Cosa Nostra è agonizzante, quasi morta, ma purtroppo c’è ancora “voglia di mafia”. A parlare così è Giacomo Di Girolamo, il giornalista marsalese direttore di TP24, durante la presentazione a Mazara del Vallo della nuova edizione del suo libro L’invisibile (Il Saggiatore 2023), che racconta vita, delitti, latitanza “protetta” e infine cattura del boss Matteo Messina Denaro. Giacomo, tra le firme de La Voce di New York fin dal 2013, è considerato il giornalista più esperto del capo mandamento di Castelvetrano, boss arrestato il 16 gennaio di quest’anno dopo 30 anni di latitanza, mentre si recava in una clinica di Palermo per contenere un cancro ormai in metastasi. Messina Denaro risiedeva da anni indisturbato a Campobello di Mazara, paese a una manciata di chilometri da casa sua. Dalla radio più ascoltata in provincia di Trapani, per anni Di Girolamo ha condotto una trasmissione che ogni mattina apriva col suo emblematico titolo: “Dove sei Matteo, dove sei?”,
La presentazione venerdì sera del libro di Di Girolamo proprio a Mazara destava un particolare interesse, testimoniato dal folto pubblico accorso al Complesso culturale Filippo Corridoni, perché avveniva il giorno dopo gli arresti ai domiciliari del consigliere comunale di Fratelli d’Italia Giorgio Randazzo – già candidato a sindaco della città, allora nelle file della Lega – e del maresciallo dei carabinieri Luigi Pirollo, appartenente alla compagnia di Mazara.
Qui in breve la cronaca raccontata sulle pagine della stampa nazionale: Pirollo e Randazzo avrebbero cercato di vendere al fotografo Fabrizio Corona documenti segreti sulle indagini della cattura di Matteo Messina Denaro. Pirollo, secondo la ricostruzione dei pm di Palermo, Maurizio de Lucia e Paolo Guido, avrebbe trafugato più di 700 file dal server dell’Arma sulle indagini e la cattura di Messina Denaro. Poi con la complicità di Giorgio Randazzo, i due avrebbero cercato di vendere i documenti a Corona. Il reato è di ricettazione. Pirollo avrebbe consegnato i file a Randazzo, che avrebbe preso i contatti con Corona. Quest’ultimo, anche lui indagato, avrebbe coinvolto anche il suo amico giornalista Moreno Pisto, direttore del sito di approfondimenti MowMagazine.com, dicendogli che aveva un “grandissimo scoop”, ma poi i due si sarebbero resi conto che tutto ciò puzzava di reato. A questo punto il giornalista Pisto ha denunciato la “trattativa” alla polizia. Dopo l’arresto di Randazzo e Pirollo, resta indagato Corona, anche perché i carabinieri avevano da tempo sotto controllo il suo telefono per via di altri documenti finiti precedentemente sulla stampa e sempre riguardanti la cattura di Messina Denaro.
La sera di venerdì per la presentazione dell’”Invisibile”, c’era anche Salvatore Quinci, l’attuale sindaco di Mazara, che intervenendo ha detto che “non c’era posto migliore che presentare questo libro oggi proprio qui”, facendo un velato riferimento agli ultimi fatti che politicamente lo favoriscono (Randazzo, che era stato il suo rivale alle ultime elezioni, è stato in questi anni il più acceso critico dell’ amministrazione di sinistra e avrebbe cercato di essere ancora lui il candidato del centrodestra alle elezioni in programma nel 2024). Per il sindaco Quinci, la cattura di Messina Denaro del 16 gennaio, è stato l’evento “apocalittico al contrario”, cioè capace di “cambiare la storia di questo territorio martoriato dalla mafia”. Per il sindaco di Mazara (cittadina dove, lo ricordiamo, si nascose durante la sua lunga latitanza anche il capo di tutti i capi Totò Riina) il “mito” del boss di Castelvetrano dopo il suo arresto si è sgretolato davvero, “non c’è più quella cappa” nella provincia di Trapani e finalmente possono emergere le energie nuove oppresse per troppo tempo.
La conduttrice della serata, Catia Catania, introducendo Di Girolamo, aveva cominciato con il libro, ma il giornalista ha soddisfatto subito la curiosità del pubblico sui recenti arresti esclamando: “Allora non parliamo subito di Randazzo?”, facendo esplodere risate e applausi, mentre al sindaco Quinci, seduto in prima fila, scappava: “Io sono stato in silenzio religioso, tu invece parti subito così…”.
Col fiuto del giornalista, Di Girolamo si è buttato sulla notizia Corona-Randazzo esaudendo i desideri di chi attendeva i suoi commenti: “Allora iniziamo con la fine, perché il caso Randazzo e del carabiniere arrestato con lui è emblematica per capire la situazione in cui siamo dopo la cattura di Messina Denaro. Sappiate che le conclusioni che di solito si fanno alla fine, qui le facciamo all’inizio ”, ha continuato con tono sornione Di Girolamo. “Nessuna riforma del codice, nessun innalzamento del livello di attenzione alla lotta alla mafia, nessun successo investigativo, nessun tipo di corteo o commemorazione, potrà essere sufficiente nel nostro paese fin quando noi non cominceremo ad agire sotto l’aspetto della responsabilità” ha quindi iniziato il suo ragionamento il giornalista pluripremiato: “Soprattutto da parte di chi ha un ruolo pubblico. Secondo me oggi questo è più che mai un elemento dirimente. La vicenda Randazzo-Corona ha fatto molto scalpore e noi auspichiamo che tutto venga risolto e chiarito. Ma a parte il profilo penale che si accerterà nelle opportune sedi, qui siamo nell’ambito della cialtroneria. Per questo parlo di responsabilità”.
