15 dicembre 1945. Ore 14.00. Jack Kerouac esce dalla Houston Station, si appoggia al muro e alza lo sguardo. Tutto il Greenwich Village è ricoperto di neve farinosa con cristalli di ghiaccio luccicanti alla pallida luce del sole. Fa freddo come in Michigan. Forse addirittura peggio.
Apre il pacchetto, sfila una sigaretta e l’accende. Ripensa al gelo di Gross Point, a quando venne arrestato per aver aiutato Lucien Carr a nascondere l’arma di un delitto (l’episodio verrà scritto insieme a Burroughs nel romanzo breve And the Hippos Were Boiled in Their Tanks, in italiano: E gli ippopotami si sono lessati nelle loro vasche). Fu il padre della sua ragazza Edie a pagargli la cauzione, a patto che sposasse sua figlia. Il matrimonio venne celebrato il 22 agosto 1944. Avevano ventidue anni.
Jack Kerouac aspira una boccata di fumo, sposta la sigaretta di lato e fa cadere la cenere con un gesto deciso dell’indice. Su alcune finestre ci sono delle decorazioni natalizie che celebrano famiglie tranquille e felici, come avrebbe potuto essere la sua. Ricorda sua moglie Edie che lo aspettava la sera, ricorda la casa che gli avevano dato i suoceri e il lavoro che gli avevano trovato come operaio in una fabbrica. Ricorda la vita che ha rifiutato. Nell’ottobre del 1944, infatti, il matrimonio finì dopo appena due mesi, Kerouac lasciò Edie e tornò a New York, dove aveva vissuto negli anni universitari e dove avrebbe conosciuto Allen Ginsberg, Lawrence Ferlinghetti, e altri poeti, artisti, spacciatori.
Jack Kerouac ha freddo. Vede un bar. Senza pensarci troppo getta la sigaretta a terra ed entra. Si siede al bancone e ordina subito da bere. La neve rimasta attaccata sotto le enormi scarpe da ginnastica comincia a sciogliersi formando delle piccole pozze d’acqua intorno ai piedi.
Accanto a lui c’è un ragazzo della sua stessa età, Neal Cassidy, che inizia a parlargli senza freni: racconta della sua infanzia, della sua nascita lungo un’autostrada, di un padre alcolizzato e disperso, di una giovane moglie sedicenne, di come abbia passato un terzo della sua vita in riformatorio, un terzo nelle sale da biliardo e un terzo nelle biblioteche pubbliche delle città per cui ha vagato. Neal parla con lo stesso ritmo della musica be-bop, e incarna quell’ansia di libertà che Jack Kerouac sente scalpitare dentro sé senza saperla tradurre.

Per le settimane successive i due sono inseparabili, finché Neal si trasferisce in Colorado. Da lì, scrive decine di lettere a Kerouac fino a convincerlo a raggiungerlo ma quando – nel luglio del 1947 – Jack arriva alla stazione dei bus a Denver, Neal è già andato via. I due si rincontrano e si riperdono a San Francisco, poi in autostop verso Bakersfield, dove Jack Kerouac incontra Beatrice Kozera, una ragazza di Los Angeles (che sarà immortalata nel romanzo Sulla strada come Terry, la ragazza messicana della quale si infatua). Nell’inverno del 1947 e nella primavera del 1948, Kerouac completa la stesura del suo primo romanzo The Town and the City (La città e la metropoli) ma riceve solo lettere di rifiuto. Il romanzo tratta la storia della famiglia Martin dal 1935 al 1946, raccontata con uno stile simile a quello di Thomas Wolfe ma soprattutto senza la prosa spontanea tipica del Kerouac più maturo.
Ai primi di novembre del 1948, inizia la prima stesura di On the road (ma questa versione non è quella che venne poi pubblicata) e continua a viaggiare, perdendo e rincontrando Neal per New York, San Francisco, New Orleans, e perfino da William S. Burroughs (che si era trasferito a Città del Messico).
Nel febbraio del 1950 viene pubblicato The Town and the City, che riscuote un discreto successo. Jack Kerouac ne è entusiasta e scrive una novella dopo l’altra senza riuscire a pubblicarne nessuna, portandole in giro dentro uno zaino, mentre vaga avanti e indietro per l’America. Il 17 dicembre 1950 riceve una lunga lettera da Neal Cassady. La lettera – scritta dopo tre giorni di sballo da benzedrina – è lunga quaranta pagine ed è un resoconto della frenetica vita amorosa di Cassady nel 1946, in particolare con Joan Anderson (che ha incontrato in ospedale dopo un suicidio fallito) e con Cherry Mary (con cui ha tentato una fuga acrobatica attraverso la finestra del bagno dopo essere stati sorpresi dalla zia di lei). Dopo averla letta, Jack Kerouac capisce che può esistere un tipo di scrittura non diversa dalla musica jazz be-bop, e che quella narrazione disinibita e non letteraria indica la strada per lo stile libero e veritiero a cui aspira.
