Nella foto, un ritratto di Antonio Gramscip { margin-bottom: 0.08in; }
Era febbraio. Dal palco del popolarissimo Festival di Sanremo, edizione 2011, due noti comici declamavano stralci della Città Futura tra lo stupore del pubblico e il disorientamento dei vertici Rai. Tempi bizzarri. Non aveva torto Enzo Santarelli, quando definì “carsiche” le altalenanti fortune gramsciane in terra patria. Eppure Antonio Gramsci è uno dei cinque scrittori italiani più noti al mondo, annoverato tra i 250 autori dell’Indice delle citazioni di arti e di umanità, tradotto in una trentina di lingue. Un pensatore che non smette di intrigare studiosi e lettori appassionati di ogni latitudine. Difficile tenere il conto dei corsi universitari dedicati all’intellettuale sardo in ogni angolo del pianeta: dagli Stati Uniti all’India, dal Giappone all’Africa. Segno incontrovertibile della vitalità e della straordinaria attualità del suo pensiero. Abbiamo chiesto al professor Benedetto Fontana (Filosofia Politica @ Baruch College), di aiutarci a comprendere quale sia l’effettiva penetrazione del pensiero gramsciano nel mondo.
Quale diffusione hanno attualmente gli studi e le ricerche dedicate ad Antonio Gramsci?
«Gramsci è uno dei pochi pensatori politici marxisti ad essere non solo sopravvissuti, ma addirittura divenuti ancora più noti dopo la caduta dell’Unione Sovietica e la disintegrazione dei partiti comunisti dell’Est Europa. Non bisogna dimenticare che egli non fu “meramente” un pensatore; piuttosto fu uno dei leader e dei dirigenti di un movimento rivoluzionario il cui obiettivo era quello di stabilire la democrazia socialista e proletaria in Italia e in Europa. Attualmente l’aspetto militante di Gramsci è ampiamente dimenticato o deliberatamente omesso, sebbene i suoi scritti – originariamente pensati per sostenere il movimento rivoluzionario – siano usati (o abusati) da studiosi, intellettuali e ideologi di differente orientamento politico, da destra a sinistra. Oggi non esiste più il movimento sociale e rivoluzionario che avrebbe dovuto essere il vettore delle sue idee; nonostante ciò, esse si sono diffuse in ogni parte del mondo con molteplici sfumature e svariati milieux. Tutto ciò testimonia quanto incisivo sia ancora il pensiero gramsciano, quanto pregnanti siano i suoi scritti, quanto attuali siano le questioni socio-politiche a cui Gramsci dedicò le sue riflessioni. È per queste ragioni che Gramsci è tutt’oggi tradotto e ritradotto in numerose lingue».
New York vanta da sempre una robusta tradizione gramsciana. Basti pensare a Edward Said e a John Cammet. Ma non solo. Quali sono oggi gli apporti più significativi del mondo accademico newyorkese?
«Il contributo di New York è stato senza dubbio vivace e decisivo. Said certo, ma penso soprattutto a Cammet, il cui lavoro ha stimolato il rifiorire degli studi gramsciani in tutti gli Stati Uniti. Sia l’Italian Academy della Columbia University che la Casa Italiana Zerilli Marimò della New York University hanno spesso proposto conferenze e seminari dedicati alla vita e alle opere di Gramsci, ma anche all’influenza del suo pensiero nei diversi campi della politica, della società e della cultura. Solo qualche esempio: lo scorso marzo alla Columbia University si è tenuta una giornata di studi incentrata su Gramsci, Kant e il ruolo delle donne; il prossimo maggio, invece, ci sarà un seminario dedicato a John Cammet e alle sue ricerche; lo scorso anno il LaGuardia Community College ha ospitato una conferenza su Gramsci e la sua influenza sulla società contemporanea, con un focus speciale sul concetto di educazione; il Brecht Forum di New York City propone annualmente dei seminari dedicati a Gramsci; la rivista “Historical Materialism” ha tenuto presso la CUNY Graduate School il suo recente convegno annuale. In questa occasione, la maggior parte dei lavori presentati erano dedicati all’opera gramsciana».
Antonio Santucci – il maggiore esperto di studi gramsciani, secondo la definizione di Eric J. Hobsbawm – si è a più riprese occupato della“classicità” del rivoluzionario sardo. “In altre nazioni – scriveva nel 1997 – la consapevolezza che le Lettere e i Quaderni hanno avuto la propria origine negli anni della detenzione di Gramsci, e che su quelle pagine si allungano le ombre della repressione fascista ma anche del progressivo adeguamento del Pci alle direttive staliniane, non ha distolto gli studiosi dal puntare alla sostanza dei testi, che come tutti i classici autentici del pensiero filosofico e politico, rimangono espressione di un’epoca ma conquistano col tempo autonomia rispetto alle circostanze determinate, sia storiche che personali, nelle quali l’autore si è trovato a operare. Sta qui, con tutta probabilità, la ragione per cui negli ultimi anni le fortune editoriali e culturali di Gramsci all’estero hanno conosciuto impulsi più vivi che nel suo stesso paese”. Riflessioni tutt’ora valide?
«Indubbiamente. Le osservazioni di Santucci delineano una serie di elementi interconnessi. Innanzitutto occorre collocare Gramsci in uno specifico contesto politico, storico e personale: egli scriveva in una prigione fascista. Cosa significa? Significa, prima di tutto, che i suoi scritti scaturiscono dalla profonda presa di coscienza del fallimento del socialismo in Italia e nell’Europa dell’Est. In secondo luogo, esaminando questa sconfitta Gramsci ne analizza altre due: quella liberale, in quanto il Risorgimento diede vita ad uno stato debole la cui classe dominante si mostrava totalmente avulsa dalle masse popolari; e quella del pensiero e dell’azione marxisti, in quanto il socialismo italiano aveva dimostrato di essere frammentato, irrigidito e cristallizzato nelle sue impostazioni ideologiche. Sono queste le premesse da cui prende le mosse la riformulazione del pensiero e della prassi rivoluzionari, su un continuo lavoro di revisione e ripensamento dei concetti di stato, di rivoluzione, di coscienza, del rapporto tra struttura e sovrastruttura, di partito politico».
Gramsci, dunque, resta una pietra miliare del pensiero politico europeo. Quali sono le categorie gramsciane applicabili ai sistemi politici contemporanei?
«All’interno del lavoro di riformulazione di Gramsci, emergono concetti fondamentali, profondamente fluidi e sfumati, come quelli di egemonia, società civile, guerra di movimento e guerra di posizione, di intellettuale organico e di filosofo democratico, per menzionare solo i principali. È indubbio che gli scritti sull’egemonia, sulla società civile e – per quanto riguarda nello specifico i miei studi – sull’idea di filosofo democratico offrono oggi un’interessante chiave di lettura della contemporaneità politica e dei fenomeni sociali più attuali. Meno noti, ma altrettanto importanti, i suoi scritti sull’educazione, sulle culture popolare ed elitaria, sul concetto di umanità e natura che tuttora – seppur in modo non del tutto palese – influenzano la cultura del tempo presente».