Vino, cibo, cultura, e il made in Italy fa dell’Italia un’ossessione americana. Inoltre, negli Stati Uniti almeno 25 milioni di cittadini sono di origine italiana, stimano le due principali organizzazioni italo-americane. Tuttavia questa passione non combacia con la realtà linguistica dell’italiano in America.
Secondo uno studio del Center for Immigration Studies pubblicato di recente, la bella lingua continua a subire un calo sconvolgente e non solo nello studio, come ne abbiamo scritto qui in merito al modo preoccupante in cui diminuiscono le iscrizioni ai corsi universitari. Adesso le statistiche ci toccano ancora più da vicino, addirittura a casa.
È diminuito dal 44% il numero di abitanti degli USA che parla in italiano in famiglia, riportati nei risultati dall’ultimo censimento del Census Bureau degli Stati Uniti. L’italiano è la lingua che in questi anni del nuovo millennio ha sofferto più di tutte le altre lingue straniere parlate a casa (solo il tedesco ci si avvicina con il -34%).
Gli abitanti che parlavano italiano in famiglia nel Censimento decennale del 2000 erano 1.008.370; nel 2010 erano scesi a 725.223 e questo anno ancor meno: l’italiano parlato in casa ne sono rimasti 567.270.
Eppure lo studio dichiara che in America c’è un marcato aumento delle lingue straniere parlate in casa (il 29%) e che nelle più grandi città americane si parla molto una lingua straniera in famiglia: a New York e Houston il 49%, a Los Angeles il 59%, a Chicago il 36% e a Phoenix il 38%.
Ragioniamoci un po’ per capire le possibili ragioni per cui la bella lingua ha sofferto così tanto.
Innanzitutto, gli studiosi affermano che nelle comunità in cui ci sono lingue migratorie la madrelingua dell’immigrato si perde con la terza generazione. Nel caso dell’italiano, l’uso prevalente dell’italiano (o dei linguaggi italiani) in famiglia finisce con quando si spegne la luce dell’immigrato.
In più il flusso migratorio italiano non è più come una volta. Chi lascia l’Italia negli ultimi vent’anni approfitta di una mobilità intra-europea, con la meta preferita il Regno Unito, grazie ai benefici derivati dall’Unione Europea. Ci chiediamo se, dopo il Brexit, si vedrà un nuovo afflusso di italiani negli USA con visti lavorativi e/o studenteschi per chi vuol fare un’esperienza in inglese.
E per gli italiani (laureati, professionisti, chi appartiene al “brain drain”) che scelgono gli Stati Uniti, meta preferita al di fuori dell’Europa, in questi ultimi decenni, di cui se ne parla qui, conosciamo una nuova realtà di flussi migratori: spostamenti provvisori dai cosiddetti soujourners. Non solo sono pochi gli expat che arrivano negli USA ma ancora meno coloro che vogliono (oppure riescono a) sistemarsi in America.
Ci sono diversi fattori decisivi che contribuiscono alla scomparsa dall’uso della lingua italiana in famiglia. L’America si trova davanti a nuove immigrazioni e tra le loro nuove lingue, riportate nello stesso studio, mostrano una crescita allucinante della lingua Telugu, una delle 22 lingue ufficialmente riconosciute dall’India.
Riproponiamo la situazione dell’uovo e della gallina che si è evoluta in un ciclo vizioso: in famiglia non si parla più in italiano, dunque c’è una diminuzione di iscritti ai corsi universitari. All’università sono di meno coloro che studiano italiano e quindi pure a casa si parla meno in italiano. Ripercorriamo i dati università statunitensi e ricordiamo che l’italiano ha subito il calo peggiore (il 20%) di tutte le top lingue studiate. Confrontiamole con i nuovi dati censimento dell’uso delle lingue straniere in famiglia. Una tendenza altrettanto negativa anche qui.

I dati non mentono: è possibile che la bella lingua sia in via di estinzione in America? Oppure e forse anche peggio, la troveremo ridotta in futuro nella categoria residuale “altre lingue”?