“Sono Ornella Vanoni”. Quando si presenta la sua voce è inconfondibile. Ci riporta a mille emozioni. Ornella Vanoni: una delle poche, vere regine della canzone italiana. Una carriera senza fine, ininterrotta, affascinante, unica. Giovanissima, a metà degli Anni Cinquanta esordisce come interprete teatrale. Segue i corsi dell’Accademia di arte drammatica del Piccolo Teatro di Milano, con un maestro di eccezione: Giorgio Strehler. Talento, passione e successo raggiungono rapidamente la combinazione perfetta. Ornella Vanoni diventa la compagna di Strehler, e quest’ultimo crea il suo primo personaggio, facendola diventare la cantante della “malavita”. Notti, nebbie, la disperazione degli ultimi, delle periferie milanesi, la emarginazione di un mondo sfiorato dal boom economico del secondo dopoguerra, troveranno espressione in canzoni famosissime come Ma mi e Le mantellate.
Non è che la prima delle stagioni artistiche della Vanoni. L’inizio degli Anni Sessanta la portano ad incontrare un giovane cantante genovese in cerca di fortuna: Gino Paoli. Ancora volta, amore e passione conquisteranno il grande pubblico con poche, semplici parole: la loro canzone, Senza fine, che Paoli scrive per Ornella. Ma la vita della Vanoni è destinata ad andare veloce. Dopo un matrimonio conclusosi rapidamente come era cominciato, Ornella torna al suo primo amore: il teatro. Con una commedia che avrà un clamoroso successo internazionale: Rugantino, musical della celebre coppia di autori Pietro Garinei e Sandro Giovannini, in arte Garinei & Giovannini. Sulle musiche di Armando Trovajoli recitano Nino Manfredi, Aldo Fabrizi, Bice Valori, Lando Fiorini e, in sostituzione di Lea Massari: Ornella Vanoni.
Ritorno in Italia, ritorno alla canzone, ma con un nuovo personaggio ed nuova sensibilità musicale. Tra gli anni Sessanta-Settanta la Vanoni si dedica ai cantautori portando al successo alcune canzoni indimenticabili: Io ti darò di più; La musica è finita; Tristezza; Una ragione di più; Eternità; L’appuntamento; Domani è un altro giorno; La voglia di sognare; Dettagli. Da quel momento la sua produzione supererà le epoche e gli stili, per rappresentare la evoluzione della canzone italiana nel suo senso migliore.
Nella seconda metà degli anni Settanta ricordiamo l’ LP La voglia la pazzia, l’incoscienza l’allegria, registrato con Vinicius de Moraes e Toquinho.
Inizio anni Ottanta: é il periodo del rinascimento economico e sociale italiano. La nostra Repubblica torna ad aprirsi al mondo dopo le crisi finanziarie del decennio precedente. Per la Vanoni è la stagione di produzioni curatissime e di collaborazioni prestigiose; Musica, musica; Vai Valentina; l’album Ornella & … che nel 1985 la vedrà collaborare con i più celebri musicisti americani. Nuovo decennio, nuovo stile, nuovi successi: è del 1997 l’LP Argilla, che avvicina la Vanoni alla musica jazz, sua attuale passione. Nel 2002 pubblica l’ LP Sogni proibiti, in cui la Vanoni canta in italiano i successi di Burt Bacharach. Siamo ai giorni nostri: nel 2008 Ornella torna a duettare con Gino Paoli nel disco Più di me, e nel 2014 inizia il suo tour Un filo di trucco, un filo di tacco, per festeggiare i suoi ottant’anni. Ma non è che l’inizio, un nuovo inizio. La carriera della Vanoni continua. senza fine: oggi con la musica jazz.
Ornella, hai esordito con le canzoni della mala. Come hai vissuto la evoluzione del tuo personaggio in una donna sofisticata ed alto borghese?
“Di famiglia sono sempre stata alto borghese. La stagione delle canzoni della mala per me è terminata quando mi separai da Giorgio Strehler. E’ da allora che ho deciso di fare l’attrice e continuare la mia carriera teatrale. In seguito, ho scelto di tornare alla musica”.
