La lingua Italiana sta perdendo studenti. Il 20% in meno, stando al rapporto stilato dalla Modern Languages Association. La colpa è sempre ed esclusivamente degli insegnanti? O, più realisticamente, è cambiata la situazione globale e nuovi concorrenti si sono affacciati nelle aule delle università americane (nello stesso documento della MLA,infatti, notiamo come la lingua giapponese sia cresciuta del 3,1%)?
A queste domande sta cercando di rispondere il dibattito scaturito dai vari interventi apparsi ne La Voce di New York (l’ultimo apporto, a firma di Enza Antenos). Permettetemi questa metáfora: il nostro negozio è stato spostato dal centro e messo in una piccola via laterale, di scarso passaggio. Le nostre vetrine non sono più visibili e poco importa ciò che noi proponiamo. Dobbiamo quindi cambiare stile, non ci possiamo più permettere, come avveniva in passato, di aprire le porte e aspettare che gli studenti entrino. Abbiamo bisogno di una strategia, altrimenti rischiamo di essere tanti piccoli Sisifo, impotenti di fronte all’emorragia di studenti che si dirigono verso lingue ormai più in auge.
A molti questo mio approccio probabilmente non piacerà. E alla loro reazione indignata, che grida: “noi diffondiamo la cultura Italiana, non siamo mica commercianti!”, rispondo che, se pensate che il vostro essere “insegnanti” venga sminuito dalla necessità di parlare di “strategia”, potete pure smettere di leggere quello che seguirà. Se invece, al contrario, continuerete nella lettura, sono sicuro che ricaverete spunti interessanti da questi paragrafi.
Quando nel 2012 sono stato assunto presso il Colorado College come CPC (Cultural Program Coordinator), una delle sfide che ho dovuto affrontare, è stata proprio il far crescere il numero degli studenti che frequentano i corsi di italiano. Compito difficile viste le condizioni in cui si trova la lingua italiana in generale, descritte accuratamente da Alessandro Martina. Abbiamo lavorato a più livelli e fatto anche degli errori, ma alla fine abbiamo ottenuto ottimi risultati. Ho deciso di mettere nero su bianco e condividere con voi, i punti fondamentali che ci hanno permesso di fare dei passi in avanti.
Vi descriverò brevemente la strategia che ha permesso alla lingua italiana di triplicare (quasi) il numero di iscrizioni nei corsi Elementary del nostro College. Negli ultimi cinque anni, infatti, siamo passati da 25 a 66 studenti, con un aumento del 264% nel numero delle iscrizioni. Il primo passo è stato aprire un blog. Costo: zero dollari. O se si preferisce si possono spendere 3 dollari al mese e avere uno strumento più raffinato. Personalmente, dopo un anno completamente a costo zero, ho scelto la seconda opzione. Il blog è uno strumento importante che offre tre principali vantaggi. Innanzitutto, aiuta a creare una community che ruoti attorno alle attività del dipartimento. Infatti il blog non ospita articoli accademici o di contenuto elevato, ma è il diario, con corredo di immagini, delle attività svolte al di là di quelle prettamente scolastiche: pizzate con gli studenti, laboratori di cucina o semplicemente una colazione tutti assieme. Tra le pagine di questa ‘cronaca locale’, abbiamo inserito dei post che provano a rispondere alle necessità di programmazione di curriculum e corsi di studio degli studenti.
Per esempio nel post “How to fulfill your language requirement as smoothly as possible” si offre una soluzione pratica a un problema che molti studenti hanno, di completare il language requirement senza per questo rallentare il proprio piano di studi. Questo post è stato visualizzato 218 volte nel primo semestre dell’anno accademico 2016-2017. Se pensiamo che Colorado College è composto da solo 2.118 studenti, possiamo considerarlo un piccolo successo. L’altra funzione del blog è quella di prevedere in quanti parteciperanno ai nostri eventi o corsi, in modo tale da pianificare in anticipo la distribuzione delle risorse. Vista la cronica carenza di fondi di cui disponiamo, saperli gestire al meglio è fondamentale.
Offro un esempio pratico: quando mi è stato chiesto di presentare la mia summer class durante un evento dedicato, ho scritto un piccolo post con tutte le informazioni necessarie e l’ho condiviso tramite vari canali, tra cui, la newsletter quotidiana del college e alcune pagine facebook che raccolgono studenti del campus. Visto che il risultato è stato di sole 10 visite, ho deciso di non investire ulteriori energie in un evento che probabilmente non avrebbe attirato un grande pubblico (e così è stato) e ho dedicato le mie energie (e i soldi del dipartimento) ad altro.
