Nell'anno che sta per concludersi New York ha sfronato molte novità e proposte interessanti in un panorama che continua ad essere caratterizzato dalle produzioni indipendenti e da band nate nei garage di Brooklyn e dintorni.
Tanti i generi che si mescolano producendo suoni che sono la diretta espressione di quel meltin' pot culturale che è la vera ricchezza della Grande Mela. Ecco allora i nostri preferiti. Di alcuni di loro abbiamo parlato nel corso dell'anno, altri sono sorprese dell'ultimo minuto.
1. RUN THE JEWELS, Run The Jewels
Il duo è newyorchese solo per metà, ma tanto basta per uno degli LP più celebrati dell'anno. Il rapper bianco di Brooklyn El-P, storico membro dei Company Flow, insieme all'amico e collaboratore di lunga data Killer Mike, al secondo LP insieme lasciano ancora il segno. Basi devastanti, pezzi selvaggi e arrabbiati come non se ne sentivano da un po' di anni.
2. SWANS, To Be Kind
A soli due anni da The Seer, lo storico collettivo fondato nel 1982 dal songwriter e polistrumentista-sciamano Michael Gira rilascia un nuovo capolavoro. Solite atmosfere nebbiose e claustrofobiche, tra ossessive digressioni strumentali e discese verso gli inferi, con un ritrovato gusto per il blues più rumoroso.
3. D'ANGELO AND THE VANGUARD, Black Messiah
Quando nessuno ci credeva più, una delle icone black dell'East Coast anni Novanta è tornata con un nuovo disco, a distanza di quattordici anni da Voodoo, tra lunghi periodi sabbatici e un arresto per molestie a una poliziotta in borghese. L'uscita del terzo LP del quarantenne di Richmond, Virginia, è stata anticipata di qualche mese in seguito ai recenti malumori e disordini degli afro-americani contro le forze dell'ordine. Tra motown, funky e soul dal respiro contemporaneo, il messia nero è tra noi.
4. REAL ESTATE, Atlas
Originari del New Jersey, ma ormai adottati da Greenpoint, l'area più aristocratica e per bene dei giri hipster di Brooklyn, con il terzo LP hanno confermato un peculiare stile fatto di cantautorato figlio del pop psichedelico degli anni Sessanta, dei Wilco e del folk da “pastorale americana”.
Nonostante le polemiche legate alle sue presunte simpatie fasciste, il solitario e inquietante Sean Ragon ha raggiunto la maturità compositiva con un album che coniuga dark-folk spirituale, le fascinazioni più oscure di Nick Cave, gli Swans e i Death In June.
Di Cult of Youth abbiamo parlato in questa rubrica lo scorso novembre.
6. SHARON VAN ETTEN, Are We There
Al quarto tentativo, la cantautrice del New Jersey, anche lei adottata da Brooklyn e da band come The National e The Antlers, sembra aver conquistato la meritata popolarità. L'album è una raccolta di ballad struggenti in cui le armonie vocali della trentatreenne chitarrista polistrumentista fanno scorrere interminabili brividi lungo la schiena.
Di Sharon Van Etten abbiamo parlato su questa column lo scorso maggio.
7. AZEALIA BANKS, Broke With Expensive Taste
L'irrequieta, sboccata ed eclettica promessa black di Harlem, dopo infiniti screzi con manager, etichette e discografici, è riuscita a portare a termine l'album d'esordio che raccoglie il meglio di vecchie e nuove produzioni. Gli arrangiamenti sono da classifica, la sua lingua lunga e biforcuta, come l'innata abilità nel far parlare di sé. Niente male per una ventiduenne.
Di Azealia Banks abbiamo di recente parlato su queste pagine.
8. HOW TO DRESS WELL, What Is This Heart
Il trentenne di Chicago, cresciuto a Colonia, in Germania, si è trasferito anche lui a Brooklyn da un po'. L'ultimo album conferma il suo innato talento di sofisticato cantautore moderno, tra elettronica, r'n'b, soul e sperimentazione.
How to Dress Well è comparso su questa rubrica lo scorso luglio.
Dopo il promettente EP dello scorso anno (quando l'avevamo presentata su questa rubrica), l'indemoniata biondina di Far Rockaway si è spinta ancora più oltre con le sue fragorose alchimie rumoriste tracciate da urla infernali ed esplosioni industriali. Non a caso ha suonato di spalla proprio agli Swans.
https://youtube.com/watch?v=vPvrM9JuT1o
Dopo un esordio scioccante e un secondo album che ha accontentato a metà i seguaci della band di Staten Island, il terzo LP ha riportato ad altissimi livelli l'indie rock elegante e carico di pathos di Joseph D'Agostino e soci. Chitarre taglienti, asperità noise-rock tipiche delle avanguardie newyorchesi e un mood da figliocci dei Pavement.
Su queste pagine li abbiamo già incontrati lo scorso settembre.