Oggi mi confesso, sì confesso che ho appena iniziato le ricerche per il libro che voglio scrivere da tanto tempo e che la mia vita nomade e gli impegni accademici e organizzativi mi hanno finora impedito di cominciare. Scrivo queste righe con un po’ di trepidazione perché per scaramanzia sarebbe il caso di parlare di un progetto una volta terminato e non mentre è ancora in fase di concepimento. Ma in queste settimane ho provato delle emozioni talmente forti e belle che voglio condividerle con voi.

Ho avuto la fortuna di conoscere tre dei miei nonni: il mio nonno Gianluigi mi ha insegnato a scrivere quando avevo circa quattro anni perché l’ho sfinito a forza di chiedergli “leggimi questo, leggimi quello” e così, nonostante il veto di mia mamma maestra, convinta che tutti i bambini dovessero imparare a scrivere in prima elementare con i loro compagni di classe, ci imbarcammo in poche lezioni clandestine che diedero i risultati previsti. Il mio nonno aveva anche una collezione della Domenica del Corriere e io passavo giornate a far passare quei vecchi giornali e a capire i fatti illustrati dalle meravigliose e drammatiche copertine a colori del settimanale. Quando non riuscivo a capire cosa stesse succedendo sulle tavole di Achille Beltrame e Walter Molino, portavo giù con tutte le cautele il numero della rivista e chiedevo al nonno di spiegarmi fatti e antefatti.

Le mie nonne, Gemma e Luigina, molto diverse di carattere e indole, erano entrambe grandi affabulatrici e fonti inesauribili di racconti tratti dalle loro vite, vite molto umili, modeste, nascoste, ma che, in qualche modo misterioso, si intrecciavano con quelle storie e quei fatti illustrati sulla Domenica. Col passare degli anni mi sto rendendo conto di essere sempre più affascinato da quei racconti, da quelle storie di coraggio, dignità, sofferenze e piccole vittorie. Le mie nonne non erano famose e fra qualche anno di loro non resterà nessuna traccia.
Vedendo le reazioni degli amici a cui negli anni ho raccontato qualcuno degli aneddoti che le riguardano, ho pensato di strappare all’oblio quelle storie e, quando è possibile, confrontarle con fonti documentarie. Un’operazione che ci permette di capire come la grande Storia, quella con la ‘S’ maiuscola che si studia nelle scuole, e la piccola storia delle nonne non sono poi così separate, anzi, sono irrimediabilmente legate in un intricato groviglio.
E così ho cominciato a stilare un sommario albero genealogico della famiglia andando indietro solo di una paio di generazioni. Ho provato a ricostruire le storie con mio fratello, mia mamma e gli zii che possono correggere e aggiungere ai miei ricordi qualcosa dei loro. Mio fratello Davide e mio zio Piergiorgio hanno anche già cominciato a scandagliare il web profondo portando alla luce informazioni e dettagli che ignoravo.


Ma le emozioni vere le ho provate facendo visita all’Archivio di Stato di Mantova, dove ho cercato e trovato, grazie a un team di archiviste molto competenti e straordinariamente disponibili, i fascicoli relativi a due processi che rappresenteranno la struttura documentaria portante del mio libro. Sì, due processi perché le persone comuni che sui libri di storia non vanno a finire, lasciano traccia documentale di sé solo nei registri d’anagrafe (nascita, matrimonio e morte) e più raramente nei verbali dei procedimenti giudiziari. Il primo è un riconoscimento della paternità del 1904 mentre il secondo è un processo politico di epurazione per “collaborazione col germanico invasore” del 1945. Le storie sono troppo lunghe e complesse perché ve le racconti qui, a meno che il Direttore non mi chieda per il futuro di sospendere questa rubrica e rinverdire i fasti dei romanzi d’appendice ottocenteschi con puntate della mia epopea.
Vi assicuro che, anche per uno storico di formazione come me, riconoscere nei documenti non solo i nomi di persone amate, ma addirittura, in alcuni casi, la loro firma e la loro scrittura è un’emozione senza eguali ad ogni sfogliare di pagina. E intanto che ci sono, vi do un consiglio non richiesto: fatevi raccontare le storie dei vostri genitori e dei vostri nonni, registratele, prendete appunti. Nessuna storia è troppo umile o banale per essere raccontata.