Il 12 settembre 2008 il giornalista David Lispky (Jesse Eisenberg) riceve la notizia del suicidio di David Foster Wallace (Jason Segel), da molti considerato il più grande romanziere contemporaneo. Dodici anni prima aveva trascorso con lui cinque giorni per un’intervista a Rolling Stone durante la promozione del suo capolavoro Infinite Jest. The End of the Tour, nuovo film di James Ponsoldt (The Spectacular Now), attraverso la messa in scena di questo breve lasso di tempo riesce mirabilmente a tratteggiare due figure semplici eppure dilaniate, costrette a vivere nell’orrore della loro – e nostra – quotidianità. Già, perché la grande forza di questo dramma intimista è che parla del malessere di tutti i giorni, di problemi comuni e soluzioni a portata di mano, spesso le più difficili da raggiungere per chi è imprigionato dentro le proprie gabbie.
David Foster Wallace è un personaggio fortemente americano, di quelli che per sua stessa ammissione pensava che creare qualcosa di memorabile significasse risolvere i propri problemi interiori, salvo poi continuare a essere impregnato di quell’individualismo che fonda e insieme mina la società americana. Isolato, gentile, goffo, il David Foster Wallace che il film ci propone è una creatura che non ha nulla di speciale e proprio per questo è impossibile da non amare: arte e vita non si somigliano, non attingono dall’essenza umana in maniera totalmente differente. Pian piano Lipsky inizia a rendersene conto, e dal basso della sua presunzione inizia a giudicare il suo interlocutore secondo parametri sballati. Da questa frizione tra aspettativa e realtà si sviluppa un confronto tra i due uomini che è davvero quanto di più veritiero il cinema indipendente ci ha regalato negli ultimi tempi.
Ma si faccia attenzione: The End of the Tour non ha nulla di esplicitamente drammatico, non possiede scene madre o momenti catartici. E’ un lungometraggio fatto di aeroporti, paesaggi innevati, diner a poco prezzo e camere d’albergo. Proprio per questo arriva in profondità nel raccontare David Foster Wallace: la muta disperazione che lo pervade è quella che vive la stragrande maggioranza delle persone comuni. La sua sensibilità lo rende più fragile alla pressione, tutto qui. Per il resto non è diverso da noi, e questa è una grande verità del lungometraggio. I discorsi tra lo scrittore e il giornalista pian piano svelano una personalità meravigliosamente sincera nella sua finitezza, la cui depressione è verissima perché non esibita, ma inficia ogni suo pensiero senza (ancora) farlo esplodere. Ponsoldt attraverso una messa in scena scarna trova la giusta chiave di lettura per mostrare questi due mondi interiori con precisione e stringatezza, perché anche Lispky è una figura che andando avanti nel corso del film il pubblico imparerà ad amare, poiché riflesso del lato oscuro dello stesso Wallace che è stato in qualche modo esorcizzato venendo a patti con la propria imperfezione.
Difficilmente due attori, per quanto dotati, avrebbero potuto far meglio di Jesse Eisenberg e Jason Segel in questo duetto fatto soprattutto di rimandi sussurrati invece che esibiti. Se del protagonista di The Social Network conoscevamo già la vena nervosa e sensibile, è Segel la grande rivelazione di The End of the Tour. La sua enorme vena comica, dimostrata soprattutto in TV con How I Met Your Mother, viene stavolta soppressa per far posto alla misura e alla quieta disperazione. Il risultato è notevolissimo, perché si integra perfettamente con il timbro del suo co-protagonista.
La vita di tutti i giorni con la sua opacità e le sue regole sociali opprimenti: questo il grande incubo americano che David Foster Wallace ha raccontato con la sua arte e dal quale non è riuscito a risvegliarsi. The End of the Tour è il sentito e commovente omaggio a tale genio. Ancora più grande proprio perché così vicino all’uomo comune. Un film immancabile.
Il film uscirà nelle sale americane il 31 luglio. In Italia l'uscita è prevista per l'autunno.
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