Di Girolamo a questo punto ha aggiunto: “Come ripeto da gennaio, il vero messaggio dirimente di questi tempi è che preso Messina Denaro, il grande cattivo, siamo nel nostro Anno zero della lotta alla mafia, e quindi mai come in questo momento tutto dipende da noi. Siamo noi che decidiamo chi vince e chi perde. Ma ‘noi’, che come diceva Gadda, ‘è il più bastardo dei pronomi’, significa noi non solo come comunità ma significa soprattutto ciascuno di noi nella sua responsabilità. Cioè bisogna prendere impegno con gli altri”. Ed ecco che la “triste vicenda di Randazzo purtroppo ci dimostra che così ancora non è. Però ci deve far riflettere e tanto. Sul contrasto terribile tra commemorazione e comportamenti privati, tra pubbliche passerelle e sollecitazioni di materiale coperto da segreto per trarne un vantaggio personale. E’ facile fare ora battute, ma se non passa questo messaggio, e cioè che riguarda il comportamento di ognuno di noi, tra sei mesi staremo a commentare l’ennesima operazione su l’ennesimo insospettabile colto in flagrante”.
Catia Catania ha aggiunto, mentre Di Girolamo annuiva al suo ragionamento. “A parte Randazzo il politico, mi chiedo e chiedo: ma con il carabiniere così coinvolto non viene meno la fiducia dei cittadini nei confronti delle forze dell’ordine? Così la gente potrebbe pensare: ora si spiega perché per trent’anni non lo hanno preso a Campobello, se i carabinieri che dovevano arrestarlo agiscono in questa maniera…”.
La presentazione è continuata sul libro, l’Invisibile, pubblicato nella prima edizione più di quindici anni fa, quando Matteo Messina Denaro soprannominato “diabolik” sembrava imprendibile e col suo strapotere continuava ad allargare i suoi grandi affari nel trapanese (a parte i soliti appalti, ecco anche le catene di distribuzione dei supermercati, così come i grandi investimenti nell’ energia eolica).
Quando Di Girolamo ha parlato di “voglia di mafia”, ha fatto il seguente ragionamento. Per il giornalista la mafia non ha più la forza degli anni passati, lo stato alla fine ha vinto, è riuscito a metterla in ginocchio, ha arrestato tutti coloro che contano. Però c’è una parte di società siciliana e non solo siciliana, quella che ha chiamato in un altro suo brillante saggio “Cosa grigia”, che tarda a cambiare, che è, come diceva Leonardo Sciascia “irredimibile”. Così “accade che abbiamo imprenditori nella mia città che vanno ancora a cercare il vecchio boss che non conta più nulla per ‘mettersi a posto’”. Per sbrigare una pratica che si può ormai benissimo risolvere al computer, c’è chi invece cerca la raccomandazione. Ma questa “voglia di cultura mafiosa”, non è solo in certi strati di popolazione siciliana, ma purtroppo viene perpetuata anche dai grandi mezzi di informazione. “Così accade che quando i giornalisti delle grandi tv nazionali arrivarono dopo la cattura di Messina Denaro, andavano in giro a chiedere che ne pensasse la gente. Ma magari a chi gli diceva ‘bene’, o ‘finalmente’, dal servizio scompariva, mentre il vecchietto al quale scappava ‘ma ha dato lavoro’ etc ecco che spunta in primo piano. E così si aiuta a perpetuare il mito”.
Si percepisce in una calda serata di luglio, come tra il pubblico Giacomo Di Girolamo susciti oggi ammirazione per il suo coraggio dimostrato in questi anni. Eppure quando Giacomo dalla sua radio ripeteva “Dove sei Matteo, dove sei”, scrivendo libri che sul “siccu” rivelavano soprattutto i suoi efferati delitti e gli affari con “cosa grigia”, Matteo Messina Denaro restava indisturbato il “padrone” della Sicilia occidentale. Così nella terra in cui la lista di giornalisti ammazzati o spariti non ha rivali in Occidente, erano tanti i suoi concittadini a cambiare strada nel vederlo passeggiare quel giornalista coraggioso. Già, per molti Di Girolamo, prima del 16 gennaio 2023, appariva come un “pazzo”, o peggio ancora “un morto che cammina”.
Ora che il boss di Castelvetrano non è più “invisibile” ma è in galera malato, Giacomo Di Girolamo può scherzare con chi accorre in massa per ascoltare le sue analisi e avere firmata la copertina dei suoi libri: “Lo so, lo so, ora che lo hanno arrestato Matteo, mi dovrò cercare un altro lavoro…”.