Esperimento analogo ma con esito diametralmente opposto è stato l’utilizzo di una pagina sul blog per pubblicizzare un corso di Italiano durante la scorsa estate al campus. In qualità di visiting instructor, se non fossi riuscito ad avere un numero sufficiente di studenti, il corso sarebbe stato cancellato e di conseguenza ne avrei perso la docenza. In teoria, il college può sperimentare l’offerta di nuovi corsi, in pratica l’insegnante se ne deve accollare tutti i rischi. Vista questa situazione di partenza, dopo aver redatto ancora una volta un post ad hoc per promuovere il corso, l’ho pubblicato attraverso i soliti canali ottenendo 80 visualizzazioni. Avevo buone possibilità di raggiungere il numero minimo di studenti e dato inizio, quindi, all’iter organizzativo.
Il secondo punto di forza del programma di italiano presso il Colorado college è sicuramente il fatto di disporre di un proprio studentato: 20 studenti condividono lo stesso tetto, la stessa cucina, la stessa sala e svolgono insieme le attività proposte dagli insegnanti. Naturalmente, la cosa più importante è la voglia che hanno in comune, di imparare la lingua e avvicinarsi alla cultura italiana. Molte delle attività descritte precedentemente vengono effettuate proprio in questo spazio. Il risultato e un’accelerazione nella formazione di una comunità, che si esprimerà in termini positivi rispetto all’esperienza avuta, coinvolgendo in questo modo altri studenti e creando cosi un circolo virtuoso, in termini di successo e ampliamento del Programma. Dell’organizzazione di questo studentato si occupa principalmente Il CPC. Da questa figura professionale dipende quasi interamente la riuscita del progetto e la relazione tra gli studenti e il Programma di Italiano. Per avere un’idea di quali attività svolge, potete leggere questa intervista a Sara Venturelli, Cultural Program Coordinator presso Colorado College, per il bienno 2015-2017.
Per concludere, la mia esperienza come insegnante mi ha portato a comprendere quanto sia importante la capacità di capire le persone alle quali ci si rivolge e cosa queste si aspettano da noi. È inutile cercare di coinvolgere persone che non sono realmente interessate. Se anche riuscissimo a farle entrare nella nostra classe, ostacolerebbero lo svolgersi della lezione e non rimarrebbero con noi per i corsi successivi. Insomma non costituiscono il nostro target ideale. Il nostro studente ideale frequenta il primo corso di Italiano, successivamente partecipa ai corsi più avanzati e infine prende parte a quei corsi, che con tanto impegno e fatica, organizziamo in Italia.
Ancora una volta il blog ci viene in aiuto (e questo è il terzo vantaggio) per rispondere alle domande più frequenti degli studenti e dei genitori: “perché dovrei studiare la lingua italiana? Cosa differenzia questo corso dalle altre lingue offerte? Come potrò utilizzare questa mia competenza in futuro? Chi sono gli insegnanti e quali sono i loro interessi Ci sono corsi in Italia?” E via discorrendo. Cosi facendo, già prima che qualcuno entri nel nostro ufficio o in classe, abbiamo selezionato gli individui che hanno un interesse o che si sono resi conto di averne, grazie alle informazioni reperite nel blog. Aggiungendo un semplice link di risposta alle domande via e-mail, si risparmia tempo e denaro (evitando di stampare per esempio, i bellissimi volantini di carta pregiata in formato A3, che sono carissimi e che poi nessuno leggerà).
I margini di miglioramento sono numerosi. In futuro si possono condividere corsi che presentano temi che hanno già funzionato in altre Università. Per esempio qui a Colorado College, raccoglie molto entusiasmo tra gli studenti il corso “mafia movies”. Potrebbe essere interessante collaborare con professori di altre discipline per sviluppare un approccio diverso verso l’italiano e intercettare studenti da altre realtà, invece di investire risorse in nuovi corsi di cui non possiamo prevedere l’esito. Recentemente, in collaborazione con un collega del dipartimento di scienze ambientali, ho insegnato una classe dal titolo “Slow food in a fast food nation”, in cui la cucina americana e italiana (e i sistemi di produzione) vengono messe a confronto. Ancora una volta, gli studenti hanno risposto con entusiasmo e la seconda edizione di questo corso sarà presente nel programma di Italiano del prossimo anno.
Ovviamente ci sono altre strade da percorrere e solo alcune di queste sono già state discusse in questo articolo. Ma i tre punti elencati sopra, costituiscono una strategia di base e di semplice attuazione, sulla quale bisogna lavorare il più velocemente possibile per aumentare i risultati all’interno del dipartimento. Questo articolo non vuole essere esaustivo, al contrario, vorrebbe essere l’inizio di una riflessione più ampia, possibilmente basata sui fatti piuttosto che su semplici opinioni.
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