Si è aperta giovedì sera la quattordicesima edizione di Open Roads, rassegna del più recente cinema italiano che quest’anno porta al Lincoln Center, dal 4 all’11 giugno, 16 film selezionati dalla produzione nostrana 2014-2015.
Antonio Monda, fondatore del festival, ha approfittato della serata di apertura per svelare, dopo quattordici anni, da dove viene il nome della rassegna. “Inizialmente volevamo chiamarlo Dolce Cinema perché era dedicato a un cinema giovane. Avevamo deciso che ogni anno avremmo avuto un grande del cinema americano a fare da padrino. E ovviamente chi potevamo chiamare a fare da padrino se non Scorsese. Lui disse subito di sì, anche perché, disse, proprio in quel periodo stava facendo un documentario sul cinema italiano che voleva chiamare il Dolce Cinema. Ci sembrò quindi necessario cambiare titolo, non potevamo usare quel nome. Così decidemmo per Open Roads, strade aperte, come la città aperta. Quando poi Scorsese venne all’apertura gli chiesi come stava andando Dolce Cinema. E lui mi rispose: e cos’è Dolce Cinema? Aveva cambiato titolo anche lui. E così alla fine non esiste nessun Dolce Cinema, ma abbiamo Open Roads”.
Tra i titoli spiccano nomi importanti come quello di Gabriele Salvatores che sarà in sala alla proiezione del 7 giugno per rispondere alla domande del pubblico sul suo Il ragazzo invisibile (The Invisible Boy). Ma ci sono anche, come è tradizione di questa rassegna newyorchese, nomi meno noti, ma non meno interessanti, di giovani talentuosi che si fanno portatori di un linguaggio cinematografico nuovo e spesso sperimentale. Tra questi il Laberto Sanfelice di Cloro (Clorine), film d’esordio del regista romano che si è già fatto notare in diversi festival internazionali e che risponderà alle domande del pubblico del Lincoln Center, anche lui dopo la proiezione del 7 giugno.
La delegazione di attori, registi e produttori, arrivati a New York per presentare i propri film a questa edizione di Open Roads
Cristina Comencini (al centro) risponde alle domande del pubblico dopo la proiezione del suo “Latin Lover”
Il festival si è aperto giovedì con la proiezione di Latin Lover, divertente commedia tutta al femminile di Cristina Comencini e ultima apparizione sul grande schermo della grande Virna Lisi, recentemente scomparsa. Il film, che il pubblico del Lincoln Center ha accolto con favore e calore, è al tempo stesso un omaggio e un addio alla grande stagione del cinema italiano, con un tocco autobiografico che ha un che di ironico per la figlia di uno dei registi più importanti di quell’età dell’oro. Al film è seguito un incontro con la regista che ha spiegato la genesi di un’opera che, ha detto, “amo per molti motivi, ma in particolare perché è l’ultimo film di Virna Lisi”.
Il film costruisce un personaggio che è un po’ Gassmann, un po’ Mastroianni e a tratti forse anche un poco Alberto Sordi, per raccontare un cinema italiano che non esiste più e che però è rimasto nel cuore (ma anche sulle spalle, un po’ come un fardello) di tutti. La sequenza iniziale è un tuffo nel passato con una carrellata storica che ripercorre le tappe più importanti della nostra produzione cinematografica citando scene di film iconici, facilmente riconoscibili ad un pubblico familiare con quella stagione. “Abbiamo costruito quella sequenza come una sorta di indovinello – ha spiegato la regista – così che il pubblico potesse divertirsi a indovinare quale film stavamo citando. Abbiamo rigirato le scene dei film a Cinecittà, dove erano stati inizialmente girati, chiamando a lavorare i tecnici che ci avevano lavorato al tempo. Le riprese sono durate tre giorni ed è stata una vera full immersion nella varietà e nel divertimento di quell’epoca”.
La serata è stata accompagnata dall’apertura della mostra Guardando con Michelangelo Antonioni, omaggio del fotografo Renato Zacchia al grande regista italiano e alla Sicilia che lo vide girare il suo ultimo documentario nel 1997. Zacchia ha lavorato come fotografo di scena per quel documentario e in questa mostra ha raccolto alcuni di quegli scatti che raccontano la Sicilia, vista attraverso gli occhi di Antonioni. La mostra rimarrà esposta nella Frieda and Roy Furman Gallery del Lincoln Center per tutta la durata della rassegna.
Venerdì, durante il tradizionale pranzo da Barbetta che riunisce registi, attori, addetti ai lavori, istituzioni e giornalisti, la console generale Natalia Quintavalle ha voluto ricordare che anche le celebrazioni della Festa della Repubblica a New York quest’anno sono state dedicate al cinema italiano. Al pranzo c’era anche il sindaco di Napoli Luigi De Magistris nell’introdurre il quale, la console ha detto che il primo cittadino si è impegnato a facilitare le iniziative per girare film nella sua città. De Magistris, che in questi giorni è in visita a New Yok e venerdì dopo il pranzo ha incontrato il sindaco de Blasio, ha poi preso la parola spiegando che la sua amministrazione punta molto sulla cultura, vista come strumento di rinascita: “Abbiamo creato un ufficio cinema nel nostro Comune peché pensiamo che la cultura possa fare da riscatto civile della nostra società. Si parla spesso male della nostra città ma allo stesso tempo siamo la città che nel 2014 è cresciuta di più nel turismo. Napoli è una città ricca di cuore e di passione. Abbiamo messo il capitale umano prima del capitale economico”.
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