Avere due mila anni e non sentirli, soprattutto in bocca! La pasta, nata come cibo di sussistenza durante l’impero romano, oggi è il secondo prodotto al mondo interessato da un processo di industrializzazione di massa. Solo i libri la battono.
Nei secoli non sono mancate imitazioni o rivisitazioni. A New York, per distinguere una pasta di qualità sono arrivati i PastaBoys. Nel mese di luglio a Manhattan e dintorni sarà infatti possibile partecipare a lezioni interattive tenute da quattro dei più bravi e simpatici chef del team Delverde: un’ora gratuita di degustazioni e cucina rivolta agli appassionati del cibo made in Italy, che permetterà loro inoltre di affinare i sensi e riconoscere il valore di un alimento, indipendentemente dall’etichetta.
Gli chef Del Verde in azione durante l'evento all'Istituto Italiano di Cultura di New York
Mercoledi all’Istituto di cultura italiana su Park Avenue, gli assaggi sono stati preceduti da una lezione di Stefano Milioni, che ha reso note le origini di questo alimento: “In una Roma di inizio millennio, che si espandeva a macchia d’olio – ha spiegato Milioni – non c’era cibo a sufficienza. Così per tener buona una popolazione di un milione e mezzo di abitanti, veniva distribuito gratuitamente del grano, che arrivava in enorme quantità da tutte le colonie. Per conservarlo meglio – ha proseguito il giornalista – la gente imparò ad amalgamarlo con dell’acqua e lavorarlo con le mani, per poi essiccare al sole l’impasto steso finemente: è così che venne data vita alla pasta”. E sul conteso primato con la Cina, l’esperto enogastronomico ha sottolineato: “C’è un equivoco di fondo dato dal fatto che le persone in giro dicono una cosa e gli altri la ripetono senza andare ad accertare il fatto. Marco Polo ne ‘Il Milione’ non ha detto di aver visto una cosa straordinaria ma piuttosto di aver riscontrato che c’era qualcuno che cucinava qualcosa di simile a noi”.
Ciò che non è cambiato nei secoli è la ricetta, a mutare decisamente è stato piuttosto l’utilizzo: oggi la pasta viene consumata nei Paesi più abbienti e non rappresenta più un piatto povero. E’ diventato un cibo gourmet: “E’ una fonte di creatività. Sette formati di pasta sono come sette note. Ci si può fare qualunque musica” ha sintetizzato Stefano Milioni.