New York 1983, Walter Tevis entra nel suo monolocale nell’East Side, si sfila le scarpe da ginnastica e sale sul suo letto soppalcato. Ha in mano la copia appena stampata di The Queen’s Gambit (La regina degli scacchi; traduzione di Angelica Cecchi. Minimum Fax). Passandosi il libro tra le mani ripensa a quando più di dieci anni prima gli venne in mente l’idea per la scena iniziale di questo romanzo: Beth, una venticinquenne alcolizzata, entra nella cucina di una fattoria sperduta in Ohio e si versa una tazza di caffè istantaneo, poi ci aggiunge qualche sorso di gin. Si volta e cammina veloce verso la sala da pranzo evitando scacchiere e bottiglie di liquore vuote abbandonate sul pavimento. Si siede al tavolo e studia un libro sugli scacchi perché presto dovrà difendere il suo titolo di campione degli Stati Uniti.
Tevis aveva scritto solo un capitolo su Beth, ma poi ha abbondato l’idea. In quel periodo gli era difficile concentrarsi perché trascorreva tutta la notte completamente ubriaco. Quando, poi, riprese a scrivere di lei decise però di utilizzare un altro incipit, raccontando di quando rimase orfana a soli otto anni. La scena iniziale di Beth adulta e ubriaca l’ha utilizzata Netflix (con piccole differenze) nelle prime immagini della serie tv dedicata proprio al romanzo di Tevis circa quarant’anni dopo la pubblicazione. La serie tv è stata un successo. Il 28 ottobre 2020, The Queen’s Gambit diventa la serie più vista in un singolo giorno su Netflix. A ventotto giorni dalla messa in onda è stata seguita da circa 62 milioni di persone, classificandosi come la serie esclusiva Netflix con sceneggiatura non originale più vista di sempre.

Walter Tevis è un autore decisamente anomalo: ha avuto successo raccontando realtà sconosciute nel panorama culturale come il biliardo e gli scacchi, e – contemporaneamente – è riuscito ad essere un autore di riferimento nel mondo della fantascienza. Ha scritto solo sei romanzi, ma quattro di questi sono stati trasposti in film (con attori come Paul Newman, Tom Cruise e David Bowie) e i suoi libri sono stati tradotti in diciotto lingue. Ha scritto sull’incapacità di gestire il proprio talento, sull’alcolismo, sulla competizione e depressione. Tutti argomenti che conosceva bene e, attraverso le sue esperienze, ha creato storie che vengono lette e riproposte anche oggi. Matteo Sacchi su Il Giornale l’ha definito “uno dei più grandi scrittori americani del ventesimo secolo e probabilmente voi non lo sapete”.

The Queen’s Gambit è il romanzo più importante che Walter Tevis abbia scritto perché la vita immaginaria di Beth Harmon rispecchia molto la sua. Lei cresce in un orfanotrofio, dove all’età di otto anni impara il gioco degli scacchi da un bidello. Diventa dipendente dai tranquillanti dati a tutti i bambini per mantenerli calmi e sottomessi. Il giovane Tevis, invece, ha imparato a giocare a scacchi all’età di sette anni (nel 1935) e quando ne aveva nove gli furono diagnosticati un cuore reumatico e la corea di Sydenham e fu messo in una casa di cura per un anno. Lì è stato drogato tre volte al giorno con fenobarbital. “L’ho adorato”, ha detto del farmaco. “Questo potrebbe essere uno dei motivi per cui sono diventato un ubriacone”.

Dopo un anno, torna dalla famiglia che si era trasferita nel Kentucky. Tevis ha dichiarato al The San Francisco Examiner che la vita in quella regione lo ha fatto sentire come se fosse “venuto dallo spazio”. Anche Ruth Harmon viveva in Kentucky, ma mentre lei si ossessiona agli scacchi, Tevis trova conforto in un gioco diverso: il biliardo. “Le sale da biliardo di Lexington mi hanno salvato”, ha detto al The Ringer. Ha trascorso intere notti a girare per il Phoenix Hotel a guardare i giocatori d’azzardo giocare per un sacco di soldi. Tevis si innamorò non solo del gioco, ma anche della cultura e dello stile della sale da gioco. Giocare era l’unico momento in cui si sentiva bene, proprio come succedeva a Beth con gli scacchi.
Dopo aver seguito un corso di scrittura dallo scrittore A.B. Guthrie Jr. (Premio Pulitzer per la narrativa nel 1950), Tevis ha scritto il racconto The best in the country che raccontava di una sala da biliardo. Guthrie lesse il lavoro di Tevis e lo mise in contatto con un agente che ha venduto la storia a Esquire per 350 dollari.
