Mentre il Teatro delle Albe si avviava alla conclusione della sua esperienza americana con uno spettacolo il 18 Febbraio alla Montclair State Univeristy (all'interno del programma di attività della cattedra Inserra in Italiano e Studi Italo-Americani) e alcune performance a Chicago, mi sono fermata a ragionare di teatro con i fratelli Mancuso che di quello spettacolo curano e interpretano le musiche.
Musicisti, compositori, cultori della musica siciliana e – come si dice oggigiorno – etnica Enzo e Lorenzo Mancuso hanno tenuto un workshop alla Montclair University lunedì 17 febbraio. I due fratelli vengono da una numerosa famiglia siciliana che – come spesso accade – ha visto i componenti andare a cercare fortuna all’estero. Seguendo l’esempio di un fratello più grande, Enzo e Lorenzo arrivarono a Londra per lavorare in una fabbrica. Come sanno coloro che hanno lasciato la propria patria per un altro paese, è proprio da lontano che viene più voglia delle proprie radici. Così, i due fratelli iniziarono a interessarsi alla musica siciliana per arrivare a farne la loro ragione di vita.
Da allora sono passati tanti anni e fra le varie esperienze fatte dai fratelli Mancuso, c’è il teatro, vissuto sia come musicisti, creando musiche per spettacoli famosi, come la Medea di Emma Dante, rinomata regista palermitana, sia come veri e propri protagonisti, come accade nello spettacolo appena presentato a New York, Rumore di Acque.

Foto: Giuseppe Malpasso
Come vi siete avvicinati al teatro?
Il teatro è venuto a noi. Emma Dante aveva sentito un nostro pezzo e ci ha chiesto di inserirlo in una sua opera, la Medea. Da lì è partita una collaborazione che ancora dura. La stessa cosa è successa con Roberto Andò (altro regista di teatro e cinema) e con Marco Martinelli. Sono arrivati a noi partendo dai nostri pezzi.
Che rapporto avete col teatro e col modo di lavorare che si ha quando si fa spettacolo dal vivo?
In realtà, le nostre musiche sono molto teatrali. Per noi lavorare in teatro non differisce dal lavoro per il cinema o per un concerto. Ci immergiamo passo dopo passo, giorno dopo giorno nel testo che stiamo seguendo, nell’idea che ci viene presentata e proviamo, improvvisiamo, cambiamo. In teatro spesso abbiamo la possibilità di seguire tre mesi di prove, cosa che ci permette di creare e costruire i pezzi quasi in simbiosi con la crescita degli attori e dello spettacolo tutto.

Foto: Giuseppe Malpasso
Utilizzate strumenti provenienti da tutte le parti del mondo, come li scegliete?
Gli strumenti arrivano da varie parti del mondo, ma noi li suoniamo come se fossero delle nostre parti, suoniamo alla siciliana. Dunque anche quelli provenienti dall’africa o dalla Turchia, si adattano alla nostra musica e non viceversa. Se un giorno, come è capitato a New York, uno strumento non suona per condizioni climatiche avverse, troppo caldo ad esempio, noi lo sostituiamo con la voce. Insomma, viviamo la nostra arte completamente immersi in essa. Non abbiamo studiato, non sappiamo scrivere la musica, sappiamo farla, sappiamo raccontarla.
Le loro voci e gli strumenti che suonano creano un effetto magico, davvero teatrale nel modo più avvolgente del termine. Le loro storie fatte di note che non importa scrivere, sono intense e antiche. Mi auguro di rivedere i fratelli Mancuso a New York, mi auguro di rivederli sul palco a raccontarci le storie che solo loro sanno raccontare in maniera magica.