Parlare di un libro non è mai facile. Parlare di un amore è apparentemente più semplice e, allo stesso tempo, più difficile. Ed è l’amore per Beirut ed il Libano che spinge e muove Chiara Clausi nella sua ultima opera Beirut au revoir (Paesi Edizioni, pp. 127, 14€). Questa brava e giovane giornalista calabrese che, da corrispondente, collabora con Il Giornale e Panorama, lancia, come tutti gli innamorati, il cuore oltre l’ostacolo.
Di Beirut ero rimasto all’esplosione di 2.750 tonnellate di nitrato d’ammonio che il 4 agosto 2020 aveva ucciso più di 200 persone, ferendone più di 6.000 e distruggendo, contestualmente, alcuni quartieri della città. Dopo la Thawra (che vuol dire “rivoluzione”) a piazza dei Martiri del 2019 accadde di tutto.
La rivolta in terra libanese avvenne anni dopo il 2010, in seguito alla protesta di Mohamed Bouazizi, che si diede fuoco in seguito ai terribili maltrattamenti subiti da parte della polizia, il cui gesto innescò l’intero moto di rivolta tramutatosi nella cosiddetta “Rivoluzione dei Gelsomini”. Per le stesse ragioni, probabilmente, e con un effetto domino, l’esplosione si propagò ad altri Paesi del mondo arabo e della regione del Nord Africa.
Non sappiamo, ancora oggi, se la Thawra fu la successiva contaminazione di questo fenomeno ma, sicuramente, fu un fatto più interno alla critica situazione del Libano. Nello specifico fu un giovanile grido che si alzò contro la corruzione e contro un sistema che aveva cristallizzato il Paese dal 1990 con gli accordi di Ta’if. Tali accordi sancivano la fine della guerra civile attraverso la nomina di un presidente cristiano maronita, un primo ministro musulmano sunnita e un presidente del Parlamento musulmano sciita.
Ma Chiara è brava nel tenere insieme realtà storica ed economica nonché il contrasto di tutti gli elementi vitali di Beirut. Ella passa, con semplicità ed efficacia di trasporto, dai clamori e le luci sfavillanti del jet set internazionale e la ricercatezza francese alla povertà e il conservatorismo dell’islam più intransigente ed arretrato. Nel suo scrivere fa emergere, con forza e vitalità, tutti gli elementi caratteristici di questa splendida città di cui, nelle sue descrizioni, sembra di percepirne i suoni e perfino gli odori più forti ed antichi.
Beirut possiede un antico fascino e lo conserva, nonostante le devastazioni che le sono state apportate negli ultimi 40 anni. Il fascino di Beirut è ancora lì intatto ed indimenticabile. Perfino i fori dei proiettili sulla facciata del palazzo che ospita il Museo della Memoria, all’inizio di Rue Monot, sono lì che non fanno per niente dimenticare la guerra civile che trent’anni fa ha fatto più di 100.000 morti, in un Paese che conta appena 4 milioni di abitanti. L’adolescenza è la gioventù sono, purtroppo per loro, periodi brevissimi per i figli del proletariato libanese e che quasi sempre spesso arruolati per forza e a soli 15-16 anni e mandati a combattere anche in Siria.
Nel Libano ci sono 18 confessioni religiose, di cui 12 cristiane addirittura. Ed oltre alle logiche interne è anche sommerso di ingerenze straniere che non fanno di certo l’interesse della popolazione locale.
Ma nonostante tutto ciò, Chiara evidenzia l’indimenticabile cielo azzurro di Beirut e rivive, in questo bel libro, i ricordi di quando partì da Roma per trasferirvisi. Allo stesso modo rivive e descrive i caffè alla moda e le gallerie d’arte di giovani artisti di Gemmayze e i club di Mar Michael che nel fine settimana sono attraversati dallo struscio dei giovani. Ci fa conoscere i ristorantini, in stile parigino, di Achrafieh, il quartiere cristiano di Beirut, dove le contaminazioni dalla Francia sono palpabili ed evidenti con tutta la loro forza. Con un balzo prende per mano il lettore e, dopo l’eleganza francese, lo trascina nel quartiere di Hamra, il quartiere sunnita. Qui quasi tutte le donne sono velate e coperte interamente da vestiti lunghi fino ai piedi anche in piena estate.
Hamra è una lunga strada dove si trovano diversi negozi di abbigliamento, di calzature, ristoranti, caffè. Ci si sente veramente in Medio Oriente e l’Occidente scompare. A Downtown si trovano gli hotel di lusso e i grattacieli più alti in vetro e alluminio. Una piccola New York nel cuore della capitale libanese. Ma il Libano è anche altro. Tripoli, Baalbeck, Tiro, la Qadisha Valley, Byblos, Batroun.
Per Chiara Beirut non stanca mai, tutt’altro! Provoca, invece una sorta di dipendenza e, allo stesso tempo, di malinconia. Chi non la conosce spesso ne fa un ritratto non corrispondente alla realtà, un po’ come capita da noi per Napoli. È un punto di vista privilegiato – crocevia di tutte le tensioni mediorientali – per chi vuole capire questo pezzo di mondo così complicato ma imprescindibile negli equilibri globali deve leggere questo bel libro. Beirut è una continua festa perché la danza di oggi potrebbe anche essere l’ultima.
È un miraggio che si staglia sull’azzurro del Mediterraneo. In estrema sintesi è il vero crocevia del Medio Oriente stretto tra bellezza e macerie.