Tevis ha iniziato a insegnare inglese alla Irvine High School fuori Lexington, dove ha continuato a scrivere racconti per riviste. Nei sei anni successivi ha venduto storie a Playboy, Redbook, Saturday Evening Post, Colliers e Cosmopolitan. Non riusciva a concentrarsi per la scrittura di un romanzo. “Sono troppo bohémien per adattarmi alla routine e alla disciplina per scrivere quando non ne ho voglia”, ha detto nel 1959. Durante quegli periodi era contento di insegnare e, per sua stessa ammissione, amava il suono della sua voce. La famiglia di sua moglie però non era particolarmente entusiasta di aver sposato qualcuno con prospettive così limitate. Ma soprattutto, il padre di Tevis disapprovava i suoi sogni di essere uno scrittore. Alla fine, l’agente di Tevis lo convinse che “The Best in the Country” era promettente come romanzo. Lo ha esortato a lasciare il suo lavoro di insegnante e dedicare più tempo alla scrittura e iniziò a scrivere di Eddie Felson, il protagonista di The Hustler. Eddie, proprio come Beth Harmon, possiede un incredibile talento naturale e aspira ad essere il migliore. Tevis ha chiamato il suo primo romanzo This Lovely Green, in onore di una poesia di Edward Marvell che amava particolarmente. Il suo agente ha venduto il libro ad Harpers che preoccupati che potesse essere scambiato per un tomo di giardinaggio hanno rinominato il libro The Hustler (Lo spaccone Minimum Fax, trad. Tullio Dobner). Contrariamente alla sua paura più profonda, il libro è stato un trionfo: Il Time ha paragonato Tevis a Hemingway e il produttore Robert Rossen, ha pagato a Tevis $ 25.000 per i diritti producendo un film di successo con Paul Newman e Jackie Gleason.
L’autore americano aveva solo 31 anni.
“Ho preso i soldi che ho guadagnato dal film e sono andato a vivere in Messico”, ha detto al Louisville Courier-Journal, “e ho scoperto che si poteva ottenere gin per 80 centesimi al litro. Sono rimasto ubriaco per otto mesi”. Per fortuna era riuscito a rimanere sobrio abbastanza a lungo da finire – nel 1963- il suo secondo romanzo, il libro di fantascienza The Man Who Fell to Earth (L’uomo che cadde sulla Terra, traduzione di Ginetta Pignolo, Minimum Fax) che è diventato in poco tempo un classico e un film del 1976 diretto dell’autore britannico Nicolas Roeg con la rock star David Bowie.
Dopo il 1963, sia i lettori che Hollywood attendevano con fremito il prossimo lavoro di Walter Tevis, ma avrebbero aspettato a lungo.
Con due grandi successi alle spalle, l’autore americano ha iniziato a lavorare come insegnante di inglese all’Università dell’Ohio. Qui insegnava durante il giorno e beveva durante la notte. Aveva delle idee come la scena iniziale di The Queen’s Gambit ma non riusciva a portarle a termine, le sue uniche pause dall’alcol erano il biliardo e gli scacchi. Tevis ha fatto di tutto per nascondere la sua dipendenza alcolica, scegliendo di ubriacarsi a casa a tarda notte quando era solo. “Non sono mai stato ubriaco in classe o qualcosa del genere”, ha detto al Louisville Courier-Journal nel 1980. “Ho solo bevuto da mezzanotte alle 4 del mattino, poi mi alzavo e andavo a lezione”

“Agli inizi degli anni settanta ho cercato di uccidermi”, ha confessato al The San Francisco Examiner. “Qualche anno dopo lo stavo progettando di nuovo. Nel 1975 ho capito che le persone si suicidano perché hanno paura di lasciare il lavoro o divorziare dalle loro mogli. Il cambiamento è più difficile della morte. È sciocco, se ci pensi. Il punto è andare avanti e cambiare, poi se non funziona puoi sempre ucciderti più tardi”. Nel 1974 Walter Tevis ha smesso di bere ed è entrato in psicoterapia. Due anni dopo si è trasferito a New York, deciso a dedicarsi soltanto alla scrittura. La grande mela ha aiutato la sua produttività “Ho New York City a mia disposizione”, ha detto al The Ringer. “Qui non ho scuse per annoiarmi”.
Nel 1974, l’Atlantic Monthly lo mandò a Las Vegas per raccontare il National Open. Molto di ciò a cui ha assistito lo ha poi usato in The Queen’s Gambit. “Più giocavo e più perdevo, più perdevo più avevo materiale per il mio romanzo” ha detto Tevis a Book Beat nel 1983. “C’è stata più eccitazione competitiva, più aggressività di quanto non abbia visto in qualsiasi altro tipo di attività, e trascorro molto tempo nelle sale da biliardo intorno ai giocatori di biliardo che giocano per un sacco di soldi”.
