Il sud Italia e il sud Europa come crocevia del mondo, la musica come strumento di condivisione. In un periodo storico in cui muri e barriere superano ponti e legami, una band musicale di Boston cerca di portare il vento del Mediterraneo negli Stati Uniti. Sono in sette, si chiamano NewPoli e venerdì 7 luglio, alle 9.30pm, si esibiranno da Joe’s Pub a New York (425 Lafayette Street, Manhattan) per proporre alcuni brani del loro ultimo album Nun te vutà. E non solo.
Dal nome del CD, si capisce subito una cosa: l’impronta italiana c’è, eccome. Una sensazione confermata dalla composizione del trio che si occupa della direzione artistica, formato per due terzi da ragazze italiane: Angela Rossi, Carmen Marsico e lo svedese Björn Wennås. Ma anche il nome del gruppo (formato anche da Fabio Pirozzolo, vocals/percussion/Italian tambourine; Dan Meyers, flutes/ciaramella/bagpipe/percussion; Karen Burciaga, violin, Jussi Reijonen, oud/mandola/guitar) è significativo. Perché il termine Newpoli abbraccia le influenze della cultura greco-romana, che ha trovato nel Mediterraneo il bacino fertile in cui crescere. Ma ricorda anche un po’, se vogliamo, la polis rivisitata in chiave moderna. Così come fa tornare alla mente quella Neapoli capitale, con Palermo, del Regno delle Due Sicilie. Il nome del gruppo, insomma, è un mix di tutti quei fattori che hanno reso grande il Mediterraneo. Fattori culturali importanti, ma forse ormai dimenticati. Perché se oggi si cita la parola “mediterraneo” vengono in mente da una parte i morti del mare e la debolezza di un’Unione Europea incapace di gestire la crisi, enorme, che sta vivendo, e dall’altra l’emigrazione dei giovani europei del sud verso il nord e l’oltreoceano. In realtà, però, “mediterraneo” dovrebbe e potrebbe essere sinonimo di molto altro. Perché fa rima con storia, con filosofia e con cultura. E la musica folk prodotta dai Newpoli si pone proprio questo obiettivo: tornare a considerare il mediterraneo come bacino ricco di valori, prima che come “terra” di tragedie.
“Negli ultimi anni abbiamo visto così tanti giovani emigrare dal sud Europa” ci ha raccontato il chitarrista Björn Wennås, nato in Svezia ad Uppsala, dove la tradizione folk è più sentita di quanto si possa credere. “Tutti questi giovani almeno un master o un dottorato e sono molto dotati, ma non c’è lavoro nel loro Paese. Vogliono lavorare, vogliono averne la possibilità e vanno via”. Il Mediterraneo, però, significa per l’appunto anche altro: “Le parole delle strofe di ‘Nun te vutà’ descrivono la situazione di oggi – ci ha raccontato la cantante Carmen Marsico, originaria della Basilica, cittadina veneta e trasferitasi a Boston nel 2000. Una canzone molto solidale e dove c’è della tristezza, naturalmente, ma dove nel ritornello troviamo anche molta energia, molta positività, quel senso di speranza per la vita futura”.
Una vita futura che però non si dimentica delle sue tradizioni e che affonda le sue radici nel superamento dei termini “locale” e “globale”, per affidarsi a una logica che oggi potremmo definire “GLocale”: “Il Mediterraneo rappresenta un’influenza unica, non solo italiana: le tradizioni popolari che provengono dall’Africa, dalla Turchia, dalla Grecia e dall’Italia sono infatti parte di un’unica corrente fatta di vitalità, passione e pulsioni. Quel Mediterranean Pulse che può e deve influenzare positivamente il resto del mondo” ci ha spiegato Angela Rossi, campana di origini, a Boston dal 2001.
Ad accomunare il trio artistico, non solo la passione per la musica folk e per la cultura del Mediterraneo, ma anche un’università che ha permesso loro di conoscersi nei primi anni del 2000: il Berklee College of Music, che è stato anche il luogo da cui è nata l’idea del gruppo musicale, fondato poi nel 2003. “Il College organizzava periodicamente l’International Folk Festival: è stata in quell’occasione che abbiamo capito che nel panorama musicale moderno ci fosse un vuoto, non solo dal punto di vista del genere musicale, ma anche nei contenuti” ci hanno spiegato. E così, è nato il progetto Newpoli. Prima con una demo. Poi con la riproduzione di musica tradizionale, soprattutto proveniente dalla Basilicata. Un percorso artistico che, 14 anni dopo la sua nascita, li ha portati all’incisione di quattro dischi (l’ultimo, per l’appunto Nun te vutà), a lavorare su un quinto (che verrà registrato in studio da settembre) e a vincere numerosi premi: Winner Best World Traditional album IMA 2016, Finalist Best World Traditional song IMA 2016, Finalist USA Songwriting Competition 2016 e Finalists Premio Nazionale Città Di Loano Per La Musica Tradizionale nel 2014 e nel 2016. E oggi i Newpoli suonano in tutta America: da New York a Chicago, dall’Arizona alla California.
Nell’esibizione live al Joe’s Pub di venerdì 7 luglio, a New York, il gruppo porterà un repertorio misto, che comprende le tracce tratte dall’ultimo album, così come cover di canzoni legate alla tradizione. Sempre con un unico obiettivo: “Fin da quando abbiamo fondato il gruppo abbiamo voluto ripercorrere la cultura del Mediterraneo, valorizzando molto il concetto positivo di ‘melting pot’” ci hanno spiegato Angela, Björn e Carmen. Perché è vero, “l’immigrazione è dolorosa e talvolta fa male, ma avendo nel cuore il proprio Paese d’origine è possibile rafforzare la cultura del mondo attraverso il racconto delle proprie tradizioni”. Tradizioni musicali come in questo caso, certo, ma non solo.