Sono in quattro, vengono dal New England e negli anni Novanta erano molto, molto giovani. Si definiscono in maniera elusiva “una band che fa concerti e mangia del cibo”. Eppure ascoltando Major Arcana, esordio degli Speedy Ortiz, si avverte quell'odore di naftalina in armadi pieni di camicie di flanella, giacche di jeans consumate e cardigan strampalati. All'epoca si chiamava alternative rock, poi trasfiguratosi in grunge con l'esplosione di Nirvana e derivati. Oggi è più semplicemente indie rock, come quello della tradizione rock underground statunitense dalla seconda metà degli anni Ottanta a oggi.
Di età compresa tra i 23 e i 25 anni sono nati da un'idea di Mike Falcone, studente di Library Science a New Haven, Matt Robidoux, insegnante di chitarra e Darl Ferm, bassista. A loro si unisce Sadie Dupuis, studentessa di poesia all'M.I.T. di Boston trasferitasi per finire gli studi ad Amherst. La giovane Sadie ha un eroe nella vita, un eroe molto medio e umano, che sarebbe Stephen Malkmus dei gloriosi Pavement. Non a caso si fa le ossa con una band tributo tutta al femminile che rispondeva al nome di Babement.
Lei, come gli Speedy Ortiz (nome preso da un personaggio secondario del fumetto Love and Rockets), è ancora agli anni Novanta senza pudore. “Il più grande legame che abbiamo con le band anni Novanta è relativo alla loro personalità, ne avevano a tonnellate; nell’ultimo decennio ci sono state troppe band noiose da quattro soldi, noi non vogliamo essere come loro”. Anche per questo forse, dopo una dura lotta alla sopravvivenza artistica e non in un basement di Brooklyn senza finestre, Sadie si è rifugiata nuovamente in Massachusetts, abbandonando il cuore della scena.
Nell’amena Northampton ha conosciuto gli altri membri della band e ha dato vita a questo progetto di fiero revival Nineties: voce graffiante da nipotina delle Breeders, chitarre ruvide e a bassa fedeltà, melodie non troppo immediate. Gli Speedy Ortiz debuttano in maniera quasi amatoriale nel 2011 con un EP molto lo-fi in stile Pavement/Sebadoh, The Death of Speedy Ortiz, con il quale si fanno conoscere nella piccola scena do-it-yourself bostoniana. La traccia Ka-Prow, scritta quando Sadie insegnava composizione cantautorale in un campo estivo per adolescenti in Connecticut, è il biglietto da visita ideale.
In seguito, Major Arcana è partorito in pochi giorni a Easthampton, al Sonelab, studio di registrazione ricavato da una fabbrica in disuso, dal Justin Pizzoferrato, produttore chiave del suono anni Novanta, vedi Dinosaur Jr. L’LP, distribuito quest’anno da una delle etichette più in auge della East Coast (la Carpark di Washington DC) segna la vera esplosione del quartetto. Chiamarlo revival sarebbe anche ingeneroso, in fondo generazioni e generazioni di statunitensi poco avvezzi all’elettronica, non hanno mai smesso di ascoltare l’indie rock delle origini, a prescindere da definizioni ed etichette. Sadie e soci rievocano gli Archers Of Loaf, semisconosciuti in Europa o la meteora anni Novanta Liz Phair, quella che da icona alternative era arrivata a vincere il Grammy per poi finire nel dimenticatoio. Tiger Tank è un pugno nello stomaco, le irrequiete No Below e Fun sono ruvide e pulsanti come i brani di quell’epoca.
Sadie Dupuis non sembra avere queste pretese, la sua voce è potente e avvolgente, gli arrangiamenti di Mike Falcone, compositore e colonna del quartetto, fanno il resto. Apripista di un album che ha ricevuto ottimi feedback anche fuori dagli Usa. Mica poco per una poetessa in erba dell’M.I.T.
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