L’Embargo Act venne emanato da Thomas Jefferson, terzo presidente degli Stati Uniti d’America (1801-1809), il cui volto è oggi ritratto sul monte Rushmore accanto a quelli di George Washington, Abraham Lincoln e Theodore Roosevelt. Jefferson, nel tentativo di tutelare la neutralità americana durante le guerre napoleoniche, fu all’origine del decreto murattiano del 9 maggio 1808, col quale veniva stabilito, anche da parte napoletana, l’embargo delle navi battenti bandiera statunitense, un atto destinato a rivestire notevole importanza nelle relazioni tra gli Stati Uniti ed il Regno delle Due Sicilie.
Nonostante ciò, furono ben 55 le navi mercantili americane confiscate con un’enorme quantità di merci sequestrate. In precedenza vi era stato l’immediato e sentito riconoscimento dei neonati Stati Uniti d’America da parte del Re di Napoli, che riconobbe gli USA quando accettò le credenziali del noto agente consolare statunitense John S. M. Matthiew, nominato console degli Stati Uniti a Napoli il 20 maggio 1796, mentre il primo Console degli Stati Uniti per la Sicilia fu Joseph Barnes, nominato il 10 febbraio 1802.
Spesso, e diciamo pure volentieri, una certa comoda storicistica ha voluto dare una collocazione “arcaica e pregiudizialmente negativa” del Regno delle Due Sicilie guidate dai Borboni, accusati di arretratezza ed issati a simbolo della volgarità ed inciviltà. La verità storica basata su documentazioni ci dice che le cose, invece, stavano molto diversamente.
Tale considerazione ha fornito l’ispirazione al saggio storico di Gianvito Armenise, che tira giù un’altra pietra dalla storia scritta dai vincitori. Nel suo ultimo lavoro: Giuseppe Mario Arpino (Solfanelli, 2021) ha dimostrato, con un immenso lavoro bibliografico, come il Regno delle Due Sicilie recitasse un notevole ruolo nello scacchiere internazionale in contrapposizione alla politica estera della Gran Bretagna, che, per propri interessi, cercava in ogni modo di interferire nella politica interna del Regno delle Due Sicilie.
Il 24 aprile 1816 il Presidente statunitense James Madison nominò William Pinkney suo inviato straordinario presso la corte napoletana con lo specifico incarico di richiedere il risarcimento dei danni provocati dai provvedimenti murattiani. Questa e un’altra serie di tentativi non andati a buon fine divennero, incredibilmente, la base per un grande accordo fra gli Stati Uniti ed il Regno delle due Sicilie.
Gli Stati Uniti d’America e Sua Maestà il Re del Regno delle Due Sicilie, ugualmente animati dal desiderio di mantenere i rapporti di buona intesa e di consolidare i rapporti commerciali tra di essi, convennero di avviare trattative per la conclusione di un trattato di commercio e navigazione. A questo punto entra in scena Gianvito Armenise, che traccia un excursus storico alla comprensione della grande e straordinaria portata commerciale e politica dell’accordo diplomatico che, di fatto, mirava a contrastare il predominio di Londra da parte del governo napoletano.
Vengono ricordati i più importanti motivi di contrasto che si susseguirono tra il Regno delle Due Sicilie e l’Inghilterra, vera longa manus del cosiddetto Risorgimento italiano. A totale conferma di ciò, Armenise riporta anche alcune preoccupazioni confidate esattamente dall’Arpino con la controparte statunitense Robert Dale Owen, e contenute nel volume dello storico Marraro Howard in Diplomatic relations between the United States and the Kingdom of the Two Sicilies.
Owen era arrivato a Napoli nell’autunno del 1853. I due condussero una trattativa in perfetta sintonia che si protrasse fino al 1855, e il diplomatico americano, a tal riguardo, definì Arpino “il più grande uomo d’affari con cui ho avuto rapporti ufficiali a Napoli”. Il trattato venne firmato il 1° ottobre 1855, ma il 2 ottobre, “Don Giuseppe Mario Arpino rese la sua anima al Signore”, così lo ricorda Gianvito Armenise.
Giuseppe Mario Arpino fece invece una rapida carriera: alto funzionario alla corte di Ferdinando II di Borbone, fu inviato a Londra come ambasciatore straordinario per gli affari di Stato. Un tale difficile incarico fu da lui eseguito con grande assennatezza e giustizia. In seguito fu nominato dal re consigliere della Corte dei Conti e nel 1848 tornò a Napoli ed assunse la carica di direttore di porto e dogana e di avvocato generale della Corte dei Conti. Poco dopo assunse le funzioni di capo della Tesoreria del Regno. Con quest’ultimo incarico fu delegato a formulare il trattato internazionale fra i due Stati.
C’era una dichiarazione separata, allegata alla convenzione, che stabiliva che tutti i vini rossi e bianchi esportati dal Regno delle Due Sicilie negli Stati Uniti non avrebbero pagato dazi diversi o superiori a quelli pagati sui vini dalle nazioni più favorite. In cambio, il cotone americano importato nel Regno delle Due Sicilie non sarebbe stato tassato con dazi diversi o superiori a quelli dell’Egitto, del Bengala o di altre nazioni più favorite. Questo trattato divenne però obsoleto quando il Regno delle Due Sicilie fu assorbito dal Regno d’Italia nel 1861.
La presentazione del saggio si deve al Dott. Marino Pagano, che recentemente è stato insignito del prestigioso premio letterario “Italia Medievale” ed ha suscitato un vivissimo interesse da parte della Federazione dei pugliesi del New Jersey, guidata da Salvatore Scardigno, in quanto sia l’autore Gianvito Armenise sia il diplomatico Giuseppe Mario Arpino sono nativi di Molfetta (Bari).
Il saggio, omaggio alla storia della millenaria città di Modugno, è stato insignito anche del “Premio Giglio del Sud – Pino Tosca”, nel corso della sua XII edizione, lo scorso 9 ottobre.
Il testo dimostra, ancora una volta, che la ricerca storica fatta come l’ha realizzata Gianvito Armenise rimette al posto giusto i fatti e accantona i pregiudizi stratificatisi nel tempo ed il Regno delle Due Sicilie, iniziando a svelare le sue alte qualità.