Ricordiamo le tue canzoni nei programmi RAI degli anni Sessanta, come Tutta la gente del mondo, Ti saluto ragazzo…. A quei tempi capivi che il pubblico iniziava a vederti in un modo diverso?
“Quando io e Strehler ci siamo lasciati per me la stagione della “mala” era definitivamente terminata. Come cantante, ho cambiato genere e sono stata la prima ad occuparmi dei cantautori: Gino Paoli, Sergio Endrigo, Luigi Tenco, Mino Reitano, Domenico Modugno, Franco Califano, Umberto Bindi”.
Ornella, a quale canzone ti senti più legata, quale ricordi con più affetto?
“Ce ne sono troppe per dirti a quale sono più legata”.
Ci racconti dei tuoi ricordi e delle tue esperienze in America? Iniziamo con Rugantino, 1964, testi di Garinei & Giovannini, tre mesi ininterrotti di sold-out in un teatro dove, prima del vostro debutto, era stato rappresentato il musical May Fair Lady con Rex Harrison e Julie Andrews.
Stiamo parlando del celebre Mark Hellinger Theatre, al 237 di West 51st Street a Midtown Manhattan, oggi sede della Times Square Church.
Che ricordi hai di quella esperienza? Fu un successo…
“Secondo me non fu proprio un successo. La produzione aveva deciso di fare una traduzione simultanea con una scritta che scorreva sotto il palco. A quei tempi il pubblico non era abituato ed io avevo la impressione che facessero fatica a seguirci. Ma lo spettacolo era bellissimo. Poi noi artisti abbiamo avuto delle difficoltà. In America non stiravano bene gli abiti di scena, mentre in Italia eravamo abituati ad avere scenografia e costumi perfetti, stirati da artigiani. Ricordo che il nostro arrivo in America fu molto divertente. Aldo Fabrizi non voleva separarsi dal suo baule pieno di spaghetti, di caciotte, formaggi, di prodotti tipici italiani. Insomma: tutta la compagnia rimase bloccata per due ore in aeroporto sinché la dogana statunitense risolse la questione. Aldo Fabrizi era una persona simpaticissima. Durante il nostro soggiorno in America, ogni giorno andava sempre a mangiare al Buitoni Restaurant, in Times Square, tra la 46° e la 47° strada, a Manhattan. Comunque, è vero: portammo Rugantino anche in Canada ed Argentina, dove ottenemmo un successo clamoroso“.
Restiamo in America. Veniamo all’album “Ornella &…” del 1986, dove collaborato con musicisti eccezionali. Per esempio, il solo Herbie Hancock ha vinto dodici Grammy Awards e un Oscar. Come ti sei trovata a lavorare con loro ?
“Ci trattenemmo per mesi in New Jersey presso lo Studio Broadway Productions, dove per la promozione dell’album la CDG e la Warner Music Group ci chiesero di girare anche molti filmati. Tra i vari miei collaboratori per quell’album sicuramente ricordo Herbie Hankock, già allora bravissimo. Il mio Ornella &… arrivò a costare talmente tanto che la produzione ci chiese di registrare non uno, ma addirittura due vinili. Questo voleva dire che registrata una canzone, dopo dieci minuti ne registravamo immediatamente un’altra. Tuttavia ancor oggi ho la impressione di non essere riuscita a stabilire un totale feeling con i miei collaboratori. Quindi per me Ornella & … rimane un disco straordinario, che ebbe anche un buon successo commerciale, ma credo sia riuscito a metà. Ricevevo i più grandi artisti del mondo musicale in rapida sequenza, uno dietro l’altro, senza sosta. Erano dei mostri sacri: George Benson, Michael e Randy Brecker, Ron Carter, Eliane Elias, Gil Evans, Herbie Mann, Steve Gadd, Chris Hunter, Lee Konitz. Lo confesso: ero emozionatissima. Gente così non si incontra tutti i giorni”.
