Cingomma, In Scena! alla Casa Italiana Zerilli-Marimò venerdì 8 maggio nell'ambito dell'Italian Theater Festival newyorchese, è uno spettacolo che parla di radici, appartenenza e identità. Scritto, diretto e interpretato da Jessica Leonello, Cingomma affronta il tema della migrazione dal Sud al Nord Italia e la rispettiva contro-migrazione estiva verso il Sud a partire da una prospettiva d'osservazione particolare: il treno Espresso Milano-Palermo. Le dinamiche migratorie all'interno dell'Italia poco si discostano da quelle di chi, invece, il Paese decide di lasciarlo; tra questi, anche gli italiani che hanno scelto New York e che non possono proprio perdersi questo spettacolo. Perché lo spiega a La VOCE Jessica Leonello.
Da dove è nata l'idea di questo progetto teatrale?
Lo spettacolo è nato in un laboratorio di narrazione condotto da Giuliana Musso, che ci stava facendo lavorare sull'infanzia, anche se era già un po' di tempo che la tematica delle radici e dell'appartenenza mi ronzava in testa. Giuliana ci chiese di narrare una storia dell'infanzia e quasi spontaneamente venne fuori subito l'angolatura del treno, per narrare. Dal laboratorio uscirono quasi i primi 10-15 minuti, seppur molto grezzi, dello spettacolo. Partecipai al Premio Petroni e la seconda selezione chiedeva 20 minuti dello spettacolo/studio: insomma bisognava allungarlo! Così passeggiando per un vecchio mercatino di cianfrusaglie ho incontrato le mie due “signorine” (le teste di manichino) e ho pensato che tutto poteva collegarsi bene: presente e passato. Poi, dopo aver vinto un mese di residenza, sono nati i personaggi e il resto della drammaturgia.
Prima volta a New York?
Prima volta in assoluto a New York e mi aspetto una bella shakerata!
Fare teatro in Italia oggi è facile o difficile?
Proprio qualche giorno fa è uscito un articolo di Andrea Porcheddu sulla situazione attuale del teatro e degli attori in Italia e credo che abbia ben fotografato la condizione disastrosa in cui versa il teatro, che bene si può riassumere citando queste parole tratte dall'articolo: “Oggi andare in scena non solo non paga, ma addirittura costa”.
A tuo avviso il teatro italiano è esportabile? Pensi che all'estero ci sia interesse per il teatro italiano?
Una parte del teatro italiano si esporta già, a volte una parte discutibile a livello qualitativo, altre volte grandi esempi, e penso alla tournèe della compagnia dei fratelli Servillo con lo spettacolo Le voci di dentro. La lingua italiana, e uno sperato e intravisto ritorno del teatro al dialetto (o comunque ad una lingua viva e non che si riferisca solo alla lingua imparata nelle accademie), forse può creare una barriera per una piena comprensione. Ma poi penso a 'MPalermu, per esempio, spettacolo di Emma Dante, integralmente in palermitano che è stato in cartellone a Parigi…e allora credo che se si tratta di buon teatro, di idee valide, allora sì, certo che si può e si deve esportare.
Raccontaci protagonisti e temi dello spettacolo.
Il tema dello spettacolo sono le radici, intese come senso di appartenenza e di identità. Il macro-tema è sviluppato prendendo in analisi la migrazione dal Sud al Nord Italia e la rispettiva contro-migrazione sul treno Espresso Milano-Palermo che, in estate, riportava tutti “i migrati” a casa, al Sud. C'è un narratore che racconta aneddoti e vicende che accadevano su quel treno e poi ci sono due personaggi: un signore che cerca di adattarsi il più possibile al Nord dove si è trasferito, ma sopratutto cerca una quasi disperata, quanto inconsapevole contaminazione linguistica; e una madre che, con suo marito, è andata a trovare al Nord la figlia (che lì si è stabilita) e per la quale migrazione significa un distacco amaro, ma contento, da questa figlia.
Quale è stata la cosa più bella e quella più difficile nello scrivere, interpretare e dirigere questo spettacolo?
La cosa più bella di scrivere questo spettacolo è stata la tempistica: tutto è fluito in maniera rapida e abbastanza diretta. La cosa più difficile, credo come in tutti gli spettacoli, è stato il lavoro che viene dopo il debutto che segna l'inizio del lavoro vero: trovare il respiro dello spettacolo, capirlo fino in fondo, divertirsi senza pensare troppo.
Come convinceresti il pubblico a venire a vedere lo spettacolo?
Credo che ci sia un lauto buffet alla fine dello spettacolo! A parte gli scherzi, in realtà non saprei; potrei pensare che New York stessa si fonda su storie simili, di migrazione, di esodi e contro-esodi e forse una storia così italiana può essere un bel raccordo tra i migranti interni all'Italia e quelli che han deciso e decidono di partire dall'Italia, e che magari ora si trovano a New York.
8 maggio 2015, 7.30 pm – Casa Italiana Zerilli-Marimò NYU (24 West 12th Street, Manhattan)