Oltre settemila matrimoni in 27 anni di lavoro. Dalle richieste degli indiani, dove i matrimoni durano tre giorni, all’ambientazione stile Halloween. Lei, Francesca Leonardini, genovese ma da quasi 40 anni in America, dove è arrivata con i genitori all’età di sei anni, cura ogni minimo dettaglio e capriccio. Perché la wedding planner, figura che ormai anche l’Italia ha preso in prestito dall’America, si preoccupa di tutto: dalla location all’organizzazione, al cibo, senza dimenticare la sposa, i fiori e la musica.
Dopo la laurea in International Business, Francesca inizia subito a lavorare nel mondo degli eventi, fino a quando, nel 2001, decide di avviare una propria realtà imprenditoriale, la la Dazzling Affairs, che lei gestisce con l’adrenalina e lo spirito della perfetta organizzatrice. A La VOCE di New York racconta la differenza tra un matrimonio italiano e uno americano, le bizzarrie dei futuri sposi e il suo matrimonio, quello passato e quello ideale.
Francesca, come è nata la passione per il wedding planning?
Ho avuto molta esperienza nell’organizzazione di eventi e ho iniziato a lavorare part time in questo campo fino a quando, il mio ex datore di lavoro, mi propose un lavoro a tempo pieno. Nel 2001, quando già avevo alle spalle una buona esperienza, ho deciso di fondare una mia società.
Quali sono gli elementi affinché una festa di matrimonio riesca con successo ad accontentare tutti?
I soldi. Se hai soldi puoi curare i dettagli e stupire gli invitati.
Quanto costa affidare la gestione ad una wedding planner?
Non ci sono limiti, ma in media 50-55 mila dollari.
Cosa ti chiedono i tuoi clienti?
Prima ascolto le loro richieste e poi li guido. C’è chi ha le idee chiare c’è chi invece mi dà carta bianca. Di solito, ci occupiamo noi di tutto: location, catering, musica, addobbi, sistemazione in albergo.
Le richieste più strane?
Un matrimonio indiano con circa 1.500 invitati e tre giorni di festeggiamento; lo sposo che è andato a prendere la sposa in carrozza; il tema viola e nero di Halloween scelto da una coppia.
Quali sono le differenze tra un matrimonio italiano e uno americano?
I matrimoni italiani non finiscono mai, durano in media nove ore mentre in America cinque. Negli Stati Uniti si ama ballare, in Italia meno, a parte al Sud. L’attenzione in Italia è concentrata tutto su come sono vestiti gli invitati, la sposa, il cibo. Soprattutto il cibo. In America è una festa, la musica è molto importante. Bisogna divertirsi.
Gli americani però vengono a sposarsi in Italia, quando possono…
Vero, perché amano il lato romantico, lo scenario. Perché ormai è tendenza.
Mentre gli italiani copiano l’America?
Ho notato che i matrimoni italiani hanno meno invitati rispetto al passato e hanno adottato la figura della wedding planner come fondamentale nell’organizzazione della cerimonia.
Cosa va di moda ora nei matrimoni americani?
Festeggiare nelle ville e meno nei ristoranti, avere una buona musica. Dipende tutto dalla cultura da cui si proviene. Gli italo-americani devono stupire gli invitati con l’abbondanza e la qualità del cibo, gli indiani con le decorazioni e l’impatto in pompa magna.
Cosa ti piace dei matrimoni italiani?
Il fatto che ruota tutto intorno alla famiglia, il senso della famiglia. Il servizio poi è impeccabile in Italia.
E il tuo matrimonio ideale?
L’ideale per me rimane un matrimonio intimo con pochi invitati, come fu il mio.