A una manciata di giorni dall’elezione del prossimo Presidente della Repubblica, mentre nomi più o meno probabili si rincorrono nel transatlantico di Montecitorio e nelle segreterie di partito romane, è tempo di bilanci per il settennato che volge al termine.
È quindi con tempismo pressoché perfetto che il Prof. Angelo Gallippi ha dato alle stampe il suo libro-biografia Sergio Mattarella: 40 anni di storia italiana (Paesi Edizioni, pp. 672, € 18), primo e sinora unico ritratto esaustivo della vita del capo dello Stato. Nell’opera, Gallippi non si limita ad analizzare anno per anno i vivaci anni di Mattarella al Quirinale – iniziati quando a Palazzo Chigi c’era il fu enfant prodige Matteo Renzi e in via di conclusione con il levigato e quasi-coetaneo Mario Draghi. La biografia dedica infatti ampio spazio anche al “pre”, che nel caso di Mattarella è un prologo di grandissimo prestigio istituzionale oltreché morale.
Il primo capitolo è dedicato al periodo 1941-1982, quello del Mattarella “cattolico, avvocato e accademico”, ma anche della drammatica vicenda piombata come un macigno sull’esistenza del capo dello Stato: l’omicidio del fratello Piersanti, allora Presidente della Regione Siciliana, per mano di Cosa nostra. La narrazione biografica, dettagliata ma gradevolmente scorrevole, prosegue poi con il resoconto dell’attività politica e delle vicende umane di Mattarella durante la Prima (1983-1993) e la Seconda Repubblica (1994-2008). Dal crollo del muro di Berlino alla guerra in Kosovo, da Mani Pulite alle indagini sulla P2 (definita dallo statista siciliano come una “tentazione perversa di decidere in segreto le sorti del Paese“), passando per la riforma del CNEL, l’abolizione del servizio militare obbligatorio, la riforma delle scuole elementari, quella dei servizi segreti, l’elevazione dell’Arma dei Carabinieri al rango di forza armata, il “patto della crostata” costituzionale tra Berlusconi e D’Alema e lo smantellamento della legge elettorale “Porcellum“.
L’immagine che emerge è quella di un ligio servitore delle istituzioni, di tutte le istituzioni, e in ciascuno dei tre i poteri dello Stato: dalla pluriventennale esperienza legislativa nel Parlamento ai vari ruoli esecutivi, per concludere con il mandato nella Corte Costituzionale e, ciliegina sulla torta, la guida dello Stato. “Nella stagione dei politici spuntati dal nulla,” scrive nella prefazione il quirinalista Ugo Magri, “Mattarella incarna una doppia eccezione. Ha maturato un’esperienza come servitore delle istituzioni”, eppure della sua vita privata si sa pochissimo. Magri lo definisce non a caso “anti-Narciso per eccellenza.” Per Gallippi, Mattarella non è stato solo un “arbitro” tra le parti politico-parlamentari, ma altresì un notevole rappresentante degli interessi nazionali italiani in politica estera.
Ne abbiamo parlato con l’autore, Giovanni Gallippi: romano, classe 1946, fisico, è stato professore di Informatica all’Università Tor Vergata di Roma e presidente del primo Comitato Regionale per le Comunicazioni (Corecom) della Regione Lazio. Funzionario del Garante della Privacy e giornalista pubblicista, è autore di una quindicina di libri tra i quali l’unica biografia di Federico Faggin, l’inventore del microprocessore.
Nelle “manovre di palazzo” si fa sempre più insistente un’ipotesi di Mattarella-bis spinta dal csx. Un servitore dello Stato come lui accetterebbe uno stravolgimento della prassi (il secondo in undici anni) per tutelare la continuità istituzionale in un periodo critico?
