Sapere bene l’inglese e avere l’abilitazione per l’insegnamento dell’italiano non garantisce ai docenti un posto nelle scuole pubbliche degli USA. Infatti, quasi tutti gli istituti che assumono nuovi docenti d’italiano cercano insegnanti abilitati in almeno due lingue. Gli amministratori che scelgono i curricula, per i colloqui di lingua, respingono subito quelli dei docenti con una sola abilitazione.
Perciò, se avere un’ottima conoscenza dell'inglese aiuta a trovare un buon lavoro ai giovani che arrivano da ogni parte del mondo nelle città degli USA, non è sufficiente per un posto nelle scuole. In aggiunta, la conoscenza dello spagnolo diventa quasi un obbligo nelle scuole pubbliche di quasi tutte le città, ed è necessaria per comunicare con il grande numero d’immigrati, genitori di studenti, che parlano spagnolo e non inglese. Saperlo parlare è un vantaggio per tutti i docenti, non solo per quelli di lingua.
Come molti lettori di questa column già sanno, insegno italiano nelle scuole pubbliche di New York dal 2003. Molti dei miei colleghi hanno scelto di abilitarsi in italiano e spagnolo subito dopo il completamento del master. Avrei potuto farlo anche io, ma siccome il mio desiderio era quello d’insegnare solamente l’italiano mi sono abilitata solo all’insegnamento della lingua italiana 7-12 e fino al 2009 ho avuto soltanto quell'abilitazione. A parte la mia passione per l’insegnamento dell’italiano, non volevo insegnare lo spagnolo per evitare complicazioni durante le lezioni con la somiglianza del vocabolario e le regole che l'italiano e lo spagnolo condividono. Anche se le somiglianze e le interferenze tra le due lingue non sono tali da ostacolare la comunicazione, possono invece disturbare l’insegnamento e la continuità della lezione. Perciò sapevo che se avessi scelto d’insegnare lo spagnolo avrei potuto finire per includere parole italiane nella lezione di spagnolo. Non si trattava di una mia insicurezza ma un fenomeno linguistico ampiamente studiato: più due lingue sono simili tra loro e pià interferiscono.
Infatti, quando due o più sistemi linguistici s’incrociano in una comunicazione, si manifesta nel parlante la tendenza a trasferire parole e struttura sintattica da una lingua all'altra. Naturalmente la lingua madre è sempre quella dominante e quella che interferisce di più con le altre lingue meno usate dal parlante. Per questo motivo, per molti anni ho insegnato italiano nelle università e nei college, e nello stesso tempo nelle scuole pubbliche, ma ogni anno in una scuola diversa. Tuttavia, dopo qualche anno d'insegnamento nelle scuole pubbliche e nelle università ho iniziato a notare che gli istituti pubblici preferivano docenti con più abilitazioni, anche se molti di loro non erano madrelingue o non avevano esperienza d’insegnamento. Così, nel 2009, dopo aver superato gli esami dello stato di New York, mi sono abilitata in ESL (inglese come seconda lingua) e spagnolo, a tutti i livelli (K-12; elementari, medie e liceo). Adesso ho cinque abilitazioni all’insegnamento delle lingue e questo mi garantisce una continua docenza, ma non mi garantisce la scelta della lingua che voglio insegnare. Io preferisco insegnare l’italiano, ma se l’istituto ha bisogno di coprire una classe difficoltosa (come quella di spagnolo che insegno alla fine della giornata scolastica) in un’altra lingua devo accettarla.
Tornando alle difficoltà d’insegnare più lingue simultaneamente. Nelle scuole americane la lingua è insegnata tutti i giorni dal lunedì al venerdì, e ogni docente deve tenere cinque classi ogni giorno. Per esempio, io ho quattro classi d’italiano, livello 1A , tre delle quali sono una dopo l’altra, e alla fine della giornata ho una classe di spagnolo, livello 1A. Con l’italiano non devo stare attenta a non trasferire parole di spagnolo nella lezione d’italiano: essere madrelingua è un grande vantaggio sia per me che per gli studenti. A volte, con i miei studenti di madrelingua spagnola, faccio esempi in spagnolo invece di svolgerli in inglese, e questo non solo li aiuta a capire meglio la lingua, ma ha anche un effetto positivo sulla loro autostima. Nella classe di spagnolo, invece, devo stare molto attenta perché, senza contare i dialetti e il francese che non pratico, lo spagnolo è la mia terza lingua e lo parlo solo a scuola. Poi, il cambiamento dall’italiano all’inglese allo spagnolo non è facile alla fine della giornata scolastica. Bisogna pensare che un docente che insegna due lingue straniere ogni giorno per 7 ore ne parla e ne scrive tre allo stesso tempo.
L’effetto del continuo cambiamento dei codici linguistici alla fine della giornata ha una conseguenza sul nostro cervello, e il risultato è il trasferimento di alcune parole da una lingua all’altra. Nessun docente di lingue vorrebbe insegnare una classe di lingua diversa alla fine della giornata, dopo averne insegnate 3 o 4 in un’altra lingua. Meglio farlo di mattina se si potesse scegliere; il nostro cervello e quello degli studenti sono più riposati all’inizio della giornata e operano meglio. Queste difficoltà sono ben note ai docenti di lingua che conoscono le complicazioni nell’insegnare più di una lingua allo stesso tempo, specie se s’insegnano idiomi con somiglianze nel vocabolario e nelle regole. Naturalmente, quando succede che il docente trasferisce una parola di un’altra lingua durante la lezione, non solo deve correggersi, ma anche spiegare agli studenti che ha sbagliato e ha usato una parola in un’altra lingua.
I miei studenti di spagnolo sanno che insegno l’italiano e sono curiosi delle differenze o similarità tra le due lingue. E una spiegazione linguistica agli studenti può essere molto istruttiva. Se invece s’insegnano due lingue con un sistema linguistico molto diverso, come tedesco e cinese, oppure italiano e arabo, è più difficile che si trasferiscano parole da una lingua all’altra e si fanno meno errori insegnando due o più lingue simultaneamente.
Infine, teniamo in mente anche che la potenzialità di una lingua e la difficoltà d’insegnarla sono strettamente collegate tra loro, e che le sfide che nascono nell’insegnamento di una o piu’ lingue si superano con la competenza linguistica e didattica dell’insegnante. Per questo è compito dell’insegnante preparare e facilitare le attività con un giusto equilibrio di cultura e di lingua, che definisce sia le regole e sia l’uso del linguaggio. Inoltre consiglio ai miei lettori, che mi scrivono con l’ambizione d’insegnare a New York, di documentarsi anche dal punto vista politico e culturale e conoscere un po' di storia, caratteristiche e problematiche dello Stato e della città, in modo da non avere irrealistiche aspettative. Lo shock culturale nelle scuole pubbliche esiste anche per chi vive negli States da anni.
Filomena Fuduli Sorrentino, insegna alla South Middle School, ECSD, Newburgh, NY. Nata e cresciuta in Italia, calabrese, vive a New York dal 1983. Diplomata alla scuola Magistrale in Italia, dopo aver studiato alla SUNY, si è laureata alla NYU- Steinhardt School of Culture, Education, and Human Development, con un BS e MA in Teaching Foreign Languages & Cultures. Dal 2003 insegna lingua e cultura italiana nelle scuole pubbliche a tempo pieno e nelle università come Adjunct Professor. È abilitata dallo Stato di New York all’insegnamento nelle scuole pubbliche delle lingue italiana 1-6 & 7-12, ESL K-12 e spagnola 1-6 & 7-12.