina, a Buenos Aires.
Bauer sente molto la cosa, non solo come uomo di legge; è un ebreo. Negli anni bui della guerra anche lui era stato perseguitato, come ebreo, per di più omosessuale. Aveva poi trovato rifugio in Danimarca: la Danimarca di re Cristiano X, che indossa il Maghen David, la Stella di Davide, segno distintivo imposto dai nazisti occupanti a tutte le persone di origine ebraica, come segno di solidarietà e sostegno con gli ebrei danesi. Bauer riesce a scampare. Tornato in Germania si dà un compito, una missione: portare in tribunale, per farli giudicare e condannare, i responsabili dei crimini di guerra consumati durante il Terzo Reich. È la cosa giusta da fare, ma non è quella che molti, in Germania, vogliono fare, desiderosi come sono di celare il proprio passato, per non fare i conti fino in fondo con le proprie responsabilità, connivenze, complicità, viltà. È lo stesso Stato ad aver paura del suo passato, Bauer questo lo comprende presto; diffida del sistema giudiziario del suo paese: troppi legami con il passato regime; troppi i silenzi e le inerzie interessate. Lo sappiamo anche noi italiani, del resto, con i nostri innumerevoli “armadi della vergogna” e stragi dimenticate.
Bauer non si dà per vinto. Molti dei suoi colleghi lo ostacolano, all'interno delle istituzioni si annidano ancora molti collaborazionisti e simpatizzanti nazisti, molte complicità e passati vergognosi potrebbero saltare fuori, se si facesse un processo pubblico. Ecco perché Bauer viene pesantemente ostacolato. Lui, oltretutto, come abbiamo detto, è omosessuale. In passato per questo lo hanno arrestato; la “macchina del fango” (la possiamo chiamare così?), si mette in moto… Bauer, però, è uomo di “tenace concetto”: sostenuto da un giovane procuratore contatta il Mossad, il servizio segreto israeliano; fa la cosa giusta, mettendo Israele sulla giusta traccia che consente, con un memorabile blitz, la cattura di Eichmann; come sappiamo, in Israele viene processato e poi impiccato. Inviata di The New Yorker, Hannah Arendt ci lascia un memorabile resoconto di quel processo con il suo Eichmann in Jerusalem: A Report on the Banality of Evil. Il procuratore Bauer fa la giusta; una cosa che però, per il suo paese equivale ad “alto tradimento”.
È un film che pone, alla Germania, ma non solo alla Germania, la questione cruciale di quale sia il limite, la barriera, oltre la quale la “ragione di Stato” non ha ragion d'essere; diventa un abuso, che va combattuto; di quando il “diritto dello Stato” è incompatibile con lo “Stato di diritto”. È qui il nocciolo della questione. Il procuratore sa bene, è consapevole che il suo agire è in pieno contrasto con la legge del suo Stato; sceglie però di non arretrare, di non lavarsene le mani. Sceglie di fare la cosa giusta, anche se non è la cosa saggia. Spiega Kraume: “È un eroe moderno, che esprime le sue convinzioni contro lo spirito del tempo, a qualsiasi prezzo”. C’è una morale e anche una sorta di lezione, in questa storia, che si può e si deve fare. E che è bene fare. Una storia del 1957, di straordinaria attualità. Ognuno ne cavi il succo che sa e che crede.