I meteorologi hanno dichiarato l’estate che si sta per chiudere a New York una delle più calde e soffocanti dell’era moderna. Ma i musicofili l’hanno trovata anche una delle più spassose. Per averne un’idea: a Ferragosto sul piazzale del Lincoln Center si è prodotto il Coro per mille voci del compositore newyorchese David Lang, intitolato The public domain, cioè “Di pubblico dominio”. Un susseguirsi di accordi placidi, minacciosi, ipnotici, brutali e paradisiaci emessi effettivamente dalla gola di mille persone di cui la metà tecnicamente preparata l’altra metà no; erano destinati, diceva il programma, a celebrare la gioia che nel paese dell’individualismo può nascere dall’incontro tra tanti membri del genere umano. Il pubblico secondo la polizia ha oltrepassato le duemila persone. Si può immaginare il caos. Ma tutto è andato bene e la critica ha confermato il sessantenne Lang, che dieci anni fa aveva ricevuto il premio Pulitzer per la musica per la sua opera La passione della piccola fiammiferaia, come una delle espressioni più originali della musica contemporanea.

Il Lincoln Center è un insieme di teatri e di auditoria di fama mondiale nato cinquant’anni fa a Manhattan e che nell’ultimo paio d’anni ha avuto non indifferenti problemi economici. Ma la festa canora ideata da Lang era gratuita per tutti, e così pure un’altra iniziativa ideata nelle ultime due estati dal principale inquilino del Center, il Metropolitan Opera Theater che con la sua facciata ad archi ispirata all’architettura “razionalista” italiana domina sullo sfondo il piazzale come una specie di chiesa di San Marco in abiti moderni e relativa piazza (perdonate il confronto). Il teatro ha offerto al pubblico dieci serate operistiche, in cui centinaia di persone hanno potuto, anche senza prenotazione, assistere a una selezione di altrettante opere riprodotte su un immenso schermo e con sonoro di alta fedeltà, tratta dal cartellone dell’anno scorso. La gente ha goduto estasiata, anche perché molti avevano portato cibi e bottiglie di vino.
Il teatro ne ha tratto anche occasione per annunciare e illustrare il cartellone della nuova stagione che arriva il 26 settembre con una nuova produzione del Tristano e Isotta e comprenderà ventisei opere dal celeberrimo all’ignoto: tanto per fare esempi, dalla Bohème in produzione zefirelliana a L’amour de loin della compositrice finlandese Kaija Saaraho.
Non ha guastato il fatto che a non molti passi di distanza, nel Central Park, un gruppo di musicisti, attori e coreografi entusiasti diretto da Kwame Kwei-Armah e Shaina Taub ha messo insieme per il Public Theater e offerto, anche qui gratuitamente, al pubblico, La dodicesima notte shakespeariana trasformata in musical. A chi obiettava è stato fatto osservare il sottotitolo applicato da Shakespeare al dramma: “Or what you will”, cioè “o fate come vi pare.” Il critico di The New York Times ha parlato di “spirito in libertà” e di “una delizia”.
Passo alle giovani generazioni, che hanno più che mai allietato con la loro bellezza, idee e virtù quest’estate che muore (parlo sempre di estetica; quanto a cultura in senso lato, le ragazze giravano in mutandine, ma è anche nell’infanzia un movimento anti-reggipetto; vedremo se prende piede). La palma delle numerose iniziative liriche va senz’altro al Dell’Arte Opera Esemble, una compagnia che da diversi anni riunisce in ottime e originali produzioni giovani cantanti, scenografi e orchestrali, molti dei quali trovano poi o hanno già trovato impiego in compagnie professionistiche in America e fuori. Quest’estate il cartellone comprendeva, sotto il titolo generale Violetta e le sue sorelle, La Traviata e la Manon di Massenet, più una collana lirica di “scene del demi-monde” e un’altra di Chansons de Baudelaire. Stringatissime, ma spiritose e di buon gusto, le messinscene nell’auditorium di un “college” cittadino.