Simpatica, travolgente, genuina e tagliente, anche ora che le 80 primavere sono state tagliate (da poco, segno zodiacale Capricorno). Cantava nell’osteria della nonna, faceva il contralto con gli Alpini. Ha vinto tre Festival di Sanremo, ha incantato milioni di persone in concerti dall’Italia al Cile, dalla Spagna al Madison Square Garden di New York. Legata indissolubilmente alla sua Emilia, legata (come dubitarne, d’altronde) alla storia della musica italiana. Insomma, un mito: Iva Zanicchi. La incontro nella sua casa in Brianza per parlare di Sanremo, di musica (io ho sempre in testa la canzone Zingara…) e del suo ultimo libro. Eh sì, perchè è stato appena pubblicato Nata di luna buona (Rizzoli), un libro che sta andando alla grande e dove lei, a suo modo, racconta la sua straordinaria vita e la grande carriera iniziata più di 60 anni fa….
Cosa significa quel titolo del libro, quell’essere nata di luna buona?
“E’ una frase del mio bisnonno Lorenzo: sono nata per terza e il mio papà voleva un maschio per via dell’eredità – sai che eredità! E così non mi volle vedere per tre giorni. Sono nata in una stalla, nevicava e l’ostetrica si era rifiutata di aiutare mia mamma Elsa: lei era nella stalla per mungere la vacca Nerina e io sono nata proprio lì! La mamma mi avvolse nel foulard e mi mise nella mangiatoia: era disperata perché ero femmina!, ma il bisnonno Lorenzo mi guardò e disse: “E’ nata di giovedì e di luna buona!“”.
Ma è vero che cantavi sin da bambina e che quando cantavi tuo padre non ti sopportava?
“Ma sì, mio papà aveva una grande manualità e siccome non voleva sentirmi cantare, e così mi costruì questa casetta: io salivo e cantavo. Avevo una voce che mi sentivano a distanza nella valle. Anche la maestra diceva che cantavo bene”.
Con le tue sorelle tenevi il quaderno degli attori e cantanti preferiti: su questo quaderno c’era una foto autografata di Achille Togliani, che qualche anno dopo divenne il padrino del Concorso di Castrocaro, che lanciò la tua straordinaria carriera: come fu il tuo inizio?
“Finita la serata del concorso arriva Gigi Vesigna e mi dice: “oh bambina, ci vediamo a Sanremo! Ravera ha detto che vinci tu!“. Io perdo la voce e la sera anziché cantare “abbaio” e arrivo quarta. Andai a Milano per fare un disco: presi il treno da sola, all’epoca era come andare sulla Luna! Mio papà mi preparò una bellissima valigia di cartone e feci tutto il viaggio con la testa fuori dal finestrino, così persi la voce un’altra volta: arrivai dal discografico senza voce!”
E poi però andasti a Zurigo, al Festival della Canzone italiana che si teneva in Svizzera..
“Sì, un grande ricordo. Anche qui un viaggio in treno, lunghissimo, ed era la prima volta… che uscivo dall’Italia. A Zurigo è stata quasi una vittoria, ho cantato una canzone bruttina di cui nemmeno mi ricordo, Quando verrai, la gente applaudiva, pure gli svizzeri sembravano italiani, insomma quello è stato il vero trampolino di lancio della mia carriera”.
La tua voce “nera” colpì insomma i discografici e così hai inciso la tua prima canzone di successo, “Come ti vorrei”.
“La casa discografica si chiamava Rifi: c’era Mina e..sì, ero gelosa! Quando arrivai, lei era una star. Anni dopo avrei dovuto condurre io il programma Studio Uno della Rai, ma invece lo fece lei…”
Poi però vai a Sanremo e subito vinci!
“Sì, con la canzone Non pensare a me, in coppia con Claudio Villa, anno 1967″.