Nel 1978, Walter Tevis era sobrio da due anni, divorziato e il suo punteggio di scacchi era passato da 1166 a 1421 grazie a Modern Chess Openings, lo stesso libro che Beth Harmon legge nell’orfanotrofio che accende il suo amore per il gioco. Ad inizio anni ottanta pubblica due romanzi di fantascienza, uno sull’alcolismo intitolato Mockingbird (Solo il mimo canta al limitare del bosco, trad. di Roberta Rambelli, Minimum Fax) e The Steps of the Sun (A pochi passi dal sole, collana Urania, Mondadori) ed era pronto a riprendere il suo progetto più ambizioso. “Avevo appena finito due romanzi di fantascienza.” a raccontato al Chess Life “Ero stanco di inventare un intero universo e volevo tornare a scrivere del mondo reale così mi è tornata l’idea di oltre dieci anni prima: un romanzo sugli scacchi”. Su quel gioco aveva scritto già un racconto per Playboy intitolato “The King is Dead“, e un articolo per Atlantic Monthly sul National Open, ma un romanzo era tutta un’altra storia. “Penso che sia interessante raccontare degli scacchi perché la maggior parte delle persone che ci gioca lo fa solo se ha problemi di personalità. Quando hanno bisogno di qualcos’altro nella vita”, ha detto Tevis a Book Beat. “Sai, liberarsi di un po’ di quell’ansia spostandola in qualcosa che fosse relativamente sicuro.” Nella stessa intervista ha dichiarato che l’idea di scrivere di un personaggio maschile non gli è mai venuta in mente. “Mi piacciono le donne intelligenti. Non ho mai nemmeno pensato di scrivere di un uomo… I personaggi maschili di cui stavo scrivendo stavano iniziando a sembrare troppo simili.” Tevis ha volutamente omesso nel romanzo la presenza di tornei di scacchi solo femminili. Non sa se ci sarà mai una donna campionessa forte come il personaggio che ha creato, ma non pensa che ci sia alcuna ragione fisica o biologica per cui una donna non possa diventare forte come i migliori maestri maschi. “Penso che sarebbe bello se le donne non giocassero affatto nei tornei femminili”, dice. “Fare così rafforza solo la nozione di inferiorità delle donne. Mi piacerebbe vedere gli scacchi come un gioco senza distinzioni di sesso”.
Molti giocatori [sia di scacchi che di biliardo] sono solitari che cercano di fuggire dai problemi personali”, ha detto alla rivista Chess Life. “Mi piace scrivere di persone che sono in qualche modo emarginate dalla società. … Personaggi molto intelligenti, fuori luogo. Mi piace scrivere di alienazione”. Beth Harmon, infatti, è un’emarginata che riesce a sentirsi bene solo giocando a scacchi, mentre Fast Eddie è un uomo solitario, rabbioso e infastidito dagli atteggiamenti arroganti della classe superiore. Probabilmente la maggiore alienazione è presente però in TJ Newton, l’alieno protagonista di The Man Who Fell to Earth, che è uno straniero che arriva nel Kentucky e non riesce ad adattarsi. Il suo corpo è goffo e non sperimenta alcuna relazione reale e significativa perché tutti pensano che sia strano, quindi lo evitano.
”Scrivo di perdenti e solitari: se c’è un tema comune nel mio lavoro, è quello” ha detto Tevis al The New York Time. “Il biliardo è un gioco asociale, e così anche gli scacchi, non sono sport di squadra. Non si conquistano le ragazze del liceo giocando a biliardo”.
In un’intervista al Chess del 1983 Tevis disse che sarebbe interessato a fare un sequel di The Queen’s Gambit un giorno. “Mi piacerebbe ancora usare quella scena di Beth ventenne in quella fattoria. Poi si dice che si raggiunga un picco negli scacchi in età molto giovane, a differenza di altri sport che usano il cervello la cui abilità aumenta con l’età”. Purtroppo, non ne ha avuto il tempo perché è morto l’anno dopo. È riuscito però a pubblicare Colour of Money (Il colore dei soldi, traduzione di Tullio Dobner Minimum Fax) il sequel quello del suo primo libro, The Hustler. Ha immediatamente venduto i diritti cinematografici. Sebbene il film somigli poco al libro di Tevis, è diventato un successo di critica e botteghino, e ha fatto vincere a Paul Newman il Primo Oscar e rilanciato la carriera di Tom Cruise. Ma Tevis non si è goduto nulla di tutto ciò. Otto giorni dopo la pubblicazione del libro, morì di cancro ai polmoni all’età di 56 anni.
In The Queen’s Gambit, Beth Harmon subisce una perdita umiliante per un avversario inferiore. Nel libro si chiede: “E se fosse finita? E se avesse rimosso dal suo cervello qualunque intreccio sinaptico alla base del suo dono?” Questa sembra una frase diretta proprio a Tevis che era rimasto bloccato nella scrittura per quasi due decenni.
Nella scena finale del libro, dopo aver terminato un prestigioso torneo sovietico, Beth non sa cosa fare da sola in quel paese straniero. Va in un parco vicino, vede un vecchio seduto da solo davanti a una scacchiera e lo sfida a una partita. “Il messaggio qui è”, dice Tevis al Chess nel 1983, “nel dubbio: gioca a scacchi”. E sembra una risposta allo stesso Tevis: se sei rimasto bloccato per tanto tempo, se hai provato a suicidarti più volte, se hai pensato di non essere più in grado di scrivere bene come gli inizi, nel dubbio scrivi ancora.
E così ha fatto.