Arriva il Natale e mi piace dedicare questo articolo a un libro che parla di Speranza, che è una delle grandi e potenti armi del coaching. Una potenzialità che come le altre, se allenata, può diventare talento, mostrandoci quello che altri non vedono, dandoci così la forza di agire e finalmente cambiare quello che per altri è immutabile.
Ho avuto l’enorme piacere di leggere Yaguine e Fodè, Storia di una speranza, scritto da Marco Sonseri e illustrato da Rosario Riginella, Buk Buk editore. Già colpito dalla prefazione di Alex Zanotelli, ho letto il romanzo tutto d’un fiato e mi sono profondamente commosso per due ragioni. Innanzi tutto per la potenza immaginifica da cui tutta la storia ha inizio, una visione che solo due adolescenti possono avere: scrivere una lettera dall’Africa povera e dignitosa della Guinea e consegnarla ai potenti dell’Europa, in virtù dei grandi ideali, degli scopi e delle carte che leggono meravigliati riguardo al Parlamento Europeo.
La seconda e più profonda emozione nasce dall’evidenza che si narrano fatti veri. Uno di quei casi in cui la storia supera la fantasia generando un soggetto che nessun sceneggiatore avrebbe mai potuto pensare e regalare. Sì, perché di regalo si tratta, il viaggio mentale e reale di Yaguine e Fodè è un dono prezioso all’umanità, il dono di una speranza eccezionale da riscoprire in questo Natale 2018.
L’amico e autore Marco Sonseri, felicissimo di questo suo primo romanzo, risponde qui volentieri alle mie curiosità.
Il vostro libro racconta la storia di due adolescenti africani, della Guinea, che tentano di salvare la loro terra scrivendo una lettera da consegnare ai potenti d’Europa. La speranza è ancora un talento?
“La Speranza di Yaguine e Fodè è energia creativa, capace di sovvertire realtà umane e ambientali ormai alla deriva, trascurate, ignorate. La speranza è ancora un talento, ma che sia chiaro, solo quando è concreta, dura e allenata ad ogni costo, come quella di una vita vissuta e segnata alla luce di questo faro. Dentro la storia dei due ragazzi c’è anche la forza di non arrendersi a un presente durissimo e la fiducia piena negli esseri umani, nei genitori, nella maestra, nei libri, nelle istituzioni. E così facendo, la speranza diviene monumento da ammirare per tutti”.
Conoscevi già questa storia?
“Si, il mio amico Rosario Riginella, illustratore del libro, me ne aveva parlato tanti anni fa e quando si è presentata l’occasione di poterla raccontare… ci siamo sentiti bene. È una storia potente, quasi incredibile, ed è per questo che ci siamo rivolti a un pubblico di lettori adulti. Riscoprire la potenza di un’ispirazione, come quella di scrivere una semplicissima lettera per salvare un continente, dovrebbe far riflettere enormemente”.
È il tuo primo libro, Marco, e usi un tono molto leggero. Viene fuori l’Africa, vengono fuori i colori, i sorrisi, i canti tribali, le storie mitiche. Perché questa scelta rispetto a una storia che in fondo parla di drammi umani?
“Perché la speranza addolcisce tutto. Non nasconde la crudezza della vita, che a volte è impressionante, ma concede una nuova vista, nuovi orizzonti. Pensando a Yaguine e Fodè, ho pensato al loro mondo fatto di luci calde, non soltanto di dolore. Di canti e non soltanto di lamenti. E allora ho cercato di allinearmi anch’io a questa visione”.
I due amici sono poveri ma grazie alla maestra e al tessuto familiare hanno più fame di cultura e libertà che di cibo e fanno sacrifici immensi per studiare. Un messaggio per tutti i ricchi del mondo e per il valore straordinario della conoscenza?
“La conoscenza ci rende liberi, ci permette di progettare, di andare a fondo alle cose. I sacrifici di Yaguine e Fodè per studiare divengono per forza di cose paradigma, pietra di paragone rispetto ad altre realtà dove tutto scorre più facilmente, sono una vera e propria invocazione alla libertà, un inno alla voglia di farcela nonostante tutto. Penso alle scuole che distano chilometri e chilometri dai piccoli villaggi o ai volontari che dedicano ore all’insegnamento mentre una fetta di mondo progetta viaggi nello spazio e si chiede se su Marte ci siano tracce di vita”.
Yaguine e Fodè credono in un mondo migliore, che scoprono essere possibile per caso, grazie a un libro di geografia. E credono in quello che c’è scritto, al senso delle istituzioni e del Parlamento Europeo. Insomma, dobbiamo restare piccoli per leggere ancora bene e credere alla potenza pazzesca della politica?
“La politica è visione, innovazione, stimolo al dibattito, coinvolgimento sociale. Lo sguardo che hanno Yaguine e Fodè è assolutamente autentico, puro, incontaminato. È lo sguardo dell’uomo maturo, di chi ha capito a cosa servono certi strumenti e come devono essere utilizzati. In questo senso la politica diventa mezzo attraverso il quale si può cambiare il mondo e migliorare le persone. Yaguine e Fodè lo sanno pur essendo completamente scevri da ogni ideologia politica o da ogni contatto con il mondo politico. Perché? Perché loro, in fondo, sono già uomini pur essendo adolescenti, vedono le cose come figli del mondo, come persone che hanno trovato una loro collocazione nella grande rete della vita”.
La storia è anche una grandissima e commovente storia di amicizia. Può esistere speranza senza amicizia?
“No, non può esistere. Più in generale la speranza nasce e si forma in un contesto di condivisione. Il nostro agire, direttamente o indirettamente, ne determina la genesi. L’isolamento, al contrario, non solo non l’alimenta ma crea falsi miti. L’ambiente in cui crescono Yaguine e Fodè, a un certo punto della vita dei ragazzi, si apre presentando uno spiraglio sul futuro. È bastato un libro di geografia scritto da altri e una foto scattata da uno sconosciuto per accendere nei due amici la speranza. È meraviglioso pensare che la speranza è figlia delle nostre azioni”.
Non sveliamo il finale per chi ancora non conosce la storia, davvero molto commovente. Ma a distanza di vent’anni, secondo te, questa lettera in quanti l’hanno letta?
Poche persone. Purtroppo la storia, nonostante sia stato fatto anche un film nel 2012, Il sole dentro, non è tanto conosciuta e men che mai la lettera. Il piacere di aver scritto il mio primo libro si associa all’ancor più grande onore di aver potuto raccontare la storia meravigliosa di Yaguine Koita e Fodè Tounkara. La loro lettera è straordinaria, sconvolgente, di una potenza disarmante, gentile come una carezza. Il libro che abbiamo fatto io e Rosario Riginella, in qualche modo, in maniera del tutto umile, vuole essere una continuazione del loro viaggio e della loro passione per la vita”.