Hai partecipato a dieci festival e ne hai vinti tre: qual è il ricordo più bello di Sanremo? E quello più brutto?
“Il più bello è Zingara con Bobby Solo, festival dell’anno 1969. Il ricordo più brutto è invece è proprio nel 1967, in quell’anno in cui morì Tenco. Pensavo che chiudessero il Festival, mi sembrava inconcepibile continuare il festival ero dietro le quinte e singhiozzavo, mi sembrava talmente atroce gioire per la vittoria in un momento così’.
Per te hanno scritto in tanti, da Battisti e Paolo Conte a Umberto Bindi e Shel Shapiro e Cristiano Malgioglio: ma chi é l’autore al quale devi di più?
“Un giorno Battisti chiama il mio discografico: vuole fare una canzone con me. Stiamo insieme una settimana: bene, l’unica brutta canzone scritta da Mogol e Battisti è quella, anno 1972, Il mio bambino! Anche Paolo Conte me ne scrisse una, un blues, ma era una veramente brutta! Theodorakis invece ha scritto Fiume amaro, il mio più grande successo”.
Negli anni 60 e 70 mi sembra però che non c’era quella invidia fra artisti che spesso oggi c’è, c’era più amicizia, più possibilità di fare cose insieme. E’ vero?
“Verissimo. Si, qualcuno che se la tirava c’era già allora, ma era tutto più semplice, anche fra noi cantanti, c’era il famoso bestiario, io l’Aquila di Ligonchio, Mina la Tigre di Cremona, Milva la pantera di Goro, e poi ricordo la Vanoni, Rossana Fratello, la Sannia, la Cinquetti”.
Ecco, parliamo del successo… non ti ha mai tolto qualcosa alla tua vita privata?
“Qualcosa ho dovuto lasciare: per esempio avevo paura a portare mia figlia in aereo durante le mie tournèe, così lei restava a casa con i nonni, per molte settimane e io pensavo di fare così la cosa giusta. Ricordo che spesso viaggiavo con Albano e Romina, e con i loro figli. Loro invece erano sempre tranquilli, tutta la famiglia si muoveva, e io invece no, ero lontana da mia figlia”.

Negli anni ‘70 la tua carriera é caratterizzata anche dall’impegno e dall’incontro con grandi intellettuali: per esempio ricordo Giuseppe Ungaretti…
“Ungaretti fu un uomo dal cuore candido, puro. E’ stato un incontro meraviglioso! Lo incontrai a Salsomaggiore, mi disse che avrebbe voluto recitare per me nel bosco una poesia. Era unico”.
Un ricordo della tournee teatrale con un altro gigante dello spettacolo, Walter Chiari?
“Ho fatto sei mesi in tournè e devo molto a Walter. Era un vero gigante. Un giorno sua mamma mi dice di non dargli retta e di stare attenta perché lui ci prova sempre. Dopo un po’ di tempo in effetti lui mi fa delle avances e io, che sono ancora una ragazzina, gli dico di no. Lui mi guarda e dice: “Ma mica te lo avrà detto mia mamma!?””.

Gli anni ‘90 per te hanno coinciso con una svolta televisiva cominciata con quel Premiatissima, programma di Canale 5, presentato da Johnny Dorelli del 1984.
“Dorelli mi disse: “Intrattieni il pubblico!”. Ero uscita senza sapere che stavano già registrando”.
Ma ho saputo che è appena uscito un tuo nuovo brano scritto proprio da Malgioglio…
“Una bella canzone, si intitola Sangue nero, la devi ascoltare!”.
Scusa ma cosa mi dici su questo Festival di Sanremo 2020?
“No comment. Fammi un’altra domanda, va là…”
Allora, qui vedo solo uno dei trofei da te conquistati al Festival. E gli altri due dove sono?
“Rubati. Ho subito sette furti in casa. Ho messo un cartello grande fuori dal cancello. Ho scritto ‘Avete rubato tutto, non ci sono più cose di valore. Se volete vi posso fare una spaghettata, entrate quindi pure ma sappiate che qui non c’è più niente da rubare”. Abbiamo finito?”