Che ricordi hai delle tue collaborazioni con Vinicius de Moraes e Toquinho per l’album La voglia la pazzia l’incoscienza l’allegria del 1976?
“Quel disco è tra i capolavori mondiali di quel periodo. Con il mio produttore, Sergio Bardotti, andammo a San Paolo del Brasile per incontrare Vinicius e Toquinho. Poi loro ci vennero a trovare in Italia, a Roma, dove abbiamo registrato tutto in tre mesi. Ci siamo divertiti tantissimo. Stavamo sempre insieme. Mangiavamo, ridevamo, piangevamo: allora si lavorava così. Erano periodi un cui si stava tutti sempre insieme. Oggi è diverso”.
Tra artisti?
“No, anche tra persone normali. Vi pare che oggi si stia insieme? Con il telefono o con il tablet oggi hai solo la impressione di stare insieme, ma in effetti vivi in una solitudine assurda”.
Nel 2002 nell’album Sogni proibiti hai cantato le canzoni del grande Burt Bacharach …
Sì, ma in questo caso non lo ho incontrato personalmente. Ho solamente cantato le sue canzoni”.
Ornella, ci parli delle tue ultime produzioni?
“Recentemente è stato lanciato il mio album Argilla. Si tratta di una produzione della Tuk Music Reloaded del jazzista Paolo Fresu, di cui Warner Music cura la distribuzione internazionale. Sono quattordici tracce fra musica brasiliana e jazz, che originariamente furono incise nel 1997. Si tratta di una produzione non commerciale, coraggiosa, non destinata a passare per radio. E’ appena stata presentata con un grande concerto a Parigi e lanciata sul mercato francese. E’ stata voluta personalmente da me, con dei jazzisti straordinari. Per i collezionisti abbiamo anche stampato una versione in vinile con una edizione numerata. Inoltre all’inizio di quest’anno ho lanciato Un pugno di stelle, un cofanetto di tre CD con i miei più grandi successi”.
Ornella: hai fatto teatro, cinema, sei ancora una protagonista della musica. Riconosciamolo: hai avuto successo in tutto quello che hai fatto. Cosa ti ha spinto a scegliere di fare la cantante?
“In realtà, spesso mi sono personalmente occupata anche di molte delle regie dei miei spettacoli, come nel caso del tour “Un filo di trucco,un filo di tacco” del 2014. Ora ho deciso di lavorare con i jazzisti. Le loro scenografie sono più semplici. Lo spettacolo si gioca tutto sulle luci e naturalmente sulla musica”.
Ornella, le tue canzoni sono amate da tutti. Come è cambiata la musica italiana dai tuoi esordi ad oggi?
“Per quanto riguarda la musica italiana alcune produzioni, come quelle di Tiziano Ferro, Elisa, Zucchero, hanno degli arrangiamenti decisamente originali. Il resto del mercato mi dà l’impressione di essere un po’ piatto dal punto di vista delle scelte musicali”.
Quando sali sul palco oggi provi ancora la stessa emozione dei tuoi esordi?
“L’emozione, non dico la paura, ma l’emozione ci deve essere sempre. Se non provi emozione, non riesci a trasmetterla al pubblico”.
Ornella, grazie di questo incontro. Come vuoi salutare i nostri lettori in America?
“Adoro New York: non vedo l’ora di tornarci! Anni fa visitavo la città regolarmente, due volte l’anno. Oggi i miei impegni rendono tutto più complicato. Venivo a New York non per cantare, ma per vestirmi, visitare i miei amici, vedere gli show, ascoltare musica. Mi piace molto Downtown sino a Tribeca. Conosco la sede del vostro giornale: siete nel palazzo delle Nazioni Unite, nel giardino esterno c’é la famosa statua dello scultore italiano Arnaldo Pomodoro “Sfera con sfera”, che ricorda la complessità del mondo moderno. Tornerò presto in America: la prossima primavera. Nel frattempo, vi abbraccio tutti”.