La scomparsa del Professor Tullio De Mauro mi addolora moltissimo. De Mauro ha introdotto la linguistica della lingua italiana e grazie a lui, alle sue ricerche, ai suoi libri e alla sua passione per la lingua e la cultura italiana si sono formati migliaia di docenti di italiano sia in Italia che all’estero. De Mauro ci ha lasciato all’età di ottantaquattro anni, una grande perdita per la nostra lingua e per la cultura italiana.
Nonostante vivo a New York dal 1982, anch’io ho imparato molto sull’insegnamento dell’italiano da Tullio De Mauro. Gli scrivevo ogni tanto, da docente di italiano all’estero, chiedendogli consigli su libri che trattassero la lingua e la linguistica italiana e spesso anche con domande su temi linguistici. Le nostre email erano brevi ma coincise e il professore rispondeva subito, anche di domenica e sempre con gentilezza e chiarezza. Seguire il professore da New York non ha aiutato solo me, a diventare una insegnante migliore di italiano, ma anche altri docenti sparsi per il mondo tramite questa column pubblicata su La Voce di New York, nei quali condivido quello che imparo. Non ho problemi ad ammettere che molti dei miei articoli li ho scritti dopo aver ascoltato uno dei video di Tullio De Mauro, oppure dopo aver letto un suo libro, o un suo articolo sull’insegnamento dell’italiano pubblicato dal figlio, Giovanni De Mauro, direttore della rivista Internazionale.
Ho sempre provato una grande stima per il professore De Mauro, sempre molto affascinata da quello che sosteneva sui dialetti: “La lingua italiana era una lingua seconda, da insegnare come tale, a partire dalla prima, cioè dal dialetto . . .Il dialetto è la lingua degli affetti . . .Il dialetto e le lingue locali, dopo la necessaria campagna di apprendimento della lingua italiana, sono tornate ad occupare il posto che meritano nel patrimonio culturale immateriale del nostro Paese. Attualmente oltre il 50% degli italiani parla bene la lingua nazionale e il dialetto”. Infatti anche io appartengo alla generazione in cui si parlava il dialetto in famiglia e il calabrese è la mia lingua madre. Fino agli anni ’70 l’italiano si imparava alle elementari, che era la lingua parlata solo a scuola e poi con gli amici.
Sempre sul tema del dialetto, anche il linguista Paolo Balboni ha citato De Mauro durante una mia intervista su La Voce: “L’italiano è diventato la nostra lingua nazionale tra gli intellettuali nel Trecento, ma tra la gente dopo la metà del 20° secolo. Al momento dell’Unità d’Italia, ci ricorda De Mauro, il 2,5 per cento della popolazione conosceva l’italiano al di fuori di Toscana e Lazio. Con l’esplodere della comunicazione di massa vari dialetti – che sarebbe meglio chiamare lingue locali, perché sono lingue a sé, non sono varietà regionali dell’italiano – hanno contribuito: il napoletano di Totò e Eduardo, il romanesco di Sordi e di molto neorealismo, e così via”. Oggi invece, dopo anni di discriminazioni, e stereotipici, sulle diverse lingue locali e i vari accenti, i dialetti piano, piano, si vanno perdendo, lasciando un grande vuoto linguistico, spesso colmato da forestierismi.
Tuttavia, lo studio di Tullio De Mauro che trovai più intrigante è stato quello sull’analfabetismo funzionale in Italia. L’indagine nella quale il linguista spiega l’incapacità degli adulti di capire quello che ascoltano e/o leggono. Su questo tema, i linguista, in diversi video e interviste, esprime apertamente il suo parere contro i politici e le classi dirigenti, ritenendoli primi responsabili dell’analfabetismo di cui il 70% degli italiani fatica a comprendere un testo. Un tema drammatico che mi affascinò talmente da decidere di intervistare Tullio De Mauro per saperne di più sull’incomprensione e condividere le sue conclusioni con i miei lettori. E così, dopo aver ascoltato diversi video nei quali Tullio De Mauro spiegava con chiarezza il problema dell’incomprensione dei testi tra adulti, inclusi i laureati e dopo aver letto molto su di lui e la sua vita, lo intervistai nel marzo del 2016.
L’intervista è stata fatta via email. Avevo scritto le domande con molta attenzione e gliele avevo mandate, dopo uno scambio di email durato circa due anni. Con mia grande sorpresa e immensa gioia, domenica 27 marzo 2016, la Domenica di Pasqua, Tullio De Mauro mi mandò gli auguri con le risposte per l’intervista, dalle quale includo questa citazione: “Da molti anni, perlomeno dalla Storia linguistica dell’Italia unita del 1963, ho cercato di raccogliere dati sull’analfabetismo strumentale (totale incapacità di decifrare uno scritto) e funzionale (incapacità di passare dalla decifrazione e faticosa lettura alla comprensione di un testo anche semplice) e ho cercato di richiamare l’attenzione dei miei illustri colleghi sul peso che l’analfabetismo ha sulle vicende linguistiche e, ovviamente, sociali in Italia”. –Tullio De Mauro, 28 marzo 2016.
Un lettore recentemente mi ha chiesto: Ma come si esce da una situazione del genere per riprendere un cammino di sviluppo e crescita culturale? Con quali piani, quale percorso quali energie?
Spero di rispondere a queste domande con una mia riflessione in un prossimo articolo, ovviamente sempre ispirata da quello che continuerò ad imparare dal professor Tullio De Mauro!