“A mio avviso no. Nel libro ho elencato le diverse occasioni in cui Mattarella ha manifestato la sua contrarietà a un mandato bis, motivata sostanzialmente dal rispetto del dettato costituzionale. Ma Mattarella stesso ha adombrato anche ragioni personali (“Io sono nonno, e immaginare i miei figli o i miei nipoti diversi, come non fossero parte di me stesso, è molto complicato, sarebbe per me impossibile”). E poi non dimentichiamo che più di tutti avrebbe diritto a una pensione, che tuttavia non otterrà mai. Infatti, sebbene sia probabilmente l’unico italiano ad avere raggiunto “quota 136” (contributi versati a partire dal 1965 più età di 80 anni), ha rinunciato alla pensione da docente universitario, e da febbraio percepirà solo l’indennità di senatore a vita”.
Allora, tra Draghi e Berlusconi, chi crede che preferisca il presidente Mattarella come suo successore? E chi sognerebbe come suo sostituto/a ideale?
“La risposta alla prima domanda è abbastanza scontata, e si trova leggendo la storia personale di Mattarella, nella quale non sono mancati gli episodi di contrasto con Silvio Berlusconi. Contrasti, si badi bene, motivati sempre da ragioni squisitamente politiche e mai etiche. Per contro Mattarella scelse Mario Draghi (a onor del vero dopo avere tentato con Carlo Cottarelli), per costruire un Governo che tirasse l’Italia fuori dal pantano in cui si trovava, e il successo della scelta è riconosciuto non solo dalla maggioranza degli italiani, ma soprattutto dagli attenti osservatori stranieri.
Più difficile la risposta alla seconda domanda, perché al riguardo si trova una sola dichiarazione di Mattarella. Ricevendo nel 2018 una classe di studenti, alla domanda “Le farebbe piacere se dopo di lei venisse eletta una donna al Quirinale?” rispose così: “Non si è verificato, si verificherà certamente, mi auguro che avvenga presto”. Detto questo, tra i nomi di candidate più gettonate di questi giorni, l’unica che abbia ricoperto un’”alta carica dello Stato” (la quinta) è l’ex presidente della Consulta Marta Cartabia, mentre, nel campo maschile, anche Mario Draghi ricopre un’alta carica, di rango subito superiore a quella della Cartabia (la quarta). Naturalmente questo non è un pronostico, ma solo un’ipotesi di cosa possa pensare Mattarella circa il suo successore”.
A giudicare dal suo trascorso, quale potrebbe essere il ruolo di un “anti-Narciso” come Mattarella dopo la fine del settennato? Quello di imparziale padre nobile della Nazione o di influente senatore a vita à la Napolitano?
Ritengo che Mattarella si comporterà dopo gli anni della presidenza come si è comportato prima: una figura defilata dalla politica partitica (ricordo che abbandonò il Partito Democratico, che lui stesso aveva contribuito a formare, già nel 2009, quando fu eletto nel Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa). Probabilmente verrà consultato, in via riservata, per fornire consigli nei momenti più difficili, ma rifuggirà certamente quella visibilità che oggi sembra connaturata al lavoro del politico, e che purtroppo ha caratterizzato anche alcuni dei suoi predecessori.
Nel corso del suo settennato, Mattarella ha incontrato e/o è stato ricevuto da ben tre presidenti statunitensi (Obama, Trump e Biden). Con chi pare esserci stata maggiore sintonia? E quale rapporto c’è stato con Trump?
“Ritengo che la sintonia maggiore ci sia stata con Obama e Biden, anche se per motivi diversi. Obama formulò i suoi auguri a Mattarella, pochi giorni dopo l’elezione, con un “lungo e cordiale colloquio telefonico”. Quindi, nel 2016, lo accolse alla Casa Bianca ricordando che “come me è stato professore di diritto costituzionale, per questo abbiamo una forte affinità”. Infine ringraziò l’Italia, tramite il suo Presidente, per il contributo fornito nella pacificazione dell’Iraq. Con Biden, incontrato tre volte, si stabilì un diverso tipo di empatia: quella che nasce spontaneamente tra due persone accomunate dalla stessa fede religiosa e colpite negli affetti più cari: la perdita della moglie e di due figli nel caso di Biden, quella della moglie, di un fratello e di una sorella nel caso di Mattarella.
