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July 22, 2015
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July 22, 2015
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Moda maschile e New York Fashion Week Men’s: alcune riflessioni

Eugenia PaulicellibyEugenia Paulicelli
Time: 5 mins read

È appena trascorsa la prima edizione di New York Fashion Week Men's dedicata alla moda maschile, un rilancio che ha trovato vari sponsor, tra cui Amazon Fashion e Cadillac. Non sorprende questa attenzione al pianeta uomo e alla moda, un mercato che negli ultimi anni sta crescendo in maniera esponenziale, e oggi non si può più pensare che la moda sia un territorio femminile. Infatti un ritornello costante quando si voleva o si vuole condannare la moda come qualcosa di frivolo e non particolarmente importante, con atteggiamento misogino, lo si liquida come territorio ed espressione della frivolezza e della vanità femminile. In realtà la moda è una delle industrie chiave dell’economia globale e una delle industrie trainanti del Belpaese. Non a caso, l’ICE ha appena presentato un nuovo programma per promuovere la moda e il made in Italy in USA.

t1

La tuta unisex del futurista Thayaht

Si parla molto dell’eleganza maschile, o della mascolinità in generale, in ambito accademico, in quello giornalistico e nell’industria della moda, dai grandi brands e l'alta sartoria ai designers indipendenti. Molti sono i riferimenti letterari sul dandismo e l’eleganza maschile. Ne parlava Baudelaire, ma anche Walter Benjamin quando commentava i colletti rigidi che caratterizzavano l’uomo borghese, quei colletti rigidi che diventavano anche intercambiabili (the arrow collar) e che agli inizi del novecento identificavano la borghesia benestante e gli uomini che lavoravano in ufficio e facevano carriera nelle amministrazioni private e statali.

Il futurista Thayaht (Ernesto Michahelles, 1893-1959), che aveva disegnato il logo e molti abiti per Madeleine Vionnet (1876-1975) durante i suoi anni a Parigi, decostruirà il mito borghese dell’eleganza maschile con la sua tuta unisex, una tuta che si trasforma con accessori diversi e lancia una mascolinità androgina. Riguardando Thayaht, che esibisce la sua creazione con pose del tutto controcorrenti rispetto al mito della virilità, non è difficile riscontrare alcune somiglianze con l’androginia presente nella moda casual maschile delle passerelle e della strada di oggi come quella di New York.

t2

I colori e i tagli asimmetrici di Giacomo Balla

Alla New York Fashion Week Men’s i designer emergenti hanno presentato le loro collezioni. Semplicità, casual e androginia misti a freschi tessuti erano presenti nella collezione di Matiere. I volti dei modelli e i loro completi potevano passare fluidamente da un genere all’altro ed essere portati disinvoltamente sia da uomini che donne.

Nella sua rivoluzione del guardaroba maschile, Thayaht aveva modificato anche i colletti rigidi con un colletto morbido che comunica tutt’altro tipo di rapporto col mondo e le leggi che lo governano. I giornali hanno parlato molto della collezione di Thom Browne, che ha esposto i suoi abiti sartoriali grigi di uomini in ufficio parodiando la monotonia o la ripetitività del lavoro quotidiano.

Restando alle innovazioni della storia italiana, che incrocia moda e arte, basta pensare a Giacomo Balla che con i suoi colori e tagli asimmetrici decostruirà il vestito maschile. Il rapporto tra colori e moda maschile esploderà soprattutto nel dopoguerra e in Italia, con gli esperimenti innovativi di Brioni e le sue giacche da smoking rosse oppure il colore ottanio di Litrico. E oggi naturalmente il colore fa parte del guardaroba maschile nelle collezioni di tanti stilisti.

t3

Il creative director di Eponymovs, Hvrminn

Negli ultimi tempi sono cambiate molte cose nel mercato della moda maschile, un sintomo importante dei cambiamenti sociali e dei discorsi che hanno contribuito a ripensare la mascolinità e la sua rappresentazione nei media e nelle arti. Gli uomini si sono nel frattempo rivelati dei consumatori di moda e stile al pari delle donne. Anzi in certi casi spendendo più delle donne. Grandi brand, oltre a produrre moda maschile, hanno creato anche nuovi spazi dello shopping mirati agli uomini, come il negozio a Londra di Dolce & Gabbana. È cresciuto l’interesse per la sartorialità e per il vestito maschile, che molti stilisti hanno cercato e cercano di re-interpretare continuamente, mentre allo stesso tempo si presta attenzione alla storia, alla tradizione, al fatto a mano (una serie di documentari usciti negli ultimi anni testimoniano questo tipo di interesse e anche il timore di perdere il saper fare, l’alto artigianato e la manualità).

In questo rivisitare e ripensare la mascolinità legata allo stile e al saper vivere ci sono molte attinenze con il Made in Italy, ma anche con un concetto letterario e filosofico come la sprezzatura (l’arte di nascondere l’arte, ma anche coolness e chic senza troppi fronzoli) che è diventata una sorta di buzzword chic di bloggers internazionali che vogliono rappresentare una idea attraente della mascolinità e dell’eleganza disinvolta e naturale. Una sorta di dandismo (unisex) del Ventunesimo Secolo.

t4Una versione elaborata di questo tipo di mascolinità un po' retro nella sua semplice ed elegante sartorialità, la troviamo nella collezione Eponymovs, il brand il cui creative director è Hvrminn, nato in Korea, passato dalla Parsons School of Design e ora impegnato nel programma di Fashion Studies presso il Graduate Center della City University of New York. Molte delle sue giacche sono lunghe e con taglio perfetto; le stoffe morbide ed eleganti ricordano un po' gli zoot suit e le giacche edwardiane; i pantaloni sono aderenti, ma non eccessivamente; le pose dei modelli, i loro volti, i fiori bianchi all’occhiello, rammentano le atmosfere di un tempo passato, come in fotografie dei primi anni del Novecento oppure di film che re-intepretano quel passato, un po' tra Visconti, Wong Kar-Wai e Scorsese dell’Età dell’Innocenza. La collezione suggerisce uno degli elementi e dettagli del costume da film (le musiche scelte come sottofondo allo show contribuivano anche a questo tipo di percezione). Il designer mi ha raccontato che non voleva modelli troppo giovani, voleva degli uomini che potessero esprimere quel mistero di un passato rivisto e riadattato al XXI Secolo. Un modo innovativo di guardare al passato che si traduce in un design al tempo stesso fresco, pulito, sofisticato e che fa mostra di un’estrema cura nei dettagli.

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Eugenia Paulicelli

Eugenia Paulicelli

Scrivere è stata la mia passione da sempre, il mio rifugio e anche uno strumento per viaggiare ed esplorare. Questa passione mi ha portata in America dalla Puglia dove sono nata. Sono Professore ordinario al Queens College e al Graduate Center, City University of New York, direttore del programma di Fashion Studies che ho fondato. Insegno cinema, letteratura e arti visive, Rinascimento, women’s studies, moda, cultura del made in Italy. Libri recenti: Italian Style: Fashion & Film (2016); Fashion is a Serious Business (in Italia, La Moda é una Cosa Seria). Occuparsi dell’Italia a New York significa poter portare con sé la propria casa: la lingua e la cultura. È come andare restando, un sogno di libertà che racconto con la mia scrittura e i miei progetti.

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