Agli intervistatori della Paris Review racconterà che nella lettera c’è una tecnica precisa che spiega l’insolita organizzazione della scrittura, che non è disordinata o sciatta, ma sistematica nel senso più specifico del termine.
“La lettera che mi ha inviato [Neal Cassady] era il più grande pezzo di scrittura che avessi mai visto, migliore di chiunque altro in America, o almeno abbastanza da far rivoltare nella tomba Melville, Twain, Dreiser, Wolfe, e non so chi. Allen Ginsberg mi chiese di prestargli questa immensa lettera per poterla leggere. La lesse, poi la prestò a un tizio di nome Gerd Stern che viveva su una casa galleggiante a Sausalito, in California, nel 1955, e questo tizio perse la lettera: in mare, presumo. Neal e io la chiamammo, per comodità, ‘Lettera di Joan Anderson‘“.
La missiva verrà poi ritrovata nel 2014 in una soffitta di Oakland, e risiede ora alla Emory University (qui il video della presentazione).
Nell’aprile del 1951, Kerouac riscrive e completa il romanzo On the road (Sulla strada) in sole tre settimane, su un rotolo di carta per telescrivente o da tappezzeria, lungo trentasei metri e senza divisione in paragrafi (il “rotolo” verrà aggiudicato in asta nel 2001 per un prezzo superiore ai due milioni di dollari). Il romanzo è costruito in cinque parti e scritto sotto forma di episodi. Racconta la storia di una serie di viaggi in autostop, in macchina e in autobus, da parte del giovane newyorkese Sal Paradise (pseudonimo di Jack Kerouac) e Dean Moriarty (pseudonimo di Neal Cassady), che è un ragazzo dell’Ovest uscito dal riformatorio.
Pubblicato per la prima volta il 5 settembre 1957, il libro diventa in poco tempo il manifesto della Beat Generation. In una recensione sul New York Times, Gilbert Millstein intuisce che On the road sarebbe stato per la Beat Generation quello che Fiesta di Hemingway era stato per la Lost Generation. Il romanzo viene inserito dal critico Richard Lacayo tra i migliori cento romanzi del XX secolo e vende tre milioni di copie. I giovani lettori sono attratti dal senso di libertà che si prova a percorrere i grandi spazi d’America, inseguendo il sogno americano della grande corsa all’Ovest, dove tutto è da scoprire, tutto da costruire, dei cowboys liberi e senza leggi, degli hobos durante il periodo della Grande depressione. I ragazzi, identificandosi con Jack, si riappropriano insomma del proprio sé, della propria libertà di pensiero che la pubblicità dell’imperante conformismo statunitense maccartista sottrae loro, inquadrandoli in rigidi schemi.
Il successo totalmente inaspettato di On the road porta a Kerouac una enorme fama. A tal punto che le case editrici sono pronte a contendersi qualunque scritto dell’autore, richiedendogli tutti i lavori che in precedenza erano stati respinti nel corso degli anni. Con i soldi, Kerouac compra una casa a Long Island per 14.000 dollari e ci va a vivere con la madre, che gestisce il suo patrimonio.
Nello stesso anno Kerouac pubblica The Dharma Bums (I vagabondi del Dharma), che è il seguito di Sulla strada. I personaggi principali sono il narratore Ray Smith, alter ego di Kerouac, e Japhy Ryder, ispirato al poeta e saggista Gary Snyder che ha introdotto Kerouac al buddismo. Il libro racconta del viaggio, della vita all’aria aperta, dell’alpinismo, dell’escursionismo e dell’autostop attraverso gli Stati Uniti occidentali e della sua “vita di città” fatta di jazz clubs, letture di poesie e feste da ubriachi. Pubblicato appena un anno dopo il successo del suo precedente romanzo, I vagabondi del Dharma fu un altro successo per Kerouac e divenne uno dei suoi libri più popolari. Il romanzo avrebbe avuto un’influenza significativa sulla controcultura hippie degli anni Sessanta.