Diverso è stato il rapporto con Trump, il quale effettuò una visita lampo a Roma nel 2017, terminata senza un comunicato ufficiale e commentata in modo piuttosto formale dai due partecipanti. Mattarella ricambiò la visita nel 2019 e, a parte il ringraziamento formale “per l’invito e l’accoglienza”, non mancò di fare alcune puntualizzazioni. Al suo interlocutore, che aveva criticato l’Italia sui contributi alla Nato (“l’Italia paga solo l’1% invece del 2. Spero che aumenti le spese militari”), Mattarella replicò ricordandogli che, dopo gli Stati Uniti, l’Italia fosse il Paese che di più forniva suoi militari per le missioni Nato. Quindi rinnovò la critica ai dazi USA formulata pochi giorni prima a Copenaghen”.
Leonardo Sciascia definiva la “sicilitudine” come “categoria metafisica, condizione esistenziale, o stato antropologico dell’essere siciliani”. In che cosa il Mattarella presidente rivela la sua “sicilitudine” e in cosa invece non è mai stato “siciliano”?
“Dipende, naturalmente, da cosa s’intende esattamente per “sicilitudine”: Sciascia sosteneva che la Sicilia non è una, ma ne esistono molteplici. Se vuol dire chiudersi nella casta familiare, sentirsi una regione separata dal resto della nazione, preferire una legge e una giustizia proprie a quella dello Stato o, come pensava Tomasi di Lampedusa, sentirsi incapaci di una propria originalità creativa – ma dubito di questi significati, che sanno di stereotipo – allora non possiamo certo inserire Mattarella in questa categoria.
Se invece vuol dire amare la propria terra, credere in un’amicizia intuitiva, rispettare le tradizioni e “commentare qualunque cosa possa accadere con una battuta di spirito”, come diceva Cicerone, allora credo che Mattarella sia profondamente siciliano”.
E nel traballante equilibrio tra giustizia e politica, qual è stato essenzialmente il rapporto di Mattarella con la magistratura?
“Mattarella è stato “tirato per la giacca” da alcuni politici, che ne sollecitavano un ruolo più incisivo nei confronti del Consiglio Superiore della Magistratura, chiedendo addirittura di scioglierlo nel 2020, quando sono state rese pubbliche alcune intercettazioni telefoniche. Il suo pensiero fu affidato a una nota in cui si ricordava che il Presidente della Repubblica può sciogliere il Consiglio solo “in presenza di una oggettiva impossibilità di funzionamento”, mentre precisava che la riforma del Consiglio richiedeva una apposita legge, compito quindi di Governo e Parlamento. Comunque, quando scoppiò il caso Palamara, Mattarella non mancò di esprimersi con parole forti nei confronti del CSM, manifestando “il grave sconcerto e la riprovazione per quanto emerso”, non appena è apparsa in tutta la sua evidenza la degenerazione del sistema correntizio e l’inammissibile commistione fra politici e magistrati”.
Per concludere: se dovesse trovare un leitmotiv o un valore che ha contraddistinto la carriera professionale e la vita personale di Mattarella, quale le verrebbe in mente?
“Mi verrebbero in mente alcuni sottotitoli che avevo pensato per il mio libro: un Presidente “per bene”, “ad alto gradimento”, “con la P maiuscola”, ma che ho poi scartato perché riduttivi. Io penso che qualificare una persona, qualsiasi persona, con un aggettivo sia sempre riduttivo, perché ciò lascerebbe inevitabilmente in ombra altri aspetti importanti. Nel caso di Mattarella i leitmotivs e i valori sono molteplici: fondamento etico della politica, principio della laicità dello Stato, impegno del cristiano nella vita politica, fedeltà allo spirito e alla lettera della Costituzione, lotta alla mafia, solidarietà verso i “concittadini” più svantaggiati, accoglienza di chi fugge da guerre e calamità nel rispetto delle regole, indissolubilità del legame dell’Italia con l’Europa. Alla quale, peraltro, non ha mancato di formulare critiche anche molto severe.”