Il buio, talvolta spaventa, talvolta permette di apprezzare meglio la vita; di non perdere neanche una parola o una risata delle persone che si incontrano tutti i giorni. La luce la si può vedere con gli occhi, la si può sentire con il cuore. Il sentire interiore è ciò che differenzia gli esseri umani tra loro; ciò che rende visibili i sepolcri imbiancati dai minareti; ciò che i cinici, continuamente, chiamano sentimentalismo. Il sentire è ciò che ha permesso ad Angelica di sentirsi realizzata nonostante il dramma che dalla nascita vive tutti i giorni: i suoi bellissimi occhi chiari, purtroppo, non vedono.
Angelica ha 26 anni; vive a Napoli; è moglie e madre di due bambini. Canta e scrive testi musicali. Nel 2010 lancia il suo primo lavoro discografico, La voce del mio cuore. Dopo un anno è la volta dell'album La mia musica.
Sei non vedente dalla nascita; sei un'artista e madre di due bambini di sei anni e di sedici mesi. Ti va di parlarci del tuo percorso?
Parlo volentieri del dramma che ho e che ho vissuto fin dalla nascita perché mi ha permesso di scrutare la vita, di cogliere l'essenziale e di diventare sempre più risolutiva verso le problematiche che possono presentarsi. Quando ero una bambina, vivevo in un mondo tutto mio: l'affetto dei miei genitori, lo splendido rapporto che avevo con mio fratello, non mi permettevano di concepire che al di là della porta di casa, avrei trovato tante difficoltà. Poi, crescendo e relazionandomi con le ragazzine della mia età, si radicava sempre di più, in me, una profonda insoddisfazione: loro potevano truccarsi e specchiarsi tutte le mattine prima di andare a scuola. Rispetto a loro, iniziavo a sentirmi minore. I sentimenti e le sensazioni negative che avvertivo, distruggevano pian piano l'amore verso me stessa che ero riuscita a costruire grazie alla musica e alla scrittura, da sempre i miei più grandi amori. Iniziai a frequentare dei centri specializzati, dove vi erano ragazzi e ragazze che vivevano ogni giorno le mie stesse problematiche. Fu proprio qui che compresi che, al di là di quello che non potevo vedere, esisteva quello che potevo sentire. Una finestra allora si apri sulla mia vita, iniziavo ad avere cura di me, a darmi da fare tutti i giorni, a vivere. La donna forte e dinamica che sono oggi è il frutto di un tormentato e difficile percorso spirituale che ho intrapreso da sola. Un po' alla volta, sono riuscita a costruire una piccola chiesa nel mio cuore.
Sei una ragazza poliedrica, ami cucinare, scrivere e cantare. Come riesci a far tutto da sola?
Devo riconoscere che per i non vedenti, oggi, c'è quasi tutto. Con gli anni ho imparato a far ogni cosa da sola ed oggi posso dire di essere davvero indipendente. L'unica cosa dove preferisco essere prudente è dar da mangiare ai miei bambini, lì ci pensa mia madre. Sono troppo protettiva per provarci da sola.
Che cosa significa non vedere?
La ragazza che ero negli anni passati ti avrebbe detto cose bruttissime. Oggi ti dico che non vedere significa soltanto una cosa: conoscere molto meglio, rispetto agli altri, i propri limiti.
Parliamo ora della musica e dei tuoi concerti… Puoi dire che hai vinto?
Sì, vinco ogni volta che canto; che scrivo una canzone; che preparo il pranzo e la cena; ogni volta che prendo in braccio i miei figli. I concerti sono stati importanti perché mi hanno permesso di raccontare la mia storia e di comunicare la voglia di vivere. Eppure all'inizio era solo un sogno: dopo aver scritto la prima canzone, mio fratello aveva creato la musica, allora quel foglio di note e di parole, appariva già completo, per me, che non ero abituata a vedere. Ma Dio opera in strani e meravigliosi modi…