Nel periodo tra il 1959 e il 1969 scrive regolarmente articoli per le riviste Holiday Magazine, Playboy, Esquire, Escapede e Nuggett. Eccetto I vagabondi del Dharma, però, il resto delle opere di Kerouac ha un coro di stroncature. Doctor Sax criticato sul New York Times. Stessa sorte per Mexico City Blues da parte di Kenneth Rexroth, rabbioso nei confronti di Kerouac per essere stato ritratto male ne I vagabondi del Dharma. John Updike ne fa una parodia in un racconto sul New Yorker. Truman Capote alla televisione afferma che Kerouac batte a macchina invece di scrivere.
Ma non è solo con la stampa che ha problemi Kerouac. Una notte viene pestato a sangue da tre uomini che lo avevano riconosciuto. In quello stesso periodo l’amico di mille viaggi Neal Cassady, probabilmente in conseguenza alla notorietà acquisita dal suo personaggio nel romanzo, viene arrestato per aver offerto una piccola quantità di marijuana a un agente sotto copertura in un nightclub di San Francisco. In seguito all’arresto Cassady sconta una condanna di due anni nella prigione statale californiana di San Quentin, nella contea di Marin. Dopo il suo rilascio, avvenuto nel giugno 1960, Cassady fatica a far fronte agli obblighi familiari (ha tre figli con la seconda moglie e uno dalla terza),e così va a vivere con Allen Ginsberg (la loro relazione è durata a fasi alterne per circa venti anni).
A giugno del 1960 Kerouac è prossimo a un crollo psico-fisico: negli ultimi tre anni ha pubblicato otto libri, ha ventimila dollari in banca, eppure continua a bere e – ha 38 anni – vive ancora in casa con sua madre. Lawrence Ferlinghetti gli offre di scrivere in solitaria in una baita al Bixby Canyon, vicino al Big Sur, sulla costa californiana dell’Oceano Pacifico. Dovrebbe rimanere per tre settimane ma ha degli incubi, è terrorizzato dal buio e dall’aspra solitudine delle montagne circostanti, e dopo due settimane torna a San Francisco in autostop da Cassady e Ginsberg. Kerouac ricade nella paranoia e nel delirio, pensa che gli avvelenino il cibo e che il ruscello dove si disseta sia inquinato dal kerosene. L’ultima notte, in preda ad allucinazioni da delirium tremens e insonnia, ha una visione della croce di Cristo e un tracollo nervoso. Da questa esperienza deriva Big Sur, un romanzo sul deterioramento mentale e fisico dello scrittore famoso Jack Duluoz.
Nel giugno del 1965, Kerouac parte per la Francia sperando invano di trovare nuovi stimoli narrativi, e l’anno dopo per l’Italia. Il 27 settembre 1966 arriva infatti a Milano (questo giorno è raccontato da Alessandro Manca nel libro Kerouac, viaggio in Italia – un giorno a Milano) – dove viene intervistato da Fernanda Pivano (qui l’intervista) –, poi a Roma e Napoli.
Nel 1967 Kerouac pubblica Vanità di Duluoz, un romanzo semi-autobiografico sulle esperienze dell’autore al liceo del Massachusetts, della sua formazione alla Columbia University e del suo successivo servizio navale durante la Seconda Guerra Mondiale. Culmina con gli inizi del movimento beat. È l’ultima opera pubblicata da Kerouac durante la sua vita.
Il 4 febbraio il suo amico Neal Cassady, che nell’ultimo anno soffriva di una forma di demenza precoce, viene ritrovato morto assiderato sui binari di una ferrovia fuori San Miguel de Allende (Messico). Jack Kerouac entra in depressione e non fa altro che ubriacarsi. Il 20 ottobre 1969 si sveglia alle quattro del mattino in seguito all’ennesima sbornia. Verso mezzogiorno, mentre sta bevendo un liquore di malto e scarabocchiando appunti per un libro sul padre, accusa forti dolori addominali e vomita sangue: il fegato aveva ceduto per la cirrosi epatica. Portato in ospedale, viene soccorso prontamente, ma alle cinque e mezzo del mattino del 21 ottobre Jack Kerouac muore a quarantasette anni a causa dello shock ipovolemico dovuto alla perdita di sangue.
Jack Kerouac e le sue opere letterarie hanno avuto un grande impatto sull’arte, ed artisti come Bob Dylan, i Beatles, Patti Smith, Tom Waits e i Doors attribuiscono a Kerouac un’influenza significativa sulla loro musica e sul loro stile di vita. All’autore americano sono state inoltre dedicate strade (a San Francisco ma anche in Canada) università e film. Ma quello che probabilmente farebbe più piacere al re della beat generation è sapere che ogni anno c’è sempre qualche ragazzo che leggendo Sulla strada prende uno zaino e decide di partire.